E alla fine arriva anche il momento di rivalutare il buonismo perché tutti, ma proprio tutti, vorrebbero in Italia Asia Bibi, la signora cristiana condannata a morte in Pakistan per blasfemia e salvata in extremis tre giorni fa da un verdetto della Corte Suprema di Islamabad che ha annullato la pena capitale. Il marito di Asia ha fatto uno specifico appello alle autorità italiane con un videomessaggio drammatico: aiutateci a uscire dal Paese, siamo in pericolo, qui non riusciamo nemmeno più a trovare da mangiare. Subito dopo è partita una gara a cercare soluzioni, destra e sinistra sulla stessa linea, e pure il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha annunciato di essersi attivato: «Anche io – ha spiegato – ci tengo che donne e bambini che rischiano la vita possano avere un futuro»
Solo che fino a ieri le storie di queste donne erano in qualche modo sconfessate, circondate dal sospetto, persino ridicolizzate: non molto tempo fa si arrivò al punto di linciare sui social una disperata sopravvissuta a quarantott’ore in mare perché aveva lo smalto
È una bella cosa. Asia Bibi è una contadina agricola a giornata, madre di quattro figli, e il suo ritratto – se si esclude il clamore legato alla vicenda giudiziaria, che fa da anni fa il giro del mondo – probabilmente è simile a quello di altre migliaia di donne in fuga dai Paesi musulmani, spesso con i loro bambini in braccio, per motivi di persecuzione. Che l’accusa sia la blasfemia, la condotta immorale, il rifiuto di un matrimonio combinato per sé o per le figlie, la schiavitù, è abbastanza secondario: la libertà di religione non è che uno dei diritti fondamentali negati ogni giorno vengono nelle teocrazie o nei regimi dove vige la Sharia.
Solo che fino a ieri le storie di queste donne erano in qualche modo sconfessate, circondate dal sospetto, persino ridicolizzate: non molto tempo fa si arrivò al punto di linciare sui social una disperata sopravvissuta a quarantott’ore in mare perché aveva lo smalto. Si chiamava Josefa, ve la ricordate? Nelle fotografie del salvataggio aveva gli occhi sbarrati dall’orrore, veniva dal Camerun, l’avevano ripescata su una tavola di legno insieme a un’altra donna e a un bambino piccolo, entrambi morti. Tutto il web fece battute sulle sue unghie colorate (poi si scoprì che era una fake news) e mise in dubbio l’autenticità del dramma straparlando di fotomontaggi diffusi dai “buonisti”.
Ecco, la solidarietà collettiva ad Asia e i molti sforzi che si stanno facendo per salvarla e per portare lei e la sua famiglia in Europa, rendono in qualche modo giustizia anche a Josefa e alle altre. Si può essere buoni, si deve essere buoni davanti alla disperazione delle innocenti. Si può essere giusti senza essere crudeli. Si può ammettere che esistono numerose Asia e Josefa che hanno diritto alla protezione di Paesi più civili dei loro, non solo sulla base dei trattati e delle leggi ma per un elementare principio di umanità.
Sono in circolazione alcune proposte che chiedono di adottare in Italia il modello canadese, dove da anni si privilegia l’ingresso delle donne e dei bambini come antidoto al fondamentalismo, che dilaga nelle comunità di soli uomini. Anche il senatore leghista Paolo Grimoldi, potente segretario della Lega Lombarda, ha rilanciato l’idea
Sono in circolazione alcune proposte che chiedono di adottare in Italia il modello canadese, dove da anni si privilegia l’ingresso delle donne e dei bambini nelle concessioni dell’asilo per riequilibrare un’immigrazione fatta prevalentemente di maschi e come antidoto al fondamentalismo, che dilaga nelle comunità di soli uomini.
Anche il senatore leghista Paolo Grimoldi, potente segretario della Lega Lombarda, ha rilanciato l’idea. Se la vicenda di Asia – come tutti speriamo – si concluderà bene, magari arriverà il momento in cui potremo rivalutare collettivamente, senza divisioni, se non il buonismo almeno la carità – cioè l’amore del prossimo – e anche la capacità di distinguere, il coraggio di ammettere due o tre cose: sì, nella massa che ci chiede aiuto, ci sono persone che lo meritano e alle quali è dovuto. Molte di loro sono donne, perseguitate e in pericolo di morte per i più diversi motivi. Possiamo permetterci di aiutarle, e ci sentiremo migliori se lo sapremo fare.