Forse il segno dei tempi è tutto in un’immagine. Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, più volte presidente del Consiglio, costretto a suonare il bufù nella piazza centrale di Casacalenda. Il Cavaliere che percuote il tipico strumento musicale in favore di telecamere, in compagnia di un gruppo folk locale. Chissà, magari è un problema di prospettiva. La politica italiana sta perdendo riferimenti e orizzonti più vasti. Intanto la lunga notte elettorale di Isernia conquista l’attenzione di giornali e televisioni.
Per una volta Campobasso diventa la capitale d’Italia, il Molise si trasforma nell’Ohio d’Italia. Il paragone forse è un tantino esagerato, ma è già una verità indiscutibile. In questi giorni alla piccola regione meridionale è stata attribuita la responsabilità di bellwether state nostrano, con il compito di anticipare e raccontare le tendenze politiche nazionali. Si tratta di un’evidente esagerazione, con tutto il rispetto per i diretti interessati. Il cortocircuito mediatico è chiaro. Difficile pensare che i destini del Paese dipendano dagli elettori di Campomarino e Termoli. Nel frattempo, mentre al Quirinale si prova a sbloccare la difficile situazione di stallo, la politica si trasferisce. Nell’ultima settimana i leader dei principali partiti hanno girato in lungo e largo da Larino a Montenero di Bisaccia. E qualcuno si è fatto prendere la mano. Durante un comizio, Berlusconi ha ammesso voler comprare una casa in Molise, innamorato della bellezza dei luoghi. Una terra «che non ha nulla da invidiare a località blasonate di Svizzera e Austria. Ho gli occhi pieni di uno spettacolo stupendo». Il grillino Luigi Di Maio ha accantonato per qualche giorno le difficili trattative romane per un tour elettorale dalle parti di Campobasso. Stessa scelta per il leghista Matteo Salvini, che la settimana scorsa ha voluto partecipare personalmente all’inaugurazione della sede elettorale a Venafro e alla presentazione ufficiale delle liste nel cinema Lumiere di Isernia.
Forse il segno dei tempi è tutto in un’immagine. Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, più volte presidente del Consiglio, costretto a suonare il bufù nella piazza centrale di Casacalenda
Una battaglia senza esclusione di colpi, per conquistare il favore dei 300mila abitanti molisani. Più o meno i cittadini di una circoscrizione del comune di Roma. E così, dopo una nottata con il fiato sospeso, da stamattina tutti si affrettano a decifrare il risultato elettorale molisano. La vittoria del candidato Donato Toma accende l’entusiasmo del centrodestra. Con sprezzo dell’imbarazzo, qualcuno trattiene a stento la gioia. Giorgia Meloni si lascia andare: «La schiacciante vittoria del centrodestra in Molise con il fondamentale contributo di Fratelli d’Italia, l’unico partito che cresce rispetto alle politiche, è un’altra indicazione chiara per il Presidente Mattarella». I confini di Campobasso si confondono con quelli del Paese, le Regionali si trasformano in un passaggio obbligato per la nascita del nuovo esecutivo. «Gli italiani vogliono un governo guidato dal centrodestra». Quello inviato dagli elettori molisani è «un messaggio inequivocabile» conferma la deputata berlusconiana Catia Polidori. Parla di risultato «eccezionale» la senatrice di Forza Italia Gabriella Giammanco. Del resto, la vittoria del partito in Molise «è la risposta del popolo democratico e sovrano a tutti coloro, avversari ed alleati, che hanno chiesto scelleratamente un passo indietro di Berlusconi», rincara Michela Biancofiore. Il dubbio che il voto molisano sia stato leggermente strumentalizzato inizia a crescere. Matteo Salvini, forte delle 12mila preferenze conquistate tra Termoli e Bojano, ammette la sua «soddisfazione incredibile». Persino i grillini, che pure passano dal 44,8 per cento delle politiche al 31 per cento, faticano a contenere l’entusiasmo. «Il Movimento Cinque Stelle si conferma anche in Molise la prima forza politica della regione» spiega orgoglioso il leader stellato Luigi Di Maio. «Questo risultato è la dimostrazione che una larga parte del Paese ci chiede con forza di archiviare la vecchia politica e di far partire un governo del cambiamento».
Smaltita la sbornia elettorale, arriverà il momento del realismo. Finiti i festeggiamenti qualcuno si ricorderà ancora del Molise? Solo ieri, parlando al Corriere della Sera, l’ex ministro Antonio Di Pietro – molisano doc – ha tradito un po’ di pessimismo. La campagna elettorale di questi giorni non l’ha convinto. «È un’attenzione strumentale e ipocrita. Mi sento preso in giro».