Cina e Arabia guidano il boom della spesa militare: ecco il nuovo ordine mondiale (e non è una bella notizia)

Mentre gli Usa (che restano i più armati) riducono le spese militari i cinesi le accrescono. La corsa al riarmo diventa forsennata in tutto il Medio Oriente. I sauditi spendono il 10 per cento del PIL in armi. E il business vale in tutto il mondo 1.739 miliardi di dollari

MARTIN BERNETTI / AFP

Il trend più interessante che si osserva analizzando i dati sulla spesa militare globale diffusi dal Sipri è quello che riguarda la Cina, ormai divenuto il secondo paese per spesa militare complessiva dopo gli Stati Uniti, che con oltre 600 miliardi di dollari di spesa conservano saldamente la prima posizione.

Il primato ampiamente scontato degli statunitensi tuttavia ha un significato strategico relativamente importante, che si può apprezzare osservando l’andamento della spesa militare nell’ultimo decennio.

Come si può osservare il dato rilevante è lo straordinario aumento della spesa militare cinese, più che raddoppiata dal 2008 a oggi, mentre gli Usa l’hanno diminuita del 14%. Un evento di portata storica per la semplice ragione che l’emergere della Cina come potenza non solo economica ma anche militare, anche se per adesso a livello regionale, ha avuto un potente effetto gravitazionale sui paesi vicini, dove la spesa militare è cresciuta di conseguenza. Avere un vicino potente non è molto rassicurante. In Cambogia, ad esempio, fra il 2008 e il 2017, la spesa militare è aumentata del 322%, nel Bangladesh del 123, in Indonesia del 123% e ci sono stati aumenti compresi fra il 40 e il 100% in Vietnam, nelle Filippine, in India. Complessivamente la regione Asia-Oceania ha visto crescere la spesa militare del 59% nel decennio considerato, mentre nelle Americhe, compresi gli Usa, è diminuita dell’11% e in Europa è cresciuta appena dell’1,4%. Il dato illustra bene come le linee di tensione militari si stiano spostando verso Oriente da Occidente.

Più difficile avere dati completi sul Medio Oriente, a causa della difficoltà ad avere informazioni da Qatar, Siria, Emirati Arabi e Yemen. Tuttavia il Sipri osserva che laddove i dati sono disponibili si rileva che la spesa militare è aumentata continuamente dal 2009 al 2015 per un incremento totale del 41 per cento, fino a quando il crollo del prezzo del petrolio non ha determinato il raffreddamento della spesa fra il 2015 e il 2016, quando si è registrato un calo del 16%. Nel 2017 c’è stata una ripresa del 6,2, ma l’area rimane sotto il livello del 2015.

In questa regione il primato spetta all’Arabia Saudita, che ha visto crescere la sua spesa militare del 74% fra il 2008 e il 2015, raggiungendo un picco di 90,3 miliardi nel 2015, per declinare del 29% nel 2016 e risalire del 9,2% l’anno scorso per fissarsi a 69,4 miliardi. Dietro ai sauditi si osserva la Turchia, la cui spesa militare è aumentata del 46% fra il 2008 e il 2017, arrivando a superare i 18 miliardi l’anno, un importo che colloca il paese al 15esimo posto nella graduatoria globale. In generale sette sui dieci paesi che hanno la percentuale di spese militari più alta sul pil appartengono all’area mediorientale. Primeggia l’Oman, con spese militari pari al 12% del pil, seguito dall’Arabia Saudita con il 10.

Se guardiamo il quadro globale, il 2017, proseguendo un trend ormai ventennale, ha registrato un aumento complessivo della spesa militare, arrivata a 1.739 miliardi di dollari di valore complessivo (dollari del 2017), pari a circa il 2,2% del pil mondiale, poco sopra il picco minimo registrato nel 2014, quando la spesa militare arrivò al 2,1% del pil globale, mentre il massimo si registrò nel 1992, quando sfiorò il 3,3% del pil.

In sostanza, calcola il Sipri, è come se ogni persona al mondo spendesse 230 dollari per acquistare armi. Potendo scegliere magari acquisterebbe altro.

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