Massimo Fini: «Bossi era un genio. Salvini è un razzista»

Dialogo con il giornalista anticonformista che in "Confesso che ho vissuto" ha raccolto le sue opere più personali.

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Questo Governo s’ha da continuare. Da cannibale e mangiapolitici, da nietzschiano bastian contrario, ora sei un fan di questo Governo… “Dico che questo Governo, vincendo i sospetti dei più spregevoli, funziona. Di Maio e Salvini vanno abbastanza bene insieme, e credo che ciò dipenda dal fatto che c’è reciproca stima tra i due. Punto sul fatto che il Governo tenga, ma sia chiaro che sono più vicino, con tutti i distinguo, al Movimento 5 Stelle che alla Lega”. Io penso, invece, che il Governo non reggerà: Salvini si sta pappando il M5S, lo ha vampirizzato; tanto vale far saltare il banco, giocare grosso e andare a elezioni. “…e a quel punto mi trasformerei nel ‘bombarolo’ di De André e farei saltare Salvini… No. Non penso che Salvini sia così sciocco da perdere tutto”.

Il ribelle canonizzato. Ogni tot consulto Massimo Fini. Più che un Geremia che lancia l’orda di anatemi contro le mura del palazzo, più che una Cassandra che strologa sull’apocalisse futura, mi pare un Montaigne con la raffinata enfasi di disintegrare tutto per salvare ciò che resta del buono. Ora che il suo ribellismo è stato canonizzato, per così dire, nel repertorio Confesso che ho vissuto. Esistenza inquieta di un perdente di successo (stampa Marsilio, quest’anno, e lui ribadisce, “ricordati di ricordare Cesare De Michelis: un grande editore, un grande uomo. Tutti se ne stanno accorgendo solo ora, che non c’è più”), Fini, che si è sempre permesso tutto, che non si è fatto giornalisticamente mancare nulla, può avere, perfino, bramiti di tenerezza.

A Grillo solo consigli sbagliati. Torniamo alla politica. Ma cosa t’importa dei ‘grillini’? “Il riequilibrio sociale sancito nel loro programma: è quello che manca a questo Paese ed è quello che m’interessa. I ragazzi del Movimento li conosco tutti, sono bravi, preparati. Rispetto al resto, poi…”. Conosci anche Beppe Grillo, presumo. “Da una vita. Cominciò a interessarmi trent’anni fa, se non ricordo male, quando i suoi spettacoli si trasformarono da comici a politici. Per merito della moglie, l’affascinante iraniana, aveva letto La Ragione aveva torto?, e mi chiese dei consigli. Io, ovviamente, gli diedi solo consigli sbagliati”. Ad esempio. “Beh, durante uno spettacolo Beppe prende un’ascia e spacca un computer. Ecco, questo era un consiglio sbagliato, considerando che il Movimento è nato intorno a Internet e ai social. L’unica volta che gli ho dato un consiglio giusto, però, non mi ha ascoltato”.

Racconta. “Era l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, per sostituire quell’ectoplasma di Giorgio Napolitano. Dalla piattaforma web del Movimento, una cosa folle – un partito con milioni di elettori non può affidarsi per le decisioni importanti a 150mila fanatici… – tra i papabili, appare anche Romano Prodi. Consiglio a Grillo di andare da Bersani e di proporre Prodi come Presidente, Bersani non avrebbe potuto dire di no. Invece, il Movimento optò per Stefano Rodotà, il tipico radical chic, un uomo per tutte le stagioni”. Ma con Grillo vi sentite ancora? “Ogni tanto. Ma lui fa per i fatti suoi”.

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