Nessun complotto: ecco perché l’Europa non poteva far passare la manovra gialloverde

Francia e Spagna hanno fatto manovre più espansive della nostra, ma il loro deficit cala di anno in anno e il loro debito è molto più basso. Noi invece stiamo facendo crescere l’indebitamento dai tempi di Renzi e Gentiloni. E riproponendo continuamente ricette che non funzionano

La Commissione Europea, l’organo europeo designato a vigilare sul rispetto dei trattati in tema di finanza pubblica, ha espresso parere favorevole ad aprire una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per violazione del Patto di Stabilità e Crescita. L’ha fattto pubblicando un rapporto nel quale spiega in dettaglio i motivi che l’hanno portata a bocciare la manovra 2019 del governo italiano. Gli italiani si sono sentiti dire per anni che solo chi sforava il famoso 3% avrebbe ricevuto le attenzioni di Bruxelles, mentre noi abbiamo dichiarato di voler fare un deficit del 2,4%. Abbastanza per gridare al complotto, o perlomeno per farsi due domande: a Bruxelles ce l’hanno con l’Italia? È una mossa puramente politica? Come possono giustificarla?

Nulla di tutto questo, in realtà: i principi alla base del Patto di Stabilità e Crescita non sono complicati e sono sostanzialmente due. Il primo è legato al deficit. È vero che i paesi sono tenuti a mantenere un deficit inferiore al 3% del prodotto interno lordo ogni anno, ma è anche vero che il trattato ha come obiettivo principale la sostenibilità delle finanze pubbliche nel medio-lungo termine. Ciò significa che la Commissione usa come guida il deficit strutturale, cioè una misura del saldo di bilancio aggiustata per gli effetti del ciclo economico e di spese o entrate una tantum. Il secondo è invece legato al livello del debito. Governi altamente indebitati come l’Italia sono sotto osservazione speciale e viene loro richiesto di ridurre il rapporto debito pubblico su Pil e di mantenere deficit più bassi possibile. Il deficit, altrimenti chiamato indebitamento netto, è infatti la variabile che regola la traiettoria del debito, insieme alla crescita economica e all’inflazione.

Una volta compresi questi due principi, il grafico sottostante dovrebbe mostrare chiaramente i motivi che hanno portato la Commissione a bocciare la manovra. La figura mostra solo i paesi dell’area Euro che hanno sia un saldo di bilancio strutturale negativo (deficit) che un rapporto debito su PIL superiore alla media dell’area euro: Belgio, Italia, Francia, Spagna e Portogallo. Il Regno Unito è aggiunto perché offre un confronto interessante. I dati sono quelli del database AMECO pubblicato dalla Commissione, il quale include anche le loro previsioni sulle principali variabili di bilancio.

La linea è il deficit strutturale. I Paesi con debito più basso come la Francia si sono potuti permettere deficit più elevati rispetto all’Italia, è vero. Ma nello stesso tempo hanno progressivamente ridotto, di anno in anno, il loro indebitamento netto. Al contrario, il governo italiano già nel periodo 2016-2017 aveva aumentato, anziché diminuire, il proprio deficit strutturale, come già aveva iniziato a fare la Spagna l’anno precedente, anch’essa con un debito pubblico molto inferiore al nostro.

Paesi con debito più basso come la Francia si sono potuti permettere deficit più elevati rispetto all’Italia, è vero. Ma nello stesso tempo hanno progressivamente ridotto, di anno in anno, il loro indebitamento netto. Al contrario, il governo italiano già nel periodo 2016-2017 aveva aumentato, anziché diminuire, il proprio deficit strutturale

Le scelte del governo precedente hanno sicuramente influenzato la decisione della Commissione. Mentre il Portogallo aveva iniziato a ridurre il debito nel 2017 e ha l’obiettivo di continuare su questa strada, l’Italia non ha fatto lo stesso. Ai governi Renzi-Gentiloni è stato concesso il massimo della flessibilità possibile per finanziare manovre espansive, alcuni dicono in cambio di accordi sui migranti, anche se gli output gap negativi in quel periodo possono offrire una spiegazione più semplice. Un po’ è pure colpa loro, è vero: l’esperienza con le manovre espansive degli ultimi anni hanno concorso ad aumentare lo scetticismo nella valutazione della manovra attuale, che promette di rilanciare la crescita economica senza di fatto essere molto diversa da quelle precedenti. Se non perché aumenta il deficit ancora di più e taglia le misure più utili come gli incentivi agli investimenti delle imprese, aumentando gli investimenti pubblici solo dello 0.2% del PIL nel 2019 e finanziando spese di welfare che non aiuteranno a risolvere il problema di una produttività stagnante.

Il grafico, infine, mostra la dinamica del deficit nel Regno Unito. Come è noto, il Regno Unito non fa parte dell’area euro e ora nemmeno più dell’Unione Europea. Eppure il deficit del governo inglese, sebbene inizialmente alto, è in costante calo da anni ed è previsto in calo per gli anni a venire. Almeno loro hanno potuto provare l’ebrezza di alti livelli di spesa pubblica in deficit, il sogno di molti in Italia. Nonostante la sbornia, tuttavia, i britannici hanno anche scoperto che la spesa pubblica non è una panacea e che è meglio pensare a tenere i conti in ordine. Purtroppo invece molti italiani si sono convinti che un 10% di deficit sia la chiave per mettere il turbo all’economia. Peccato che con i livelli di debito pubblico che abbiamo, sarà difficile provare simili ricette, sia dentro sia fuori dall’Euro. Se non altro, oggi, abbiamo con chi prendercela.

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