StorieIl futuro è un melting pot: ecco come si lavora in un’azienda multietnica

Elizabeth, Ivanka, Edoard e Jorge sono solo alcuni dei nomi degli impiegati della MICROingranaggi, azienda di meccanica di precisione di Buccinasco. Vengono da Venezuela, Croazia, Perù. In Italia hanno trovato una nuova casa. E una ditta dove, malgrado tutte le difficoltà, si fa davvero integrazione

Nuove Radici

L’ombelico del mondo multietnico è a Buccinasco, appena dopo le tangenziali che circondano Milano. Lì dove sorge la MICROingranaggi, meccanica di precisione, nata negli anni Settanta come azienda famigliare artigiana, oggi 7 milioni di fatturato, una delle tante realtà dell’A.P.I. l’Associazione delle Piccole Imprese, uno dei tanti piccoli miracoli del made in Italy. Dentro al cubo di cemento e vetri a specchio lavorano in 30, italiani, croati, venezuelani, peruviani, più una decina di addetti forniti dalle cooperative, soprattutto sudamericani. Il melting pot sociale che fuori di qui ogni tanto sembra un vulcano sul punto di esplodere. Ma qui no, si lavora a stretto contatto, e alla fine capirsi nelle tante lingue diventa una marcia in più. Antonella Silvagni, cotitolare, responsabile amministrativa e delle risorse umane, quasi si stupisce dello stupore:

Il futuro è multietnico, basta guardarsi in giro. Se ci sono problemi, sono fuori di qui. Quando abbiamo assunto qualche dipendente e si è trasferito qui vicino, ha fatto fatica a trovare casa solo perché era straniero. Ci siamo offerti anche di intervenire, ma poi per fortuna non ce n’è stato bisogno. Noi guardiamo alle capacità e al merito. I primi stranieri li abbiamo assunti quasi 15 anni fa. Hanno le stesse conoscenze tecniche degli italiani, sanno più lingue, hanno voglia di crescere e di costruirsi un futuro”.

«Ma tutto il rischio è a carico delle imprese. Integrazione è una parola che si usa molto, ma non ci sono agevolazioni se assumi uno straniero. Ci vogliono anni per formare un buon tecnico. Più dei 36 mesi delle agevolazioni fiscali previste. Ma noi ci crediamo. E tra i profili più alti in azienda abbiamo un ingegnere di produzione venezuelana. L’abbiamo presa perchè è brava, senza guardare al passaporto».

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