Tratto dall’Accademia della Crusca
Tre sono i referenti per la parola tabacchino: ‘l’addetto alla lavorazione del tabacco’; ‘il rivenditore di tabacchi’; ‘il negozio in cui si vendono i tabacchi’.
Preciso subito che mi occupo appena del primo significato che non rientra nelle domande che ci sono state rivolte. La parola è in certo senso tecnica perché riguarda la lavorazione del tabacco, ambito in cui designa l’operaio “addetto alle fasi di infilzamento, fermentazione, stagionatura e selezione delle foglie di tabacco”; la definizione è tratta dal Nuovo De Mauro, ma così anche in altri dizionari dove compare sempre come prima accezione. È ritenuta parola comune e nota (GRADIT), anche se oggi, forse, di minore attualità; il femminile tabacchina col sinonimo sigaraia, si riferisce all’operaia della manifattura dei tabacchi che ha fra le sue mansioni quella di arrotolare i sigari. Fra parentesi si deve almeno dire che la storia delle manifatture di tabacco – oggi numericamente assai ridotte – è una storia anche al femminile che si è snodata su tutto il territorio nazionale, dalle grandi città, Torino Milano Bologna Napoli, ai centri più piccoli. Le condizioni di lavoro erano dure, il continuo contatto col tabacco nocivo; se rispetto ad altre categorie di operaie il trattamento economico era migliore, le tabacchine seppero lottare per i propri diritti e per il miglioramento delle condizioni. Si segnalaa proposito Tabacco e tabacchine nella memoria storica (a cura di V. Santoro e S. Torsello, Lecce, Manni 2002), ricerca di storia orale con interviste alle operaie delle manifatture di Tricase e del Salento.
Nei dizionari tabacchino ‘chi gestisce una rivendita di tabacchi, sale, francobolli e altri generi di monopolio statale’ (DISC) è accolto come voce dell’italiano regionale rispetto a tabaccaio (GDLI, DISC, Vocabolario Treccani) e il GRADIT precisa la sua diffusione in area settentrionale e meridionale. Tabaccaio fa parte del vocabolario di base della nostra lingua ed è parola di alta disponibilità, cioè nota, ben conosciuta da tutti, ma di uso non frequente nello scritto e nel parlato (vedi anche Nuovo De Mauro).
Non è registrato nella principale lessicografia italiana tabacchino come ‘rivendita di tabacchi’, ma, naturalmente, è attestata tabaccheria; il dizionario HOEPLI inserisce la parola come regionale con questo significato e poi in sinonimia con tabaccaio.
Due ricerche, svolte in tempi diversi, si occupano, fra l’altro, delle denominazioni della rivendita e del rivenditore, segno di un interesse a “misurare” un uso nel parlato presupposto non compatto e non allineato al dettato dei dizionari. Negli anni Cinquanta dello scorso secolo Robert Rüegg rivolge l’attenzione alla lingua italiana parlata con una pionieristica e originale ricerca; i dati vengono assunti sulla base di un questionario con interviste a parlanti dislocati in diverse province della Svizzera italofona e del territorio nazionale da nord a sud, isole comprese. Fra le domande relative a “Commercio e denaro” Rüegg inserisce, accanto ai nomi dei negozi nei quali si vendono la frutta o i generi alimentari, ‘rivendita di sale e tabacchi’ (domanda 150) (Rüegg, p. 101). All’inizio del secondo millennio, quando l’italiano parlato è ormai a disposizione di tutti, la ricerca La lingua delle città (LinCi) si occupa anche di nomi che designano le attività per valutare il livello di unificazione nell’italiano comune, la presenza di parole regionali e la persistenza di elementi dialettali nelle dichiarazioni d’uso dei parlanti. Ecco dunque che l’attenzione va a mestieri ormai emarginati dalla vita di tutti i giorni (l’arrotino), ancora vivi ma in concorrenza con la grande distribuzione (fruttivendolo, venditore di formaggi e salumi) e appunto tabaccaio (domanda 44 del questionario predisposto per il rilevamento), nella formulazione in contesto: “le sigarette si comprano dal…”; dunque una domanda sospesa che l’informatore completa dichiarando il suo uso e precisando spesso anche il significato della parola impiegata. Al momento sono disponibili nella banca dati le risposte di 372 intervistati in 31 città (LinCi 2013).
L’inchiesta di Rüegg rileva tabaccheria e tabaccaio, ma anche tabacchinospecialmente in città meridionali a partire da Foggia, spaccio a partire da Ferrara fino alle città delle Marche settentrionali e centrali e a Perugia, appalto specialmente in Toscana. In genere il venditore è tabaccaio. La LinCi rileva, in 31 città indagate, tabaccaio (291 risposte su 372 parlanti); tabacchino (115); tabaccheria (6); tabacchi (8); appalto (7). Spaccio non è presente nella banca dati, ma indagini condotte successivamente lo registrano a Rimini e Pesaro in accordo con quanto già rilevato da Rüegg per quest’area. Come si vede il numero maggiore d’intervistati dichiara l’uso di tabaccaio, mentre minoritaria è la scelta di tabaccheria per il negozio; dunque si deve approfondire su tabacchino, ben presente nelle diverse città e che è riservato al solo venditore, al solo negozio o ad ambedue, con quella irrisolta ambiguità sulla quale si sono interrogati gli estensori del quesito per sapere quale forma è corretta. Le attestazioni, con diverso peso numerico, si collocano sia in città settentrionali sia centrali sia meridionali; fanno eccezione Novara, Cuneo, Verona, Pesaro, Livorno, Rieti, Sassari, L’Aquila, dove la risposta compatta è tabaccaio e l’assenza potrebbe essere imputabile alla scelta degli informatori di porsi sul solo livello formale di lingua.
Nei dati LinCi la denominazione tabacchino si riferisce prevalentemente al venditore; solo in 8 casi si riferisce al negozio, significato desumibile anche in altre 6 attestazioni per l’uso della preposizione: «le sigarette si comprano al tabacchino» e non dal tabacchino. La parola conviveper lo più con tabaccaio e mostra comunque una buona resistenza anche presso la generazione dei nati fra il 1970 e il 1980 senza che il grado di istruzione incida significativamente; nel complesso delle risposte sporadicamente viene precisato che si tratta di un uso familiare o raro. La forma dialettale tabachìn, è la prima risposta di una informatrice di Torino in contrapposizione all’italiano tabaccaio; tabacchìn unica forma per 2 informatori di Massa, è chiosata dialettale da altri 2 (Coli 2013, p. 140), come ad Alessandria. A Modena tabaccaio (11 testimonianze) alterna con tabacchino ed è presente anche fra gli informatori nati fra il 1960 e il 1970: tale termine, sconosciuto al dialetto modenese (in cui si ha la forma tabachèr), è invece molto diffuso nell’italiano regionale e in molti dialetti settentrionali – milanese, veneziano, parmense – (Proietti 2013, p. 122). Ma anche quando la parola è data in forma italiana è avvertita talora come dialettale; gioca anche qui la valutazione di italiano tout court per tabaccaio. Tuttavia anche nell’italiano regionale di Toscana, dove tabaccaio è ampiamente attestato e numericamente preponderante, si hanno 50 dichiarazioni d’uso per 11 città capoluogo di provincia su un totale di 132 informatori; comunque le due parole spesso convivono nel lessico di molti informatori. Simile la situazione nelle città del Lazio dove tabaccaio è prevalente e tabacchino abbastanza diffuso a Roma, Viterbo e Latina (D’Achille 2013, p. 231). Del resto, l’indagine allargata ad altre città del Lazio e alla periferia romana mostra come tabaccaio sia una di quelle parole che tendono ad una diffusione unitaria (Stefinlongo 2013, p. 257). In Sardegna, dove tutti i capoluoghi di provincia sono stati sottoposti a rilevamento, su 25 risposte tabacchino, 5 si riferiscono al negozio e non al venditore. A Lecce 8 informatori su 12 dichiarano tabacchino e a Catania tabbacchino un solo informatore; ulteriori indagini in Sicilia mostrano un numero maggiore di dichiarazioni d’uso ad Agrigento, 6 su 12, e a Trapani, 3 su 12.