Comici coltiPaolo Villaggio, un bibliofilo mostruoso (con una predilezione per Kafka)

Il lato intellettuale di Fantozzi. Paolo Villaggio adorava Felisberto Hernández, pianista e narratore uruguayano. Ed era in fissa con Kafka. Se vi state domandando da dove viene l’aura asfissiante di Fantozzi ora avete una risposta

Un nome e un concetto dicono tutto. E anche una osservazione, non proprio marginale.

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Il nome è Felisberto Hernández. Uruguaiano, pianista autodidatta che s’industriava ad accompagnare i film del cinema muto, è uno dei titanici scrittori sudamericani del Novecento. Me ne parlò Hebe Uhart, la scrittrice argentina morta lo scorso autunno, “legga Felisberto Hernández, il grande narratore uruguaiano, è il mio maestro”. Io non lo conoscevo. Lui invece sì. Paolo Villaggio, intendo.

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Felisberto Hernández è stato tradotto poco in Italia. Nel 1974 Einaudi esce con Nessuno accendeva le lampade. Poi più nulla, prima della recente riscoperta, dal 2012, da parte de La Nuova Frontiera. Beh: il 12 ottobre del 1975, davanti ai microfoni della Radiotelevisione svizzera, stimolato da Arturo Chiodi, appena reduce dal primo Fantozzi (regia di Luciano Salce), Paolo Villaggio cita Hernández tra i suoi scrittori preferiti (“una grande scoperta è stata per me un quasi sconosciuto pianista uruguaiano che si chiama Felisberto Hernández. Mentre suonava nei pianobar di Montevideo ha scritto in sessant’anni sette raccolte di racconti, che sono sette gioielli, il meglio della letteratura sudamericana”).

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Pazzesco, fantozziano. Che scelta particolare, da gourmet della letteratura. Dal dettaglio occorre risalire, a ritroso, all’osservazione. Paolo Villaggio era un grande lettore. Un maniaco del libro. Passata la “mania giovanile che è Hemingway”, si ciba di Borges e di Bulgakov, di Kafka e di Musil, dimostrando inesauribili raffinatezze nel gusto. Il dettaglio, appunto, rivela il dato di fatto, troppo spesso dimenticato: Villaggio, poi triturato dal successo clamoroso di Fantozzi, nasce come scrittore. Fantozzi, intendo, nasce, nel 1968, come soggetto letterario, su L’Europeo diretto da Tommaso Giglio – e su cui scriveva Oriana Fallaci – diventa libro nel 1971, per Rizzoli, poi torna in libreria nel 1974 (Il secondo tragico libro di Fantozzi, sempre Rizzoli), per poi, infine, tramutarsi in film. Di libri su Fantozzi, Villaggio ne scriverà ancora tanti, fino a Fantozzi totale (Einaudi, 2010) e a Fantozzi rag. Ugo. La tragica e definitiva trilogia (Rizzoli, 2013); di libri in generale, Villaggio, micidiale aforista, continuerà a scriverne sempre.

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Il Villaggio bibliofilo è una delle scoperte esaltanti in Kafka? Qui siamo all’apice della piramide nevrotica, libro d’arte (con copertina realizzata appositamente da Ugo Nespolo) edito da De Piante Editore. L’altra è la coerenza etica (diciamo anche ‘politica’) che fonda l’invenzione di Fantozzi. Ecco il concetto che vi ho promesso in cima. “L’uomo credeva di essere felice con le autostrade, le macchine, e gli intasamenti, mentre in realtà il mondo in cui è costretto a vivere è un inferno”. Rotondo, preciso, azzeccato, da indossare ogni giorno. 45 anni fa. Villaggio aveva capito tutto.

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In particolare, sentite cosa dice Villaggio. “Ora vanno di moda, rilanciati dal cinema americano, il tema della nostalgia e il catastrofico. A mio avviso la risposta italiana alla catastrofe hollywoodiana è appunto Fantozzi, cioè il piccolo impiegato, l’omino che per anni è vissuto nel boom consumistico e che ha ricevuto da tutti i mass-media uno stimolo preciso, quasi un ordine, a consumare, ad acquistare, a vivere secondo determinati schemi. E lo schema di questa filosofia era precisissimo: se compri e ti attrezzi in determinati modi, cioè secondo la chiave consumistica, potrai essere felice e vivere contento per mille anni”. In realtà, Villaggio lo sapeva ieri noi lo ribattiamo oggi, si consuma per frustrazione, il consumo non rende felici, più acquisti meno hai. Uomo, animale viziato dal tormento. Bisogna imbracciare questo Villaggio, allora, come manuale per scampare dalla palude della mefistofelica infelicità. (d.b.)

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Per gentile concessione di De Piante Editore si riproduce un brano da: Paolo Villaggio, “Kafka? Qui siamo all’apice della piramide nevrotica” (2019).

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