«Sono i guadagni marginali che ci aiutano ad avere quel piccolo vantaggio rispetto alla concorrenza». Non è un manager, Phil Sharp, ma un grande velista offshore, vincitore di numerose gare transatlantiche, con nomi evocativi ed esotici come la Mini Transat e la Route du Ruhm. Eppure sono simili i processi mentali e le strategie che accomunano un navigatore da un gestore di risorse economiche. E soprattutto sono simili le traiettorie che legano un velista che solca i mari aperti con un export manager alla ricerca di nuovi mercati: il superamento dei confini (fisici e psicologici), l’uso dell’innovazione e il gusto della sfida siano caratteristiche che accomunano un velista di successo a un manager dell’internazionalizzazione vincente.
«Indubbiamente la fatica mentale è la più dura da affrontare, in particolare se si attraversa un oceano», spiega Sharp, che lunedì 11 giugno sarà ospite di Imit, per un incontro che si terrà dalle 11 alle 12,30 presso Palazzo Bovara a Milano, in corso Venezia 51, un evento che si concluderà con un momento di altissima cucina, un menu speciale, curato dallo chef stellato Eros Picco, fondatore di IFOODQ, Marchio Collettivo che promuove le aziende agro-alimentari aderenti al network e le valorizza e supporta a consolidarsi commercialmente, anche a livello internazionale.
Quando ha deciso che il suo destino fosse, navigare? E come ha fatto a farlo diventare realtà?
Non ho avuto molta scelta, in realtà. I miei genitori erano due appassionati marinai con una barca da crociera e ogni estate mi rapivano per andare a navigare da qualche parte nel nord, di solito in luoghi con un tempo orribile, come la Scozia o la Norvegia. Al tempo ci capivo poco, ma il mio interesse per l’oceano mi è stato iniettato nel mio sangue in quegli anni. È stato dopo l’università che ho capito che volevo attraversare l’oceano. La mia prima gara, la mia prima regata in solitaria sull’Atlantico è stata la Mini Transat, su una piccola barca lunga sei metri e mezzo.
Quando ti sei accorto di aver realizzato qualcosa? Quando hai capito che il tuo sogno era diventato realtà?
Stava finendo questa prima traversata oceanica in solitaria, la Mini Transat: fu lì che mi resi conto di aver fatto qualcosa di veramente speciale: navigare verso l’altro lato del pianeta del pianeta su un piccolo veliero. La soddisfazione e la ricompensa erano enormi: per la prima volta avevo superato i miei limiti personali percepiti. Da lì, ho capito che il cielo era il limite.
«Per essere competitivo devi dormire al massimo per venti minuti alla volta, con le condizioni meteoreologiche che cambiano sempre. Questo può portare a pesanti privazioni del sonno: a volte dormi 2-3 ore a notte, per un paio di settimane»
Qual è la cosa più difficile in una regata transatlantica in mare aperto? E qual è la cosa più eccitante?
Per essere competitivo devi dormire al massimo per venti minuti alla volta, con le condizioni meteoreologiche che cambiano sempre. Questo può portare a pesanti privazioni del sonno: a volte dormi 2-3 ore a notte, per un paio di settimane. Al contrario, la vela stessa può essere elettrizzante. Navigare su onde veloci oltre 20 nodi è qualcosa che ti dà un brivido incredibile e l’adrenalina può durare ore!Qual è stata la più spaventosa difficoltà con cui tu abbia mai avuto problemi? Come hai risolto il problema?
Uno dei momenti più terrificanti che ho avuto in mare aperto è stato quando per evitare una tempesta nel Medio Atlantico che stava precipitando verso di noi, da est, mentre stavamo andando verso ovest! Li ho deciso che invece di cercare di evitare la tempesta, sarebbe stato più efficace prendere il toro per le corna e andare dritto al centro! Tutto da solo, di notte, a più di 100 chilometri orari con onde enormi che mi arrivavano addosso. Non ero sicuro che la barca avrebbe potuto superare la notte, ma ci siamo riusciti.Qual è la tua prossima sfida? Come stai affrontando?
La mia sfida principale quest’anno è quella di correre da solo attraverso l’Atlantico in una gara chiamata Route du Rhum, che si svolge tra St Malo, Francia e Guadalupa nei Caraibi. Questa è la più grande di tutte le gare transatlantiche e la competizione quest’anno sarà molto intensa. Abbiamo cinquanta barche nella nostra classe, e dopo aver vintolo scorso anno c’è molta pressione su di noi per vincere, anche se ora abbiamo una barca piuttosto vecchia! Oltre a massimizzare le prestazioni della barca, sto lavorando intensamente sulla gestione del sonno, sulla meteorologia, sulla forma fisica. Sono i dettagli che fanno la differenza.