Non c’è errore nel dire che la retorica anti-migranti si è diffusa a macchia d’olio in tutto il continente europeo. In Ungheria Viktor Orban si è fatto strada così per la sua rielezione, in Spagna l’estrema destra di Vox è salita al potere nelle elezioni regionali facendo leva sulla stessa tematica, e in fondo anche la Brexit è parzialmente guidata dall’ansia per i migranti. Per non parlare poi di casa nostra, dove Matteo Salvini ha praticamente fondato tutta la sua politica sulla lotta contro l’immigrazione. E senz’altro simili retoriche si accentueranno ancor di più durante queste settimane che precedono le elezioni del Parlamento Europeo, nonostante il numero di migranti in arrivo sia effettivamente diminuito nel corso degli anni (i rifugiati entrati in Europa nel 2018 sono stati “solo” 116,000, contro i 360,000 del 2016 e più di un milione nel 2015 – dati rilasciati da U.N. High Commissioner for Refugees).
Eppure, un studio pubblicato dall’European Council on Foreign Relations (ECFR) mostra che, mentre la retorica anti-migranti rimane estremamente diffusa, l’elettore medio ha tante altre preoccupazioni per la testa. Secondo i risultati del sondaggio pubblicato lo scorso mese, la maggior parte degli europei non considera l’immigrazione come la questione più importante in assoluto. Anzi, nella maggior parte degli Stati, problemi interni come la corruzione, il tenore di vita e l’occupazione lavorativa hanno un posto in prima fila negli interessi degli elettori.
La maggior parte degli europei non considera l’immigrazione come la questione più importante in assoluto
Dati alla mano, il sondaggio di ECRF rivela infatti come la paura principale degli europei sia il radicalismo islamico, che agli occhi dei cittadini sembra quasi una minaccia alla propria incolumità, soprattutto per quegli elettori che si allineano con i partiti di centro e centro-destra euroscettici. Un altro timore assai diffuso è il nazionalismo: il 20% degli elettori pro Europa l’ha identificato come la più grande minaccia dei nostri giorni; seguito poi da altri problemi come la crisi economica che è ancora una delle maggiori preoccupazioni, i cambiamenti climatici e la Russia.
E l’immigrazione? L’immigrazione è il problema più sentito dal 26% degli intervistati euroscettici, e solo dal’11% di coloro che invece supportano partiti pro UE. Numeri sempre e comunque alti, è vero, ma c’è una seconda ragione per cui è probabile credere che le politiche anti-migranti non funzioneranno come chiavi di svolta di affluenza alle elezioni di quest’anno.
Sorprendentemente, quando si parla di migrazione, molti paesi sembrano essere più preoccupati per le persone che lasciano il paese rispetto a quelle che arrivano. Il sondaggio dell’ECFR ha dimostrato come in alcuni paesi, gli intervistati associavano la parola “migrazione” all’emigrazione piuttosto che all’immigrazione, creando così una divisione significativa tra gli Stati che si preoccupano prevalentemente dell’arrivo di stranieri e quelli che invece hanno timore di un declino della popolazione nazionale. Mentre l’Europa settentrionale e occidentale continua a temere maggiormente l’afflusso esterno, alcuni Stati come Grecia, Italia, Spagna, Ungheria, Polonia e Romania sono molto più preoccupati per la partenza dei loro cittadini.
Sorprendentemente, quando si parla di migrazione, molti paesi sembrano essere più preoccupati per le persone che lasciano il paese rispetto a quelle che arrivano
Tra questi spiccano i risultati di due paesi apparentemente consumati dalla crisi migratoria degli ultimi anni: l’Ungheria e l’Italia stessa. In Ungheria solo il 20% dei cittadini ritiene che l’immigrazione sia la preoccupazione maggiore, e quasi il doppio, il 39%, è più preoccupato per l’emigrazione (il 34% ha risposto entrambi). Numeri non dissimili anche nella nostra penisola: il 24% degli italiani ha dichiarato di essere più preoccupato per le persone che arrivano, e ben il 32% ha dichiarato di essere invece più preoccupato per tutti coloro che sono in partenza (il 35% ha riferito di essere ugualmente preoccupato da entrambi). E pensare che questi due Stati europei sono in prima linea contro l’immigrazione straniera, al punto che, grazie soprattutto alla retorica dei leader nazionalisti anti-immigrati, Viktor Orban in Ungheria e Matteo Salvini in Italia, le elezioni in vista sono state spesso rappresentate come una sorta di referendum sull’immigrazione.
Il quadro proposto dall’European Council on Foreign Relations sul sentimento migratorio in Europa quindi è diverso dalla visione che la politica e i media ci offrono giorno dopo giorno, e dimostra come molti paesi vanno oltre la xenofobia; anche se in un’Europa che si vanta di abbattere le frontiere e di promuovere i collegamenti internazionali, un tale desiderio di auto-imprigionamento colpisce nel profondo. A dispetto di tutto ciò che si poteva immaginare, tante maggioranze dei paesi europei vorrebbero addirittura che i loro governi facciano qualcosa per rendere più difficile (o addirittura illegale) ai loro concittadini partire per lunghi periodi di tempo. Insomma ai leader politici in questione è chiesto di fare esattamente quello che hanno sempre professato di fare: chiudere le frontiere. Solo che questa volta dovrebbero farlo nel senso opposto.