AmbienteBolsonaro, un vero cancro (per i polmoni dell’umanità)

Lo ha dichiarato lui stesso in campagna elettorale. Con Bolsonaro il Brasile diventerà un enorme ostacolo alla decarbonizzazione dell’economia globale. Auguri a noi

I brasiliani hanno scelto, democraticamente, il loro nuovo presidente, il candidato di estrema destra nazional-popolare, Jair Bolsonaro. Ennesimo esponente dell’onda nera, che da Trump all’Italia, passando per Colombia, Latino America, Europa orientale e India ha cambiato la geopolitica mondiale. Certo l’elezione di Bolsonaro ha fatto accapponare la pelle a mezzo mondo per la sua visione neo-cons evangelista, la sua futura politica iper-securitaria ispirata dalla linea durissima del filippino Duterte, il neo-protezionismo a-la-Trump e la sua radicale misoginia e odio contro gay, lesbiche e trans. Ma l’elemento di Bolsonaro che spaventa più di tutti è il suo sovranismo anti-ambientalista. La natura? Una porcheria per globalisti sorosiani.

Bolsonaro già in campagna elettorale ha rilasciato varie dichiarazioni incendiarie sui temi ambientali. «Usciremo dall’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico» (facendo solo un passetto indietro a tre giorni dalle elezioni per conquistare qualche voto in più, ma giurando che la sua intenzione è reale). «Basta agli eccessivi controlli nelle aree forestali», la polizia deve difendere la gente, non gli alberi. E ancora: «Ogni riserva indigena ha un tesoro sepolto sotto i piedi», un tesoro da essere sfruttato a qualsiasi costo.

Bolsonaro già in campagna elettorale ha rilasciato varie dichiarazioni incendiarie sui temi ambientali. «Usciremo dall’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico»

Ogni frase e commento degli ultimi sei mesi del “Messia”, come ama farsi chiamare Bolsonaro, fa presagire tutto tranne che un nuovo Paradiso Terrestre. Piuttosto un’apocalisse verde. Sappiamo che parlare di catastrofe ambientale aliena molti lettori. Ma v’invito a trovare una ragione per definire altrimenti la prossima presidenza brasiliana. Qualsiasi persona di senso dovrebbe preoccuparsi del nuovo presidente Brasiliano. Sussiste un serio rischio di un nuovo elemento di disturbo per l’Accordo di Parigi, dopo Donald Trump, e una grave minaccia ad un patrimonio ambientale dell’umanità, la foresta Amazzonica.

Già negli anni passati le emissioni di CO2del Brasile sono aumentate pesantemente (+9% nel 2016) a causa di una forte ripresa delle pratiche di disboscamento illegali dovute alla prolungata crisi politica. Con la presidenza di Bolsonaro, la situazione potrebbe ulteriormente deteriorarsi, riportando praticamente il Brasile indietro di vent’anni nella lotta alla deforestazione. Dietro Bolsonaro si scorge la potente lobby dell’agrobusiness brasiliana (sostenuta dalle immense esportazioni di carne, soia, riso e zucchero verso Europa, Usa e Cina) e il settore minerario, in particolare oro, alluminio, ferro e bauxite. La strategia del neo eletto Presidente per favorire questi due settori è dichiarata: aprire le aree indigene, attualmente protette dal governo, allo sfruttamento agricolo e commerciale; deregolamentare i controlli ambientali sul settore minerario; aprire nell’Amazzonia nuove aree per l’agrobusiness; realizzare un numero esorbitante di dighe anche in aree protette; fermare la lotta alla deforestazione (attualmente il taglio di alberi dovrebbe azzerarsi entro il 2030) e probabilmente privatizzare il settore idrico.

Il Brasile dunque è destinato a diventare l’ennesimo ostacolo per la decarbonizzazione dell’economia globale, rendendo più difficile anche solo il raggiungimento dell’obiettivo “light” dell’Accordo di Parigi, ovvero l’aumento medio di 2°C

Il suo programma dei primi 100 giorni include persino l’eliminazione del Ministero dell’Ambiente con trasferimento di poteri e competenze al Ministero dell’Agricoltura. Il Brasile dunque è destinato a diventare l’ennesimo ostacolo per la decarbonizzazione dell’economia globale, rendendo più difficile anche solo il raggiungimento dell’obiettivo “light” dell’Accordo di Parigi, ovvero l’aumento medio di 2°C. Il suo lassez-faire comporterà la perdita di una quota importante di biodiversità, distruggerà innumerevoli comunità indigene e ipotecherà ulteriormente il futuro di tutti noi.

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