“Il solitario è un egoista di emozioni”. Dialogo con Michele Pontrandolfo, l’uomo delle 18 spedizioni polari

Perché l'uomo ha la necessità di avventurarsi nelle zone estreme, inabitabili? A rispondere ci pensa l'arrampicatore e paracadutista classe 1971. In vent'anni di attività, si è fatto 18 spedizioni polari, di cui 13 in solitaria, eppure sostiene di non aver mai fatto nulla di estremo nella vita

Poi viene l’attimo in cui vuoi rompere tutti i vetri e tutte le finzioni. Trovare il punto, il piccolo foro, in cui la vita entra nel sogno, l’atto letterario diventa reale, si fa re. Da anni perlustro con l’immaginazione Artide e Antartide. Perché? Chissà. Estraggo due ragioni. Uno. L’innocenza. Quella estensione bianca, come un angelo fiocinato, al suolo, che trema. L’innocenza è feroce, uccide, è fredda. Secondo. Le spedizioni. Disumane. Le storie di Umberto Nobile e di Robert Falcon Scott. Perché l’uomo ha l’urgenza devastante di percorrere le zone estreme, inabitabili? Non può starsene a casa, al caldo, sul divano? No. L’uomo è quello che mette l’impossibile in una tazza da caffè, che muore per una causa inutile, ma bella, che si spende per il gusto di fecondare l’ignoto. Ma questa, appunto, è letteratura. Chi i Poli li conosce, Artide e Antartide, i gemelli bianchi, infuocati di ghiaccio, è ovvio, fa poca teoria. Eppure. A un certo punto. Quando l’ascia della solitudine e del dolore ti fa lo scalpo. Penso che una specie di rivelazione, di radiazione ti passi da parte a parte. Quella cerco, forse. Per questo, ho cercato Michele Pontrandolfo. Classe 1971, arrampicatore, paracadutista, in vent’anni di attività s’è fatto 18 spedizioni polari, di cui 13 da solo. Una sintesi della sua attività è sul sito personale: “Ad oggi è l’unico italiano ad aver tentato 3 volte la madre di tutte le spedizioni la traversata dell’Oceano Artico fino al Polo Nord geografico da solo, ha attraversato interamente la Groenlandia prima da est a ovest poi da sud a nord, ha attraversato in 4 distinte spedizioni il quarto ghiacciaio più grande al mondo, ha raggiunto il Polo Nord geo magnetico e magnetico da solo, ha organizzato due spedizioni in Antartide nel 2015 e nel 2016”. Quello che stupisce, dialogando con Michele, è una specie di angelica leggerezza. Pontrandolfo è attratto dal Polo per la necessità di inabissarsi nell’indimenticabile, “il solitario è egoista di emozioni”, mi dice. Ti racconta dei Poli con lucidità, come se ti portasse a visitare la sala da pranzo, senza ossessioni agonistiche. E quando lo solletico con la parola ‘estremo’, lui ti spiazza con estrema grazia, “anche leggere la Divina Commedia di Dante può essere ‘estremo’… dico questo perché dal mio punto di vista io non ho fatto mai nulla di estremo nella mia vita”. Forse il Polo, questo desiderio di azzerarsi, la cruna del rischio, fa anche così. Depura dall’ovvio. Disarma. Denuda. Sgrossa gli aggettivi. Affila le ossa. Ti pietrifica nella sincerità.

Che cosa affascina del Polo?

Del Polo affascina quel punto inesistente “immaginario” che è il novantesimo parallelo. Affascinano le difficoltà per raggiungerlo, affascinano le titaniche spedizioni del passato che hanno tentato la conquista dei due poli, affascinano i racconti dei protagonisti dell’epoca. Come diceva Umberto Nobile… “Quella solitudine immensa dove ognuno si sente re di se stesso: tutto questo, una volta provato, non si dimentica più ed esercita un fascino al quale non è possibile resistere”.

Perché si percorre l’estremo Nord, e, in assoluto, l’estremo?

Il termine estremo è un qualcosa di relativo. Ritengo che anche leggere la Divina Commedia di Dante potrebbe essere ritenuto “estremo”… dico questo perché dal mio punto di vista io non ho fatto mai nulla di estremo nella mia vita, ho solamente cercato di raggiungere degli obiettivi e allo stesso tempo conoscere, vedere, provare e vivere nuovi sensazioni ed emozioni.

Intendo: a te come è venuto in mente di andare lassù?

Per anni ho desiderato portare la nostra bandiera ai due poli cercando di farlo solamente con le mie forze perché volevo tentare di fare quello che Umberto Cagni (vedi Duca degli Abruzzi) tentò nel 1900 assieme ad altri due marinai: raggiungere il Polo Nord geografico. Purtroppo non ci riuscì, ma battè il record di Nansen, da sempre l’esploratore polare per eccellenza, superando gli 86 gradi di latitudine nord. Ritengo che per quell’epoca, fu un esempio straordinario di sacrificio nel tentare il raggiungimento di un punto che per secoli focalizzò epiche imprese polari e immani disastri navali.

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