Cinque salumi per cui smettere di essere vegani

L'universo degli insaccati è molto differenziato. Non c'è solo la carne di suino: anche manzo, cinghiale, capriolo, cavallo, asino, cervo e oca. Ma c’è un altro ingrediente cruciale per la materia: il sale. E questi cinque lo dosano in modo magistrale

Per fare i salumi serve la carne suina. Si, certo, ma non solo. Anche la carne di manzo, cinghiale, capriolo, cavallo, asino, cervo e oca. Insomma, l’insieme dei prodotti che chiamiamo abitualmente salumi è un universo molto differenziato. A partire dalle carni utilizzate. La lettura di questo articolo, pertanto, è vivamente sconsigliata ai vegani! Ma c’è un altro ingrediente cruciale per la materia: il sale. Senza il sale nemmeno potremmo parlare di salumi. Fondamentale per disidratare i tessuti, inibire la proliferazione di microrganismi nocivi, assicurare la stagionatura, regalare gusto al prodotto finale. E proprio per regalare un pizzico di sale alla nostra tavola, abbiamo selezionato cinque salumi assolutamente imperdibili tra le centinaia di varietà che l’Italia riesce a offrire. Ecco, di seguito, le nostre proposte.

Salame Felino Igp
Un viaggio nell’Italia dei salumi non può che partire dalla regione in assoluto più importante per numeri e per qualità: l’Emilia Romagna. Qui il suino è quasi oggetto di venerazione e ne derivano prodotti deliziosi: dal Prosciutto di Parma alla Mortadella di Bologna. Uno tra i più sfiziosi è il Salame di Felino Igp. L’impasto, a grana medio-grossa, è costituito dal “trito di bianco”, ovvero il sottospalla del maiale, composto da un 70% di magro e un 30% di parti grasse. Sale e pepe a grani interi durante la macinazione, poi aglio e pepe pestati e sciolti in vino bianco secco, quindi la carne viene insaccata nel budello naturale di suino. Servono 60 giorni di stagionatura. Il salame Felino deve essere affettato a coltello, con un taglio obliquo “a becco di flauto”, e lo spessore della fetta deve essere pari alla dimensione di un grano di pepe.

Il salumificio Cavalier Umberto Boschi, a Parma dal 1922, produce un ottimo Salame di Felino aromatizzato con vino Malvasia dei Colli di Parma: un profumo delicato e un gusto dolce, leggermente speziato.

Finocchiona Igp
La cucina Toscana ha un rapporto straordinario con la carne, specie quella di manzo per la graticola e la bistecca. Dai maiali derivano prodotti speciali come il Lardo di Colonnata o il Prosciutto di Cinta senese. Ma chi va in Toscana non può fare a meno di gustare un salume unico, squisitamente territoriale, dall’aroma inconfondibile. Parliamo della Finocchiona toscana, dalla forma cilindrica tipica, salame di colore rosa e di odore e sapore intenso di finocchio. Appunto. È diffusa in tutta la regione, con inevitabili variazioni locali. Le carni suine vengono macinate e poi impastate con sale, aglio, pepe, vino rosso e semi di finocchio selvatico. Il preparato viene quindi insaccato in budelli, legato e fasciato.

Suggeriamo la Finocchiona prodotta dal salumificio Monte San Savino, attiva dal 1962 in provincia di Arezzo grazie all’artigiano Walter Iacomoni. Dalla grana fitta e di media macinatura, il salume sa di note speziate e vinose sia al naso che al palato.

Bresaola della Valtellina Igp
Siamo in Lombardia. Le prime testimonianze letterarie relative alla produzione della bresaola al XV secolo, ma l’origine del salume è senz’altro antecedente. Per realizzarla si possono utilizzare due parti del manzo: la fesa oppure la punta d’anca, che è il taglio più pregiato. Lavorazione articolata. La materia prima viene sottoposta a salagione, effettuata a secco in vasche d’acciaio dove la carne viene cosparsa con sale, pepe macinato e aromi naturali. La miscela salante spesso cambia da produttore a produttore; la ricetta è spesso custodita gelosamente. La durata della salagione va dai 10 ai 20 giorni. Ogni 4 giorni i pezzi vengono trasferiti in nuovi contenitori dopo aver eliminato l’eccesso di salamoia. Si passa poi alla lavatura delle bresaole che vengono poi insaccate nei budelli e vanno infine in asciugatura.

Meritano un plauso le bresaole del salumificio Paganoni, magre, compatte e dal colore intenso. L’azienda nasce negli anni ’80 con un piccolo salumificio a Caiolo, in provincia di Sondrio. Da qui inizia la storia di produttori di salumi tipici del territorio valtellinese che oggi continua nel nuovo stabilimento di Chiuro.

Jambon de Bosses Dop
Tranquilli, non siamo finiti in Francia. Ma ci siamo molto vicini. La Val d’Aosta è un minuscolo scrigno di delizie. Tra le altre, c’è questo prosciutto crudo speziato con erbe di montagna, prodotto a 1600 metri di altitudine, in quantità limitate, nell’omonima località di Saint-Rhémy-en-Bosses, nella Valle del Gran San Bernardo. Se volete uscire dallo stretto giro dei prosciutti più noti provate questo prodotto pregiato, segnalato fin dal 1397 nei Contes de l’Hospice du Grand-Saint-Bernard. La carne utilizzata è quella della coscia del suino, conciata con erbe di montagna e sale. La stagionatura varia dai dodici ai ventiquattro mesi. Durante la maturazione il prosciutto acquista il suo aroma caratterizzato dalla venatura di selvatico.

La società de Bosses nasce il 13 maggio 1999 con l’obiettivo della valorizzazione dei prodotti tradizionali della salumeria valdostana. Il Jambon presenta sfumature rosate e l’affinamento ad alta quota sprigiona profumi delicati di erbe di campo e fieno. Dolce al palato con finale sapido. Le parti grasse lo caratterizzano con un retrogusto ammandorlato.

Capocollo di Martinafranca
Per rappresentare il Sud in questo (troppo) rapido giro d’Italia scegliamo la Puglia. La regione, in realtà, non ha una radicata tradizione salumiera. Tuttavia, quella del Capocollo di Martinafranca, nella zona caratteristica dei trulli, è una piacevole isola di eccellenza: in questi anni è tanto cresciuta fino a diventare un presidio Slow Food di grande qualità. Il capocollo è il nome meridionale della coppa e della lonza. Il pezzo di carne viene messo sotto sale per 15-20 giorni, poi riposa, sovrapposto agli altri, in un recipiente di terracotta. Dopo la salamoia viene spurgato da tutto il sale e lavato con vino cotto, asciugato e spolverizzato con un misto di pepe macinato e peperoncino. Viene asciugato in panni di fibra vegetale e poi insaccato nel budello di maiale. Dopo 8-10 giorni di riposo viene affumicato al fumo di corteccia di quercia per 20 giorni. La stagionatura dura per 5 mesi in locali ventilati e umidi.

Per assaggiarlo visitate il salumificio Santoro di Cisternino, in provincia di Brindisi. L’azienda nasce nel 2000, grazie alle arti dei macellai e norcini Giuseppe Santoro e Piero Caramia. La materia prima proviene da allevamenti locali controllati, riuniti nella Comunità del suino della Valle d’Itria, dove i maiali vivono allo stato semibrado e si nutrono dei prodotti del sottobosco delle circostanti foreste di fragno, specie di quercia di origine balcanica che vive solo in Puglia e in Basilicata.

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