Gli anziani giapponesi vogliono andare in prigione per non sentirsi soli

Quando la solitudine e la povertà sono più forti della volontà di restare liberi: la popolazione anziana del Sol Levante preferisce rubacchiare qualcosa e finire in una comunità, quella carceraria, che non sarà la più confortevole ma è meglio di una vita vuota

Altro che solitudine, meglio la galera. È così che la pensano gli anziani giapponesi, che anziché passare gli ultimi anni abbandonati a una vita solitaria e povera, preferiscono farsi arrestare per bagatelle (piccoli furti, di solito) e godersi la comunità del carcere. Lo Stato li ascolta e, per venire incontro alla crescente popolazione carceraria over 65, costruisce nuove prigioni di qualità. Meglio di una casa di riposo.

“Per me la prigione è un’oasi”, spiega a Bloomberg un anziano che ha rubato bibite energetiche, caffè, tè, una pallina di riso e perfino un mango. “Solo lì trovo relax e conforto”. E perdere la libertà non è un problema? Alla lunga no: ci sono tante persone con cui parlare, pasti assicurati e un tetto sulla testa. Insomma, dovrebbe essere una pena, diventa una benedizione.

Il Giappone è il Paese con la quota più grande di popolazione anziana. Il 20% del totale è composto da anziani, un numero cresciuto negli ultimi 35 anni di almeno sei milioni. È una piaga sociale: si tratta di persone rimaste senza famiglia o con rapporti familiari molto tenui. Le donne anziane, spesso vedove, sono la categoria più a rischio: prive di reddito, si trovano a dover affrontare la povertà e la mancanza di compagnia.

Il problema è che, anche se in prigione trovano un briciolo di compagnia, questa situazione fa crescere i costi per lo Stato giapponese, che cerca soluzioni più mirate in una politica di welfare sociale a livello locale. Ma è difficile capire se riusciranno a contenere il problema.

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