Non sparlate sul pianista, ecco i misteri postumi di Benedetti Michelangeli

L'arresto da parte delle SS. Il miracolo durante il bombardamento. Gli allievi a cui chiedeva di suonare alla cieca. I fatti poco spiegati e conosciuti dell’iconico (e inafferrabile) pianista

È il 7 maggio 1993 e siamo alla Musikhalle di Amburgo. Arturo Benedetti Michelangeli si presenta al per un concerto che rimarrà nella testa e nel cuore di molti. I concerti di Michelangeli sono da sempre considerati eventi, avvenimenti rari e preziosi. Quasi delle apparizioni, anche perché la “capricciosità” del maestro lascia pubblico e organizzatori in sospeso fino all’ultimo minuto. Questa volta il è programma tutto dedicato a Debussy, l’autore che Michelangeli ha sempre eseguito, frequentato, amato. Ma stavolta non ci sono i soliti autobus di ammiratori che seguono le esibizioni di Michelangeli; chi ha acquistato il biglietto non può immaginare che si tratta del suo ultimo concerto. Benedetti Michelangeli è stanco, morirà due anni dopo. Ma il concerto non è stanco. Anzi è una sorpresa per molti.
Innazitutto Michelangeli non ha la solita postura controllatissima, impeccabile, a cui ha abituato il suo pubblico e che è diventata parte fondamentale della sua icona. Stavolta si muove, “apre” i gesti, alza le mani dalla tastiera, come racconta Gian Paolo Minardi (il suo ricordo di quella giornata si trova nel libro Il suono ritrovato di Arturo Benedetti Michelangeli), ma fa di più, e la cosa è inaudita. Canta. Al pubblico, durante l’esibizione, arriva un mugolio. C’è chi si indigna perché a quanto pare qualcuno in platea non rispetta la consegna del silenzio, e invece a cantare è proprio lui, Michelangeli l’austero. Nemmeno fosse Glenn Gould. O addirittura un jazzista, e loro sì che da Jarrett in giù hanno spesso l’abitudine di cantare mentre suonano.

Lo stile di Michelangeli stava cambiando, ancora, fino alla fine. Stava abbandonando via via l’impassibilità (per i nemici: la freddezza) che lo aveva reso icona e modello, e stava offrendo un modo diverso, più mosso, più “arbitrario”, di interpretare un suo classico. E in effetti la sua nuova maniera era iniziata da qualche anno. Qualcuno dice dopo l’attacco cardiaco che era arrivato proprio mentre eseguiva Debussy, e che lo aveva portato in un ospedale a Bordeaux nel 1988. Ma il momento preciso di questo cambio di direzione stilistica non lo sappiamo, e non lo sapremo mai. Così come non sapremo mai la ragione precisa di un cambio di direzione.

Nè il momento né la ragione sono decifrabili. Perché indagare intorno alle ragioni di un atto creativo, di qualsiasi genere, è un po’ come passeggiare ai bordi di un pozzo carsico. Arrivi ansante. Guardi giù. Buio. Dai un calcio a un sassolino. Niente. Prendi un sasso più consistente. Butti, e dopo alcuni secondi tesi ti arriva un eco, un tonfo o uno splash. Una qualcosa di percepito, di indiretto, di mediato da un effetto. Lo stesso probabilmente vale per un genio, come ABM e non solo. Anche non inteso romanticamente come essere superiore, preternaturale, ma come normale persona che esercita la creatività. Il buono Kant, che abbiamo citato nella prima puntata di questa serie di articoli, nella Critica del Giudizio spiega che i giudizi estetici sono qualcosa sulla quale non si possono dare regole. E definisce l’opera d’arte (che chiama “idea estetica”) un qualcosa su cui si può parlare molto, che può servire da modello, ma di cui (diversamente di quello che succede con un teorema) non ci si può fare un concetto valido una volta per tutte. L’arte è negativa, non definibile in maniera positiva. Si può dire solo quello che non è. I mistici sostenevano che di Dio (essere creativo per eccellenza) si può dire solo quello che non è. E anche questo è un modo di girare attorno al pozzo carsico.

E a noi, saggi ultimi, non resta che girare attorno all’imboccatura del pozzo, passeggiando e tirando sassolini. In breve: rilevando misteri.

Lo stile di Michelangeli stava cambiando, ancora, fino alla fine. Stava abbandonando via via l’impassibilità (per i nemici: la freddezza) che lo aveva reso icona e modello, e stava offrendo un modo diverso, più mosso, più “arbitrario”, di interpretare un suo classico

Misterioso è il rapporto di Arturo Benedetti Michelangeli con la religione. Michelangeli -che non volle mai divorziare dalla moglie Giuliana Guidetti- non era un santo. Presumibilmente donnaiolo, pieno di durezze inspiegabili, orgogliosissimo. Dedito alla beneficenza. Morto con in mano un testo antico di pietà religiosa, l’Imitatio Christi di autore anonimo. I corsi di perfezionamento da lui tenuti per lungo tempo ad Arezzo venivano spesso interrotti da fughe al santuario francescano della Verna. Pare fosse molto amico di Padre Virgilio Guidi, per decenni organista del Santuario, esiste una foto del 1958 che li ritrae assieme. Sui rapporti tra lui e Papa Paolo VI si sa qualcosa: di sicuro c’era una vicinanza motivata dalla coappartenza alla cattolicissima Brescia. Tra l’altro Giovambattista Montini era un frequentatore di casa del comune amico Agostino Orizio, tanto è vero che in un suo diario del 1957 il futuro Papa annota «Cena e musica nella casa ospitale di Agostino Orizio». E si sa di quello che la sua famiglia riteneva un miracolo. Nel 1944, mentre Michelangeli e la moglie si trovavano sfollati nella villa sul lago d’Iseo dei Martinengo Villagana, l’edificio fu bombardato, il pianoforte di ABM andò in pezzi, Giuliana si salvò perché tornò a casa in ritardo per dire il Rosario in chiesa.
Ma non è mai stato chiaro chi fossero i quattro sacerdoti che di tanto in tanto lo andavano a trovare negli ultimi anni a Pura, e che erano presenti al suo funerale.

Così come non è mai stata chiara la sua posizione politica, a meno di non voler francamente rilevare la totale impoliticità del personaggio. Non volle accettare il cavalerierato della Repubblica: «no grazie, sono un monarchico» rispose. Ma poi lo era davvero? Se c’è una fama che Benedetti Michelangeli NON ha mai avuto è quella di burlone. Ma è bene (sempre girando intorno al cratere del suo genio) fare un po’ di revisionismo a riguardo. Era di certo un umorista e un beffardo, se non un contaballe. Non partecipò alla Resistenza, anche se fu arrestato dalle SS, nel 44. Sempre a palazzo Martinengo in quel periodo si giocava a carte, e a volte si facevano delle collette per i partigiani. Una sera ABM finì in una retata. E fu liberato grazie all’intervento di un fascista moderato di nome Dugnani. Forse la teoria dell’impoliticità (umoristica) è quella più accreditabile. Michelangeli, un antisistema tra le crepe del sistema.

Anche il rapporto con gli allievi sconfina nell’indeterminato, stante, come abbiamo ricordato, che Michelangeli non ha avuto nessun continuatore. Tanti allievi nessun erede. Chissà, forse avrà voluto sfuggire alla legge enunciata da Carlo. M. Cipolla, secondo cui ognuno si sceglie per successore uno più scemo di lui, e il livello si abbassa, finché non si arriva a un cretino totale che, per puro caso, si trova un successore in gamba.
Ma qualche nota insolita sui metodi di insegnamento di Michelangeli si può trovare in un ricordo di Carlo Maria Dominici, suo allievo nella baita della val di Rabbi negli anni 60. Michelangeli chiedeva a Dominici di suonare lo stesso pezzo cambiando pianoforte (nella stanza ce ne erano diversi), in modo da adeguare all’istante la sonorità al brano. «Un giorno -racconta Dominici- durante una lezione nella mia camera, il Maestro si presentò con una candela e spense la luce. Non capivo. Ci vedevo a malapena. “Suona” mi disse. “Maestro non vedo!” gli risposi. “Non devi vedere, devi sentire. Ci sono dei bravi pianisti che sono ciechi e suonano benissimo” insisteva. “ Devi poter suonare anche senza vedere”. Ho cominciato a pensare che era matto».

E valle per valle è rimasto ancora in buona parte inesplorato il rapporto tra Benedetti Michelangeli e la musica popolare. Il legame mediato tra il classico e il popolare è una costante dalle Villanelle alla napoletana del 500 fino ai grandi romantici e oltre. Chopin non sarebbe Chopin senza la Mazurka, Bartok è stato uno straordinario etnomusicologo. Ma che un pianista impeccabile e rigoroso abbia riarmonizzato i cori della Sat (Società Alpinisti Tridentini), tra l’altro fornendo esecuzioni meravigliose, è alquanto bizzarro. Tra l’altro i testimoni raccontano che ABM in quelle occasioni fosse conviviale e sbrigliato come non mai.

Così ci congediamo dal buono lettore e per ora smettiamo di tirare sassolini nel pozzo. Con una ninnannanna armonizzata da Arturo Benedetti Michelangeli. Senza pianoforte. Solo voci.

Utima puntata

Leggi qui le puntate precedenti

1 Benedetti Michelangeli, il div(in)o giullare del pianoforte
2 Benedetti Michelangeli, se sei un genio tutti ti odieranno (e avranno ragione)
3 Benedetti Michelangeli, i sette brani con cui supera i più grandi pianisti del mondo

4 Benedetti Michelangeli, l’incantatore di serpenti

5 Benedetti Michelangeli ha inventato il suono che non esiste