«Siamo l’alternativa più interessante su piazza». Di certo non manca l’ambizione ad Alessandro Fusacchia, quarantenne deputato di +Europa, dieci dei quali passati tra i ministeri, dove è stato consigliere per la diplomazia economica per Emma Bonino agli Esteri e capo di gabinetto di Stefania Giannini all’istruzione, e i palazzi europei. Ora, dalla parte della barricata dove stanno i politici, Fusacchia freme per far crescere (e non far morire) +Europa, la giovane creatura politica che ha fatto nascere assieme a Emma Bonino, vera e propria nemesi ideologica al governo gialloverde: europeista, per una società aperta, liberale, contro il nazionalismo, il securitarismo e lo statalismo. Non c’è gara, al momento: i partiti di governo veleggiano oltre il 25% e +Europa tracheggia su percentuali omeopatiche. Fusacchia però è sicuro: a pochi mesi dal congresso, che si terrà a gennaio, +Europa può crescere e “scalare” nel breve periodo come si direbbe di una startup che raddoppia o triplica il fatturato nel corso di pochi anni: «Possiamo essere noi la vera discontinuità. Noi siamo quelli distanti anni luce da Salvini, ma siamo anche diversi da chi ci ha governato per vent’anni, fino all’altro ieri».
Sono le ore più calde per la legge di Bilancio, Fusacchia. +Europa cosa sta facendo?
Non è una legge di bilancio come le altre. Non solo perché è costruita per scaricarne i costi sui giovani e le prossime generazioni, o perché va nella direzione opposta a quella che servirebbe per creare sviluppo sostenibile. Ma anche perché dentro, oltre alle norme di spesa, contiene tante norme cosiddette “ordinamentali”, con cui la maggioranza vuole riformare settori delicatissimi che meriterebbero un ripensamento organico e provvedimenti specifici, non certo incursioni in legge di Bilancio.
Un esempio per tutti?
La riforma del sistema di reclutamento degli insegnanti della scuola. Si rende conto? Nella legge di Bilancio, tra l’altro sotto il titolo “razionalizzazione della spesa pubblica”: un capolavoro! Come +Europa stiamo usando tutto il nostro diritto di tribuna – nelle commissioni parlamentari in cui siamo e in Aula – e stiamo presentando emendamenti, anche se sappiamo che difficilmente saranno approvati dalla maggioranza, per far vedere almeno cosa si sarebbe potuto fare e quale sia il costo di certe scelte.
Di che emendamenti si tratta?
Ne abbiamo presentato uno che vale 7 miliardi: prende i soldi stanziati per aumentare la spesa pensionistica e li destina a borse per ragazzi. Con 4 miliardi, ipotizzando un ammontare di 15 mila euro, potremmo fare più di 250 mila borse all’anno! Con un altro miliardo e mezzo – se dessimo 25 mila euro ad ogni ragazzo al penultimo anno di scuola superiore – potremmo spedirne ogni anno 60 mila a studiare per un intero anno scolastico in un altro Stato europeo. Diventeremmo il Paese più avanzato al mondo in termini di diritto allo studio, dando la possibilità a tutti di fare l’università che vogliono e non necessariamente quella sotto casa, e consentendo a studenti delle scuole superiori e ai loro professori di fare un periodo di formazione all’estero, grazie al quale imparare una lingua e conoscersi: cominciando quindi a misurarsi col mondo, a scoprire che sogni hanno, cosa vogliono fare da grandi. In queste ore stiamo votando il decreto Sicurezza. Ecco, se ridestiniamo i 7 miliardi ci avanzano pure i soldi per portare migliaia di studenti del Nord Africa a studiare nelle università italiane: perché formare la prossima classe dirigente dei Paesi del Maghreb e del Medio Oriente è la maniera più lungimirante per contribuire a stabilizzare davvero il Mediterraneo nei prossimi 10-15 anni.
Che ne pensate del reddito di cittadinanza?
Noi pensiamo che serva creare lavoro di qualità e aiutare le imprese a farlo. Quello che non trovo tollerabile è che vengano a raccontarci che il reddito di cittadinanza è una misura che aiuta il lavoro, e da lì il collegamento con i centri per l’impiego e tutto il resto. Se avessero utilizzato quelle risorse per contrastare la povertà e avessero presentato così la misura, magari avremmo avuto comunque idee diverse su come non tenere nessuno sotto la soglia di povertà e ripensare il welfare, ma almeno la discussione sarebbe stata genuina. Pensano davvero che si rimetta in moto un Paese senza investire nelle persone, senza dare loro formazione e competenze adeguate? Nemmeno in Finlandia sta funzionando come speravano, anche il Canada ha abbandonato il progetto. Per non dire del rischio che il reddito di cittadinanza incentivi comportamenti molto discutibili.
A cosa pensa?
In Belgio, tanti che godono di un sussidio simile sono disposti a lavorare per arrotondare ma a condizione che sia in nero, perché temono altrimenti di perdere il reddito sussidiato dallo Stato. E poi anche qui, volevamo dare un segnale vero agli italiani? Potevamo mettere i miliardi del reddito di cittadinanza per adeguare gli stipendi dei docenti della scuola italiana alla media europea. Ogni insegnante avrebbe guadagnato il 20% in più di quanto prende oggi. Sarebbe stato l’avvio di un nuovo patto sociale: più soldi ma anche più merito. Gli insegnanti non sono tutti uguali, come non lo sono i pompieri, i commessi, i medici, gli architetti. E quando non c’è valutazione e valorizzazione si mortifica chi mette più impegno e capacità nel lavoro che fa. Ho presentato un emendamento anche su questo. Non si sa mai.
Il resto della manovra?
Sembra la Rai: di tutto di più. Mi ha fatto abbastanza impressione il numero di assunzioni previste nel pubblico. Non sono necessariamente contrario, credo infatti che serva una nuova generazione di dipendenti pubblici, che è cresciuta nel mondo e conosce le lingue. Ma immettere più personale in questa Pubblica Amministrazione così com’è rischia di non servire a niente. Gli uffici pubblici, da quelli dei ministeri più grandi ai comuni più piccoli, sono popolati ormai solo di funzionari e dirigenti terrorizzati dal prendere qualsivoglia decisione, perché basta che dicano al telefono una parola fuori posto e finiscono subito accusati di corruzione. Dobbiamo ribaltare il paradigma, passare da questo clima del sospetto al ridarci fiducia a vicenda. La fiducia si dà, prima di chiederla. Dentro la PA significa consentire più libertà di manovra e discrezionalità, fare in modo che chi deve risolvere un problema o disegnare un servizio pubblico possa farlo sapendo che sarà giudicato in base alla soddisfazione del cittadino, non dal numero di pratiche aperte o di riunioni fatte. Invece in Italia negli ultimi anni abbiamo ingessato i ministeri e paralizzato i comuni. Serve un’inversione di rotta. E poi in questa manovra c’è decisamente poco per innovazione, ricerca, imprenditorialità.
Lei ha lavorato in passato al Ministero dello Sviluppo economico, e ha seguito i lavori che sotto il ministro del tempo Corrado Passera portarono alla prima legge sulle startup. Che è successo da allora?
Il lavoro avviato nel 2012 con “Restart, Italia!” e culminato nel decreto Crescita 2.0 rimane a mio avviso una delle più belle pagine di buon governo della storia italiana degli ultimi anni. Grazie a quella legge – e ad alcuni interventi specifici fatti da allora – sono nate ad oggi quasi 10 mila startup innovative che impiegano decine di migliaia di persone con un’altissima propensione al rischio imprenditoriale, all’innovazione, alla creatività. Il problema tuttavia esiste, ed è che negli anni abbiamo trasformato le startup prima in una moda, e poi in una moda di cui ci siamo stufati. Il risultato? Oggi tutti continuano a parlarne ma nessuno se ne occupa più seriamente. E gli imprenditori, gli innovatori, i ricercatori e in generale tutti coloro che fanno parte di questo ecosistema si stanno ritrovando senza più interlocutori. Nella legge di Bilancio non c’è praticamente niente per la nuova impresa. Pochissimo per il digitale. Pochissimo pure per quella che si affaccia all’orizzonte e che potrebbe essere la nuova prossima rivoluzione: la riscoperta della manifattura. Abbiamo messo soldi per dare ristoro ai cittadini truffati dalle banche ma non c’è un centesimo per creare un ecosistema ancora troppo fragile in cui chi ha i capitali o è in grado di raccoglierli possa investire negli italiani – giovani e meno giovani – che dimostrano capacità di anticipare le grandi trasformazioni del futuro.
Al Ministero dello Sviluppo economico hanno fatto le task force sull’intelligenza artificiale e la blockchain?
Sì, ma poi i soldi veri li hanno messi sulle pensioni! Non è più tempo di mancette: 20 milioni su questo, 30 milioni su quell’altro. Servono investimenti massicci, cosa che implica una lista di priorità, che a sua volta implica fare delle scelte. In questa manovra manca il futuro, non c’è niente di sostanziale sulla trasformazione digitale. Né sulla sostenibilità! Su quest’ultimo punto, assieme ad altri colleghi di diversi partiti, abbiamo presentato degli emendamenti, perché non è possibile che continuiamo a fare leggi senza valutarne prima l’impatto. Lo sviluppo sostenibile deve entrare in Costituzione e deve entrare in ogni singola norma che facciamo.
È questa l’agenda politica di +Europa?
Non può non esserla, e assieme a molti altri iscritti sono impegnato perché lo diventi sempre di più. A gennaio abbiamo un Congresso, il nostro primo Congresso, e definiremo i contenuti forti su cui vogliamo diventare riconoscibili, le iniziative di mobilitazione che vogliamo portare avanti, i nostri alleati – che non vuol dire con quali altri partiti ci parliamo a ridosso delle elezioni ma con quali forze della società civile vogliamo costruire una vera agenda per il Paese che guardi oltre le prossime elezioni.
A gennaio sceglierete anche il Segretario?
Certo. Al momento il Consiglio transitorio di +Europa sta lavorando ad uno Statuto che definirà organi, come pure pesi e contrappesi del partito. Poi vedremo.
Allora non sarà Emma Bonino?
Emma c’è, e guai a chi la tocca! Mi ha insegnato tanto e dato fiducia negli anni, l’ultima volta a gennaio, quando ha creduto che avremmo potuto fare un bel lavoro con la campagna elettorale nella circoscrizione estera “Europa”, dove sono poi risultato eletto. Emma è una leader iconica, con una storia e una credibilità inscalfibili, e ben identificata su alcuni temi, a partire dai diritti civili e l’immigrazione. Ha – e continuerà ad avere – un ruolo non contendibile, semplicemente perché è legato alla sua storia politica e alla capacità di restare credibile per decenni! Bisogna chiedere a lei cosa vorrà fare, ma dubito francamente che intenda candidarsi a segretario di +Europa. Lo stesso, tra l’altro, mi sentirei di ipotizzare per Bruno Tabacci. Penso vivano il loro ruolo in +Europa come quello di fondatori, di costituenti, e che siano molto consapevoli della stagione politica che stiamo vivendo e dell’opportunità di costruire un partito fatto anche di facce nuove che possano emergere e progressivamente contrastare i Salvini e Di Maio parlando a tanti – anzitutto giovani – disillusi, o peggio ancora indifferenti alla politica. Quello che serve è usare la loro generosità per far emergere una squadra nuova, coesa, dinamica, a sua volta particolarmente generosa e capace di intercettare la voglia irrisolta di buona politica che ogni giorno sento in giro nel Paese. Una voglia che arriva dalla società civile e che sta prendendo sempre più cittadini che avvertono l’impellenza di tornare in piazza.
Si candida lei, allora?
La questione mi pare anzitutto se riusciremo o meno, nelle prossime settimane, a far percepire ad un bel po’ di gente là fuori il potenziale di +Europa. Per questo nei giorni scorsi abbiamo lanciato “Contare di+”, per dare un doppio messaggio. Il primo è per chi si è già iscritto o sta considerando la possibilità di farlo: +Europa deve essere un luogo dove gli ultimi che arrivano contano, dal momento che portano conversazioni nuove ed energie fresche. Il secondo messaggio è che dobbiamo tutti lavorare uniti per far sì che +Europa conti di più nel Paese nei prossimi mesi. Crescendo fino al punto di convincere una fetta significativa della popolazione italiana che possiamo essere noi la vera discontinuità. Noi siamo quelli distanti anni luce da Salvini, ma siamo anche diversi da chi ci ha governato per vent’anni, fino all’altro ieri. Ecco io ho senz’altro voglia – assieme agli altri con cui abbiamo innescato il percorso di Contare di+ e a tantissimi che si stanno attivando – di far sì che +Europa incarni questa discontinuità. Voglio fare qualsiasi cosa serva per darle quest’impronta in maniera chiara e decisa. Per farne il punto di riferimento per tutti coloro che stanno cercando un’alternativa e chiedono che qualcuno si occupi di futuro, di sostenibilità, di ambiente, di lavoro, di opportunità, coniugando la capacità di leggere il mondo con quella di ascoltare chi in questa fase storica sta rimanendo indietro ed isolato.
In cosa consiste esattamente Contare di+?
È un percorso lanciato da un gruppo di iscritti a +Europa per innescare partecipazione e mobilitazione, principalmente in Italia ma anche in giro per l’Europa, in vista del Congresso di fine gennaio. Proveremo ad incontrare fisicamente quante più persone possibili, per ripartire dai loro sogni e bisogni. Dalle loro aspettative. Stiamo lanciando un questionario (si trova sul sito www.contaredipiu.eu) e avanzeremo alcune proposte sui temi che ci stanno più a cuore: il lavoro, l’istruzione, l’innovazione e l’impresa, e in generale tutto ciò che riguarda la sostenibilità, a partire dall’ambiente. Non posso scordare il giorno – recente – in cui in Aula la maggioranza ha votato il condono per Ischia e fuori nel Paese morivano persone per le conseguenze del dissesto idrogeologico. Con Contare di+ vogliamo convincere il più alto numero di persone a fare quello che abbiamo fatto noi, pochi mesi fa: mettersi in discussione e prendere la tessera di un partito. Non andrà di moda, ma noi siamo assolutamente intenzionati a scommettere su ciò che può sembrare poco intuitivo. Vogliamo dare l’esempio e mostrare che ci si può impegnare in politica diversamente.
Basterà l’esempio?
È l’unica cosa che abbiamo. Ed è anche la più preziosa. Moltissime persone là fuori sono lucide e consapevoli dei rischi che stiamo correndo per la nostra democrazia e di come non ci sia nessuna intenzione – in chi ci governa in questo momento – di lavorare per le nuove generazioni. A tutte queste persone io dico semplicemente: non dovete inventarvi un’altra scatola, ci siamo già inventati una casa noi che possiamo adesso costruire insieme, piano dopo piano. In molti mi dicono che questo non è necessariamente il messaggio che +Europa riesce sempre a trasmettere oggi, ma proprio per questo dobbiamo essere in tanti a fare uno sforzo. Solo così riusciamo a trasformare +Europa in una piattaforma abilitante per tanti pronti a sviluppare un impegno politico, o anche solo civicamente “spinto”, e che stanno cercando uno spazio in cui farlo e dove sentirsi a proprio agio.
Chi c’è con lei?
Abbiamo deciso di partire in otto. Alcuni sono iscritti di Movimenta, alcuni sono della squadra che ha condotto la campagna elettorale nella circoscrizione Europa, alcuni ancora li abbiamo portati a bordo di +Europa solo nelle ultime settimane. È una squadra che si è messa insieme per questa occasione. Giulia Pastorella e Federica Sabbati mi hanno accompagnato nella campagna a febbraio, con Francesco Galtieri ho fatto tutte le cose più significative della mia vita negli ultimi vent’anni, e poi abbiamo un economista che lavora al World Economic Forum, un ex assessore al comune di Siracusa, un’ingegnere biomedico, uno dei massimi esperti italiani di diritto della privacy. Ma siamo veramente solo i primi 8. Non vedo l’ora di sapere chi sarà il nono, e poi la decima, e poi l’undicesimo che aderirà. Sul sito abbiamo già fatto spazio per i prossimi, per metterci letteralmente le loro facce. Dovremo diventare centinaia di più dentro +Europa nelle prossime settimane, e migliaia nei prossimi mesi, se davvero vogliamo arrivare al Governo tra qualche anno.
Quindi lei pensa che +Europa crescerà?
Mi pare l’alternativa più interessante su piazza. Abbiamo fatto i nostri errori come tutti, ma scommetto sulla nostra capacità di correggerli e imparare. In aggiunta al lavoro per far sì che +Europa metta al centro un certo tipo di contenuti, lavoreremo per assicurarci che il partito si dia al Congresso un’organizzazione moderna e leggera, e una forte capacità di includere, delegare, responsabilizzare. Non possiamo essere come i partiti del ’900, ma nemmeno come le piattaforme alla Rousseau. Poi non faccio l’errore di pensare che i limiti degli altri si traducano automaticamente in meriti nostri. Voglio fare tappe nelle università per incontrare gli studenti e capire come vedono il futuro, e voglio aprire un dialogo regolare e forte con tutte le associazioni e realtà del terzo settore che sono in cerca di interlocutori politici veri, non di chi si ricorda di loro soltanto sotto scadenza elettorale.
E Movimenta allora?
Resta il progetto politico meraviglioso che è, e che stiamo rafforzando da mesi. Sabato eravamo a Napoli, con una quarantina di persone, e a piedi, in metro, funicolare e pullman abbiamo fatto il nostro “safari urbano” attraversando la città, incontrando tanti napoletani. Siamo stati a parlare di rigenerazione urbana ai Quartieri spagnoli, o di istruzione e possibilità da dare a tutti i ragazzi nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, dove la Apple e la Deloitte stanno costruendo i loro centri e la Academy, e dove è importante che diventino la scommessa di tutta una comunità e non solo di pochi eletti. Si è trattato di un’esplorazione simile a quella fatta in Sicilia a inizio settembre per 4 giorni: anche qui un’esperienza che ci ha segnato tutti profondamente. Ho un paio di ricordi vivissimi: durante una tappa nell’entroterra siciliano mi si avvicina una signora e mi dice “saranno 10 anni che non tocco un deputato”; e il giorno dopo un altro paio di signore che mi confessano di aver votato per i 5stelle, e quando chiedo loro perché mi rispondono “noi non siamo mica d’accordo con tutto quello che vogliono fare! Ma sono gli unici che conosciamo perché vengono dai noi, nei piccoli paesi. Votiamo per loro così quando ci arrabbiamo sappiamo almeno con chi prendercela”.
Oltre a girare per “sentire” il Paese, oltre a riscoprire questa fisicità, abbiamo un focus molto chiaro su una dimensione decisiva: la formazione politica. Ne dobbiamo fare la vera priorità: immagini la potenza di allenare una nuova classe dirigente politica formata con metodi di lavoro, e di azione, radicalmente e strutturalmente diversi da quelli finora utilizzati dai grandi partiti tradizionali. Anche in questo caso, sperimentiamo: il prossimo fine settimana teniamo una scuola di formazione a Firenze, con attivisti e politici eletti che arrivano da tutta Italia e vedono che questo non è solo lo spazio sufficiente, ma anche il tempo giusto, per riappassionarsi all’idea di fare le cose per bene. Perché la politica deve tornare ad essere anzitutto cura. Delle persone. Dei dettagli. Tutto questo vogliamo farlo, testarlo e una volta imparata la lezione – e studiata la sua replicabilità – vogliamo anche trasferirlo su scala più grande dentro +Europa.
Torniamo appunto a +Europa. Chi saranno i vostri interlocutori verso il Congresso?
Anzitutto i 1400 iscritti attuali. Mi piacerebbe arrivare a conoscerne tantissimi nel giro di qualche settimana. Allo stesso tempo, i futuri iscritti: tutti coloro che sono ancora senza tessera ma ci stanno pensando seriamente. E poi le forze vive della società civile e anche iscritti ad altri partiti. A tutti questi dai prossimi giorni cercheremo di spiegare chi siamo, cosa sta succedendo, perché vale la pena scommettere con noi.
E Pizzarotti? Non avevate firmato un appello assieme?
Con lui ed altri, sì. Dieci punti concreti di riforma radicale dell’Europa. Diversi dei quali non mi stupirei se diventassero parte del programma che proporremo di portare avanti dentro +Europa. Federico Pizzarotti e il sindaco Alessio Pascucci che guidano “Italia in Comune” sanno che possono contare su di noi per continuare a scambiare proposte e riflessioni sull’Italia e l’Europa, e vedremo se ci sarà modo, e nel caso come – partendo da una base valoriale simile e perché saremo in grado di lavorare insieme – di unire le forze. Lo stesso discorso vale per VOLT, partito paneuropeo molto giovane e promettente. O per i verdi, anche se non mi è chiarissimo quanto i verdi in Italia riusciranno a crescere come forza politica, mentre hanno dimostrato in altri Paesi europei di avere una certa capacità di aggregazione e consenso sugli elettori. Indubbiamente, hanno istanze chiare e condivisibili che devono essere al centro di qualsiasi partito che guardi al futuro.
Prossimo appuntamento?
Cercheremo di essere presenti agli appuntamenti di +Europa e di organizzarne noi, con l’obiettivo di raggiungere gli iscritti ma ancor più coloro che non sono stati ancora avvicinati da +Europa. Elaboreremo anche un toolkit perché vogliamo fare in modo che ognuno di quelli che deciderà di unirsi al nostro percorso riesca a raccontare l’Italia e l’Europa che abbiamo in testa, quando andrà là fuori a cercare di promuoverle.
Dovremo viverci tutti come potenziali candidati di +Europa, tutti come potenziali leader di +Europa, ma anche tutti come coloro che alla fine della riunione portano fuori la spazzatura. È una espressione che si usa nel mondo delle startup, e +Europa è una startup politica, almeno da questo punto di vista. Proveremo a trasferire il meglio di quello che vedremo e accadrà in giro in brevi video e post sui social. E convergeremo tutti su Roma il 14 dicembre, un venerdì pomeriggio, per un bell’evento nazionale che si concentrerà su proposte e apertura a tanti mondi diversi che vogliamo incuriosire e convincere ad aprire un dialogo con +Europa. Consideratevi tutti invitati sin d’ora!