Anche chi non ha mai acceso un computer, negli ultimi giorni ha sicuramente pronunciato la parola “Rousseau”. Parliamo della piattaforma di democrazia diretta del Movimento 5 Stelle, dove 52mila persone hanno votato per decidere se far processare il ministro dell’Interno Matteo Salvini per il caso Diciotti. Secondo molti analisti il sito internet è manipolabile, il voto degli iscritti non certificabile e ci sarebbe un grave problema di trasparenza. Senza contare i continui problemi tecnici. Ma oltre i dubbi (legittimi), in pochi hanno cercato di capire cosa fa concretamente questa piattaforma oltre il voto online. Per questo abbiamo intervistato una dei quattro soci dell’associazione Rousseau, Enrica Sabatini, che da anni gestisce il sito e lo promuove in giro per l’Italia. E abbiamo capito, forse, due cose. Primo, la piattaforma si ingrandirà dopo le elezioni europee, cambiando forma e struttura e sarà la base per un forte radicamento sul territorio del M5S, come proposto da Luigi Di Maio. Secondo, molti movimenti europei sono incuriositi da questa piattaforma che potrebbe superare i semplici meet up o le vecchie sezioni di partito. «La nostra ambizione è realizzare il sogno di Gianroberto Casaleggio, un nuovo modo di fare politica che integri il mondo online e offline», dice Sabatini. Un sogno o un incubo? Decidete voi. Noi vi spieghiamo cosa vuole fare da grande Rousseau.
Sabatini partiamo dai fondamentali: Casaleggio Associati e Associazione Rousseau, chi fa cosa?
La Casaleggio Associati ha creato la piattaforma Rousseau nell’aprile 2016 e l’ha donata poi all’associazione. Lì finisce il ruolo di questa società.
Anche se il cognome è sempre quello, perché Davide Casaleggio è anche presidente, tesoriere e amministratore dell’associazione.
Sì, ma non c’è un rapporto tra le due realtà. Perché, è vero, Davide lavora anche per la Casaleggio Associati ma è l’associazione Rousseau di cui faccio parte con lui, Pietro Dettori e Massimo Bugani che supporta e sviluppa la piattaforma.
Vi descrivono come la Spectre. Secondo lei perché?
Capisco le critiche: è un modello nuovo e come tutte le innovazioni genera resistenza, è fisiologico. Come il telegrafo, il telefono e il computer. Ma questo è alla base di qualunque cambiamento. Nel periodo dello sviluppo ferroviario si diffuse una vera e propria fobia verso il treno, molti medici pubblicarono studi in cui sostenevano che viaggiare ad una certa velocità avrebbe spezzato le ossa dei passeggeri.
Il treno non piacque ad alcuni medici, ma almeno ha funzionato fin da subito. Non si può dire la stessa cosa della piattaforma Rousseau. Perché è andata in crash durante la votazione? Non è la prima volta.
Il sistema ha temporaneamente rallentato per sovraccarico: tutti volevano votare contemporaneamente e subito. Oltre 52mila persone per una votazione in un solo giorno online sono davvero tante, il più alto di sempre su Rousseau ma credo che si possa dire non solo su Rousseau. Podemos, per esempio, che è un’altra forza politica che utilizza il voto online, ha raggiunto circa 150mila votazioni ma in 8 giorni. Per il contratto di governo erano stati 44mila. Tre anni fa parlavo di Rousseau, nessuno sapeva cosa fosse. Dopo la votazione sul caso Diciotti lo sanno tutti. In tre anni è cresciuto molto il Movimento e le sue esigenze e la piattaforma oggi comincia a essere sottodimensionata per supportare una così alta richiesta di partecipazione, di formazione e di votazioni. Votiamo in media ogni 20 giorni.
Per questo state lavorando a una nuova piattaforma?
Sì, da mesi stiamo elaborando una nuova infrastruttura più efficiente, performante e in grado di gestire milioni di persone e di crescere e svilupparsi sempre di più.
Ci dia una notizia, quando sarà pronta?
Non posso ancora dare una data precisa, ma sarà nella seconda metà dell’anno, dopo le elezioni europee. La stiamo ripensando dalle fondamenta, che sono imprescindibili per realizzare i nostri obiettivi.
Sarà un’evoluzione della piattaforma o qualcosa di diverso completamente?
Sarà come un abito sartoriale che si disegna attorno alle esigenze degli iscritti e dei cittadini. Vogliamo creare un ecosistema che metta il cittadino al centro della società come diceva Gianroberto Casaleggio. Stiamo progettando la nuova piattaforma Rousseau attorno a questa visione.
Un modo per radicare meglio il M5S nel territorio nei prossimi mesi?
Anche, ma questo avviene già oggi tramite le sezioni “Activism” o “Call to action” che consentono agli iscritti di riunirsi grazie all’organizzazione di eventi o azioni specifiche sul territorio, condividendo risorse e competenze. La nuova Rousseau amplificherà le possibilità di condivisione. Deve immaginarla come una città, con una scuola dove formarsi, uno spazio dove votare rappresentanti e programma e piazze dove incontrarsi e scambiare idee e opinioni. Anzi più che una città, direi un villaggio. Sì, il villaggio Rousseau.
Un bel cambiamento per un Movimento che aveva promesso di fare tutto in Rete.
Gianroberto diceva: il digitale non sostituisce la realtà, la integra e la completa. Noi attraverso il digitale lavoriamo sempre di più sul reale. Tutti identificano Rousseau con la piattaforma perché l’elemento innovativo del digitale attira l’attenzione, ma stiamo facendo un lavoro enorme sul mondo reale. Più che di piattaforma, dovremmo parlare di progetto Rousseau. C’è molto di più delle votazioni di cui si parla tanto. Pensi che ci sono ben 12 funzioni diverse e il voto è solo una di queste.
Ne citi una.
Per esempio i corsi online per imparare come funzionano gli enti locali: quali sono gli organi più importanti, come si scrive una mozione, come si fa un’interrogazione. C’è anche un corso su come si legge il bilancio e uno su come funziona il Parlamento. Si trovano nella sezione e-learning del sito e sono disponibili per tutti gli iscritti. Ho curato personalmente la nascita di questa sezione del sito, mi occupo da sempre di questi temi anche a livello accademico ed è stato molto stimolante contribuire alla realizzazione di parte di Rousseau. (Enrica Sabatini è laureata in psicologia e ha un dottorato sull’impatto delle tecnologie nell’apprendimento, ndr).
Un corso accelerato per aspiranti candidati o formazione per cittadini informati?
Entrambe le cose. L’obiettivo è formare cittadini consapevoli ma anche, ovviamente, chi si trova nelle istituzioni. Devono sapere come funziona la macchina amministrativa e politica. Queste nozioni base servono anche a chi vuole candidarsi nel Movimento. I corsi sono suddivisi in moduli crescenti. Per ogni lezione c’è un video, una dispensa e dei link di approfondimento. E un test di autovalutazione finale. Finora oltre 11mila iscritti hanno già completato questo percorso. Ma facciamo anche formazione dal vivo, con gli “Open Day Rousseau”.
Quindi uscite dalla piattaforma e fate formazione politica, come le scuole di partito.
Lo facciamo meglio, a dire il vero. È una formazione sul territorio, ma il nostro metodo è diverso da quello delle tradizionali scuole di partito. Da luglio 2017 organizziamo un tour in più tappe lungo tutta la penisola: Milano, Torino, Genova, Bari, Lecce, Catania e altre dieci città. Ogni tappa prevede una lezione su un tema specifico con uno dei nostri portavoce, aperta a tutti, anche ai non iscritti. Per esempio quando abbiamo parlato della lettura dei bilanci è intervenuta Laura Castelli. Abbiamo già formato 2500 persone.
Non diciamolo a Padoan. Un altro aspetto interessante è la proposta delle leggi da parte degli iscritti. Quante di queste sono state portate in Parlamento dai 5 Stelle?
Ne dico una per tutte: la proposta di legge sul Reddito di cittadinanza della senatrice Nunzia Catalfo è stata inserita nella sezione Lex Parlamento della piattaforma Rousseau. Finora è la legge più discussa nel nostro sito con integrazioni, modifiche e suggerimenti. Molti di quei commenti sono poi finiti nel decreto approvato qualche settimana fa.
Sono tre le principali critiche che gli analisti fanno a Rousseau. Partiamo dalla prima: chi garantisce che il voto non sia manipolato?
Il voto è certificato da un notaio. Un giorno l’atto notarile probabilmente sarà sostituito dalla blockchain, ma per il momento resta l’atto di più alto valore legale che abbiamo disponibile.
Ma come fa concretamente a controllare?
Verifica le procedure e certifica il risultato del voto.
Un’altra critica riguarda la possibilità di influenzare il voto. Quali misure avete adottato contro truppe cammellate di altri partiti che potrebbero iscriversi in massa?
Abbiamo adottato una regola molto rigida: possono votare soltanto gli iscritti certificati da almeno sei mesi. Per manipolare bisognerebbe quindi iscriversi, inviare il proprio documento, aspettare metà anno e immaginare una votazione che in futuro si potrà dirottare. Una follia. È più facile avere “infiltrati” alle primarie di altri partiti che sulla nostra piattaforma. La nostra piattaforma è ben progettata e desta curiosità in tutto il mondo.
Addirittura.
Sì, tutti quelli che guardano alla democrazia diretta con interesse ci contattano. Abbiamo ricevuto richieste di approfondimento per esempio dal Brasile, dal Portogallo, dalla Finlandia. Sono molti i partiti che ci stanno chiedendo di pensare per loro una piattaforma sul modello di Rousseau. Anche in Europa i futuri alleati del MoVimento ci chiedono di poter utilizzare questo strumento che sarà fondamentale per organizzare il lavoro del gruppo parlamentare. Molti sono anche gli stimoli che ci arrivano da tutto il mondo e proprio per raccogliere tutte le idee che stanno nascendo intorno al tema della democrazia diretta non solo in Italia è nata la Rousseau Open Academy, che vede contributi provenire da tutto il mondo.
Ultima critica: i finanziamenti. Tutti i parlamentari e gli eurodeputati del M5S danno ogni mese 300 euro all’associazione. Più o meno un milione all’anno. Come li spendete?
Un progetto così ampio comporta dei costi di gestione, di progettazione e di sviluppo. Ai quali vanno aggiunti gli eventi, le spese per la sicurezza e per i servizi di supporto agli iscritti. In questi giorni riceviamo quasi mille mail al giorno, solo per fare un esempio. Con il crowdfunding, in tre anni, abbiamo raccolto 600 mila euro, in media 30 euro a persona. Si tratta di microdonazioni degli attivisti che credono nel progetto, perché siamo una start up della democrazia diretta.