Gilet gialli e venerdì verdiO con lei, o con Greta: e tu da che parte stai?

Ecologismo contro resistenza alla decarbonizzazione, mondialismo contro nazionalismo, pacifismo contro guerriglia urbana: le due grandi proteste di piazza, uguali e contrari, sono il vero cuore della dialettica politica europea. Altro che popolo ed élite

Sembrano simili ma sono opposti. Da una parte ci sono i migliaia in marcia con (e non per come qualche sapientone insiste nel volerci spiegare) Greta Thunberg il venerdì e dall’altra ci sono i i gilet gialli che marciano su Parigi il sabato: entrambi dichiarano di scendere in piazza per un futuro diverso, per un mondo a loro dire migliore, per un futuro vivibile. Ed entrambi hanno nel mirino i potenti che vorrebbero riuscire a condizionare.

No, no, il futuro prossimo non si dividerà tra chi combatte le élite – sempre che qualcuno sia riuscito a capire esattamente chi sarebbero – e chi le difende. Il vero scontro, la vera grande dialettica è tra quelli con Greta e quelli coi gilet gialli. Due orizzonti antitetici, a partire dai modi, dalle antropologie, dall’ideologia sottesa a entrambe le grandi proteste di piazza di questo 2019 europeo.

E poi ci sono le accise. Sì, le accise. Quelli con Greta non sono visionari ambientalisti ma hanno, tra i primi obiettivi concreti, quello di un mondo senza petrolio e a favore del pieno sviluppo delle energie alternative, mentre i gilet gialli sono in guerra ( sì, poi arriviamo anche ai modi) per difendere la benzina, per eliminare le accise sul gasolio, per difendere il loro diritto ai combustibili fossili e resistere alla decarbonizzazione, o almeno non pagarne il prezzo.

La vera divisione, nei prossimi mesi, sta tutta qui, tra quelli con Greta e quelli con i gilet gialli e il loro modo di intendere il futuro, il pianeta, i bisogni, il mondo. Altro che popolo ed élite

C’è il nazionalismo, pure. Loro, quelli che i loro avversari definiscono sprezzanti gretini che manifestano senza alcun simbolo e nessuna bandiera nazionale, coi cartelli quasi sempre in inglese, a marcare la comune appartenenza a un pianeta, unico orizzonte di senso possibile, per una battaglia come quella contro il climate change. Rivendicando, semmai, una comune appartenenza generazionale. E poi loro, i gilet gialli, che invece marciano con le bandiere francesi in pugno, rivendicato la natura nazionale della loro dialettica, tutta giocata nel greto dello Stato francese. Tanto da costringere Macron ha lanciare il gran debat national – il grande dibattito nazionale – per sfidarli in un profluvio di tricolori.

Poi ci sono i modi, opposti, con i naturali opposti risultati: da una parte quelli in marcia con Greta invadono le piazze con l’allegria, i colori e l’ottimismo che innervosiscono così tanto i sovranisti di casa nostra.Gli altri invece, i gilet gialli che stanno diventando sempre più neri, che mettono a ferro e fuoco un’intera città, che la devastano nel nome della devastazione che dicono di aver subito, che se la prendono, a caso, con la gente comune come loro, concependo chiunque a Parigi come parte di un élite immaginaria che merita spranghe e fiamme come diritto di suolo, non importa che sia la filiale di una banca internazionale o l’auto di un povero pendolare parigino che ha la sola colpa di avere parcheggiato nel posto sbagliato.

La vera divisione, nei prossimi mesi, sta tutta qui, tra quelli con Greta e quelli con i gilet gialli e il loro modo di intendere il futuro, il pianeta, i bisogni, il mondo. Altro che popolo ed élite. Ci sarà da decidere se si vuole stare tra l’internazionalismo ambientalista di chi vede la questione climatica come prima passo verso un’etica e una responsabilità di comando completamente diversa rispetto a quello che abbiamo subito fin d’ora, o con chi invece punta a rovesciare il potere consolidato per difendere le proprie piccole rendite di posizione. Eccoli, i due modi. Eccoli qui. Tu da che parte stai?

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