Se davvero tutto quello che dicono diventasse realtà, finirebbe come in quelle scene da film in cui buoni e cattivi si ritrovano l’uno con la pistola puntata alla tempia dell’altro, in cerchio, in attesa del primo che prema quel maledetto grilletto. Sono tempi così, in Europa, con i leader sovranisti che si cercano, si incontrano, si indicano l’uno come il modello dell’altro, si copiano a vicenda. Ma i loro messaggi, se presi alla lettera, li fanno al contrario apparire come nemici divisi dai confini che vogliono tornare a chiudere, e dalle antiche rivalità nazionali alimentate da un impasto denso di cronaca e stereotipi ancestrali.
Proviamo a collocarli sulla mappa, questi leader. A Roma, c’è un nuovo governo formato da Lega e 5 Stelle, che ha detto di voler seguire una priorità: prima gli italiani. E’ la ricetta imposta dall’ex partito padano, rubata a sua volta da quella in salsa americana di Donald Trump, che si traduce nell’idea assai popolare che la salvezza della società e dell’economia italiana possono derivare soprattutto da un recupero di sovranità nazionale dalle istituzioni europee. In materia fiscale ma anche in materia di sicurezza, per riprendere possesso dei confini e cercare di fermare l’immigrazione. Peccato che sia la stessa idea dei vicini di casa dell’Italia, che il trattato di Schengen per la libera circolazione delle persone e delle merci ha reso di fatto coinquilini.
Prima gli italiani? Peccato sia la stessa idea, declinata diversamente, dei vicini di casa dell’Italia. Il governo austriaco ma anche la Slovenia che domenica ha votato per il partito anti-immigrati. Persino in Germania il leader dell’Afd ha detto che gli ‘amici’ di Lega e M5S non potranno far pagare al suo Paese il costo delle loro scelte
In Austria, alla fine dello scorso anno, è nato un governo di centrodestra, i cui rappresentanti hanno invocato più volte l’invio di militari al Brennero per bloccare l’arrivo di migranti che l’Italia non controllerebbe a sufficienza. In Slovenia, appena questa domenica, pur senza ottenere la maggioranza dei seggi ha vinto il partito di centrodestra guidato dall’ex primo ministro Janez Jansa, che dice appunto: prima gli sloveni. Un refrein costante, che accomuna quei Paesi del blocco di Visegrad, che sono ‘guidati’ dal premier ungherese Viktor Orban, membro del Partito Popolare Europeo ma strenuo difensore del diritto di ciascuno Stato europeo di decidere chi e come fare entrare sul suo territorio. Sono Orban e i suoi alleati, fra cui potrebbe appunto entrare anche il governo Salvini-Di Maio, a chiudere le porte ai migranti. E, dunque, all’Italia che chiede cooperazione. Un paradosso.
Prima i francesi, diceva anche Marine Le Pen, amica di Salvini e di Orban, che avrebbe potuto diventare presidente della Francia lo scorso anno, altra frontiera calda dell’Italia. Prima gli olandesi, diceva Geert Wilders, a sua volta alleato di Le Pen e Salvini, che sempre lo scorso anno puntava a diventare primo ministro del Paesi Bassi e sosteneva che l’islamizzazione dell’Europa era anche colpa della debolezza dei controlli delle frontiere da parte dell’Italia. Prima noi, dicono partiti che hanno potere di governo in Scandinavia e nelle Repubbliche ex comuniste entrate di recente nell’Ue. A furia di dire “prima i nostri”, la Gran Bretagna ha già votato per lasciare l’Unione Europea. E la Germania ha iniziato a interrogarsi sulla convenienza di rimanere nell’area dell’euro, solleticando gli antichi pregiudizi sugli italiani fannulloni. Al Bundestag è entrato a suon di voti un partito come la Afd, vicino alla Lega, il cui leader Alexander Gauland non solo è scivolato sul nazismo come “cacca d’uccello”, ovvero come dettaglio della storia, ma ha anche avvertito il nuovo governo italiano: la Germania non dovrà pagare certo per le loro scelte, anche se ricalcano le sue stesse idee ma da un punto di vista tedesco. Un cortocircuito.
Solo populismi? No, forse è il caso di iniziare a usare un altro termine. Nazionalismi. In conflitto.
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