Nuovo anno, solito palinsesto: la Rai è una televisione per vecchi

Vespa, Fazio, Clerici, Venier: i programmi e le fiction Rai annunciato per la prossima stagione svelano sempre le solite (ben note) facce. La perfetta rappresentazione di un pezzo di Paese che ha bisogno di essere rassicurato e guarda con circospezione ogni novità

Se i giornali sono in crisi, non servono più neanche per accartocciare il pesce, la televisione è nel baratro. Chi guarda ancora lo schermo, specie di monocolo divino, di ciclope delle meraviglie? Chi ca**o si fa ancora cullare dalle poppe di Mamma Rai? Direi, dai 40 in giù, quasi nessuno. Intorno ai 20, poi, è il niente. I miei studenti in università mi fanno da cavia, sono il mio oblò su questo pianeta che non mi appartiene, non mi appare. Su 36 giovanotti, nessuno guarda le reti istituzionali. Qualcuno ha Sky. Molti usano Netflix. Per cui. Cosa ce ne frega della Rai? La Rai è un triceratopo statale: serve per dare posti di lavoro. Si vede.

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Ieri, per caso, mi capita di ascoltare via radio la sintesi del ‘nuovo’ palinsesto Rai. Mi pare di essere vent’anni fa. Trent’anni fa. Cosa resterà di questi anni Ottanta. Invece. 2018. Ci sono: Bruno Vespa, Fabio Fazio, Antonella Clerici che fa Portobello e, udite udite, Mara Venir alla testa di Domenica In. Alberto Angela fa il gioco delle tre carte, porta Ulissesu Rai 1, Licia Colò torna a Rai 3 e Claudio Baglioni resta a fare il Festival di Sanremo. Urca, che novità, pare il cimitero degli elefanti risorti. La Rai, però, per quanto parzialmente, rappresenta l’identità del Paese. Un Paese che deve essere rassicurato, che deve essere solleticato con il solito, cibato con la solita minestra. Guai a innovare, a confondere i ruoli, a muovere le acque, anatema caschi sul capo del fomentatore di caos. Eppure. Noi esistiamo perché qualcuno ci sorprenda. Quotidianamente. Non vogliamo le pacche sulla spalla – pretendiamo lo schianto, qualcuno che ci pigli per le palle, eventualmente.

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