Parsi: «Se non uniamo (davvero) l’Europa le nostre democrazie scompariranno»

Il monito di Parsi nel suo ultimo libro: viviamo nella dittatura dell'ideologia neoliberale, gli Usa non sono più leader, Russia e Cina sono arroganti e gli italiani si preoccupano solo del loro (piccolo) giardino. La soluzione? Unire (davvero) l'Europa, senza avvilire le sovranità

JOHN THYS / AFP

L’oggetto più venduto negli ultimi decenni è il paraocchi. In alternativa, continuano ad andare forte gli occhiali con le lenti colorate. Cambi le lenti e vedi quello che più ti piace. Purché non sia quello che è davvero davanti agli occhi. Da qualche decennio – dal nuovo millennio almeno – abbiamo lo sguardo fisso davanti a noi. Come zombie. Non sappiamo guardare di lato, non voltiamo la testa, non c’interessa la concretezza della realtà ma la consistenza della ‘roba’. Al ‘vero’ si è prodigiosamente sostituito il ‘mio’. Così, tutti quanti, beatamente italidioti, balliamo sulla nave che affonda mentre il cameriere in livrea ci avvisa che con le prossime elezioni ci sarà più cibo per tutti. Non è un caso che Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di Relazioni internazionali alla Cattolica di Milano e direttore dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali, abbia fatto la revisione del suo ultimo libro in barca. Ce lo dice lui. Era a bordo della ‘Vespucci’, nave della Marina Militare, “come Capitano di fregata di Stato Maggiore e political advisor”, rotta Montréal-Livorno. Come a dire, incarnare l’incanto della metafora. L’ultimo libro di Parsi, infatti, s’intitola Titanic. Il naufragio dell’ordine liberale (Il Mulino, 2018, pp.220, euro 16,00), ed è un libro colto quanto durissimo. In soldoni – e Parsi fa i conti in tasca a tutti i protagonisti che stanno attualmente giocando a Risiko con malcelata ferocia – abitiamo una nave che affonda, l’orchestra va al ritmo del requiem, non c’è nessun Di Caprio che ci salverà e gli inservienti continuano a servire champagne ai magnati sontuosamente impellicciati. Sia chiaro. Parsi non ha vezzi da prefica, non è il solito Isaia che ci dice quanto sono brutti i mostri della notte. Il prof riassume gli ultimi trent’anni di vita politica planetaria – con sguardi che vanno ancor più indietro – in duecento pagine, sciorinando dati e fatti, partendo da un assunto di base: dalla caduta del muro di Berlino, con la fine conclamata della Guerra Fredda, l’“ordine liberale occidentale” è stato sostituito dall’“ideologia neoliberale” globale. Che significa: tutti-contro-tutti. Vince chi morde più duro.

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