Che belli erano i tempi, neanche troppo lontani a pensarci bene, in cui valeva ancora il sacro vecchio detto del «Non importa come se ne parla, purché se ne parli». Proverbio sacro agli uffici stampa e agli uffici marketing, che non potendo avere il controllo assoluto delle opinioni e delle recensioni dei loro prodotti, volpuvizzando le critiche, le ribaltavano in successo: «Stai parlando male di me?» pensavano tra loro strofinandosi le mani e strizzando con concupiscenza gli occhi, «Ottimo, l’importante è che ripeti il mio nome».
I tempi però sono cambiati, talmente tanto che un Elon Musk qualsiasi, sentendosi da anni attaccato dai giornalisti di mezzo mondo sulle sue imprese — dalle macchine elettriche, a quella automatiche, a quelle mandate a volare davanti alla luna nello spazio aperto — ha deciso che la misura era colma e ha annunciato su Twitter di aver avuto una nuova idea, ma che questa volta non c’entra né l’energia elettrica né la conquista dello spazio, e nemmeno rivoluzionari modi di veicolare il passaggio di denaro nel mondo. No, questa volta c’entra il giornalismo.
E così, il 23 maggio del 2018, alle 9 e 32 della sera di chissà dove, Elon Musk ha lanciato il suo sasso tenendo ben visibile la mano: «Sto per creare un sito dove il pubblico potrà valutare la veridicità di ogni articolo», ha scritto, »e tracciare nel tempo la credibilità di ogni giornalista, direttore o testata. Pensavo di chiamarlo Pravda…».
Nanni Moretti e Umberto Eco non erano certo degli sprovveduti: le parole sono importanti, perché è vero che ci sono anche le cose oltre i nomi, però noi solo quelli teniamo. Ecco, diciamo a questo giro di giostra quel personaggione sudafricano che sta cercando di fare alcune delle cose più pazze o grandiose della storia dell’Umanità — tra cui colonizzare Marte per turismo e costruire macchine a guida automatica che rivoluzioneranno la mobilità — se voleva comunicare il suo disagio ci è riuscito con ottima resa. Pravda, infatti, che in russo significa Verità, era il giornale fondato da Lev Trockij, l’organo ufficiale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Il PCUS, mica fanfaroni, gente che chiamava verità un po’ quel che gli pareva insomma.
Una volta i ricconi come Musk i giornali se li compravano o li fondavano. E i più anziani dei Paperoni del digitale — tipo Jeff Bezos e Pierre Omidyar, rispettivamente proprietario del Washington Post e fondatore di The Intercept — non hanno perso il vizio. La moda di quelli un po’ più giovani, invece, sembra essere un filo più diretta e pragmatica: li combattono e li fanno chiudere.
È il caso per esempio dell’ex socio proprio di Elon Musk, Peter Thiel, che a un certo punto del 2016, dopo che per mesi aveva sostenuto economicamente una causa milionaria — l’accusatore era Hulk Hogan — contro il giornale online Gawker, era riuscito non solo a far vincere la causa al wrestler, ma a far comminare una pena pecuniara talmente gigantesca che nemmeno un piccolo colosso come Gawker poteva pagarla. E nel mercato libero, se non hai abbastanza soldi per pagare i tuoi creditori, chiudi la baracca.
Siamo in un’epoca che ci affanniamo a definire L’epoca delle Fake News, ma siamo talmente poco lucidi da essercene convinti sul serio, senza nemmeno ricordarci al fatto che le menzogne e i bugiardi sono tra noi da sempre. Stiamo vivendo uno dei momenti meno lucidi e più contorti della storia moderna, ci convinciamo in pochi secondi di tutto e del contrario di tutto. Insomma, già così siamo quasi alla frutta, e infatti farfallina84 se ha più like del Lancet ha matematicamente più ragione del Lancet in qualsiasi discussione di stampo scientifico.
Ma se ora un riccone che è convinto che l’Universo sia una simulazione, solo perché è scocciato dalle opinioni contrarie e dalle critiche contro i suoi progetti — che, diciamolo, qualche problemino ce l’hanno veramente — se, dicevo, un tizio di questo calibro si mette in testa di creare un gigantesco trip-advisor del giornalismo mondiale scatenando gli hater di tutto il mondo contro i media, non soltanto superiamo il caffè, il dessert e gli ammazza caffè del mondo, in tutti contro tutti in cui la verità diventerà ancora più relativa e ancora più soggettiva: una notte in cui le vacche sono un po’ del colore che ti pare.