«Conoscere la mia unicità e la mia antichità biologica, sapere che sono biologicamente imparentato con tutte le altre forme di vita, mi riempie di gioia. Questa conoscenza mi radica, permette che io mi senta a casa nel mondo della natura, che io abbia una percezione del mio significato biologico – quale che sia il mio ruolo nel mondo degli esseri umani e della cultura».
Siamo alla fine del primo dei dieci saggi che compongono Il fiume della coscienza, l’ultimo dei libri di Oliver Sacks, appena pubblicato da Adelphi a tre anni dalla sua morte, e il professore londinese sintetizza perfettamente in due giri di frase, e probabilmente senza rendersene troppo conto, una delle dinamiche più affascinanti e misteriose della natura dell’uomo: l’epifania della conoscenza, quella sorta di vertigine metascientifica che, chi ha avuto l’occasione di viverla almeno una volta nella vita, ricorderà per un senso di vertigine abbinato a una scossa elettrica a bassa intensità che gli attraversa le ossa.
Il fiume della coscienza non è una semplice raccolta di saggi e non è nemmeno, come ormai troppo spesso accade, una collazione posticcia di scritti raccattati in qualche cassetto, dimenticati e mai finiti dall’autore prima di morire, e ripubblicati da editori senza scrupoli per far cassa. No, Il fiume della coscienza è qualcosa di più, è un testamento, eterogeneo e multiforme di una delle menti più brillanti della nostra epoca e insieme la testimonianza di un modo di approcciare la conoscenza totalizzante, che purtroppo sembra ormai in via di estinzione in questa nuova stagione della post autorevolezza.
Il fiume della coscienza è qualcosa di più, è un testamento, eterogeneo e multiforme di una delle menti più brillanti della nostra epoca e insieme la testimonianza di un modo di approcciare la conoscenza totalizzante
Charles Darwin, Sigmund Freud, Jorge Luis Borges, Stephen Jay Gould, i lombrichi, le felci, le intermittenze della coscienza, quelle della memoria e della conoscenza, la teoria dell’evoluzione, quella della contingenza: il percorso in cui ci accompagna Oliver Sacks è tutto il contrario di una egotica autocelebrazione o di uno sfoggio manierista di cultura totale. È di più, è una mappa sintetica di un amore sfrenato per la scienza e la conoscenza ed è la ricetta di un antidoto prezioso contro l’atomizzazione della conoscenza, contro la sua settorializzazione sfrenata all’epoca della superficialità e del multitasking, e contemporaneamente è un’apologia della curiosità, della multidisciplinarietà, della sete di sapere, del dubbio come metodo scientifico, della vertiginosa e meravigliosa complessità della natura e della coscienza umana.
Raccolti da Sacks a poche settimane dalla sua morte, avvenuta nell’agosto del ’15, e affidati a tre collaboratori con il compito di sistemarli e curarne la pubblicazione, i testi che formano Il fiume della coscienza toccano anche alcuni dei temi centrali del lavoro e della vita di Sacks, dall’emicrania alla sindrome di Tourette, riuscendo ad essere un percorso nella vita intellettuale di un uomo straordinario e, contemporaneamente, una sintesi perfetta di un approccio olistico al sapere che, in tempi di assoluto riduzionismo come quelli che viviamo, è tanto preziosa da farci solleticare dalla speranza che libri come questo finiscano dritti dritti nelle liste dei libri da far leggere in tutte le scuole del regno.
Nel saggio intitolato Velocità, Sacks affronta la sua fascinazione verso il tempo e il suo scorrere irregolare e non di rado contraddittorio. Tra gli esempi che porta per descrivere la relatività assoluta dello scorrere del tempo ci sono anche le esperienze di persone che si ritrovano di fronte a un pericolo mortale. Con il fiato della morte sul collo pare che il nostro cervello viva momenti di estrema lucidità e velocità di pensiero, i cosiddetti momenti in cui tutta la vita ti scorre davanti, ma anche alcuni altri in cui i secondi che fino a un momento prima scorrevano veloci come un fiume in piena si fanno lenti e tortuosi.
Ecco, Oliver Sacks, sentendo la morte avvicinarsi, è riuscito a fare la stessa cosa e a metterla su carta in poco più di 160 pagine. Volando come un falco lungo tutta la sua vita, saltando dai ricordi della giovinezza a quelli della sua vita professionale, è riuscito a consegnarci una goccia di splendore, di umanità e, in fondo, anche se contraddittoria, sfuggente e vertiginosa, di verità.