House of Bruxelles Von der Leyen alla Commissione e Lagarde alla Bce: l’Unione Europea si affida alle donne per superare la crisi

Per ora è una lotta a tre per diventare presidente della Commissione europea. La ministra della difesa tedesca si aggiunge alla rosa che comprende la danese liberale Margrethe Vestager, commissaria europea alla concorrenza e la bulgara Katalina Georgieva, capo della Banca Mondiale

KAY NIETFELD / DPA / AFP

Dopo decenni di cravatte e pomi d’adamo, per superare l’empasse sulle nomine Ue i 28 leader hanno scoperto che anche le donne possono comandare. Per ora è una lotta a tre per diventare presidente della Commissione europea. Alla danese liberale Margrethe Vestager, commissaria europea alla concorrenza e la bulgara Katalina Georgieva, capo della Banca Mondiale, si è aggiunto l’ultimo sorprendente nome: Ursula Von der Leyen. Questa mattina Angela Merkel dopo la sconfitta clamorosa di ieri aveva promesso due sostantivi per la trattativa di oggi: creatività e flessibilità. E ci sono state. Von Der Leyen riempie tante caselle: è donna, è del Partito popolare europeo e ha esperienza di governo perché dal 2013 è ministro della difesa tedesca. Ma soprattutto non è invisa al gruppo di Visegrad, il blocco di quattro Paesi formato da Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia che finora ha fatto saltare tutte le trattative. Secondo Politico il nome di Von der Leyen l’avrebbe proposto il presidente francese Emmanuel Macron a cui farebbe piacere avere un francese a capo della Banca centrale europea: i nomi sono Christine Lagarde o François Villeroy de Galhau.

L’ostacolo per la Merkel è sempre lo stesso: la fronda interna al Partito popolare europeo che non ha gradito lo scherzo di ieri, quando la cancelliera ha quasi imposto l’olandese socialista Frans Timmermans dopo l’accordo raggiunto con Francia, Spagna e Paesi Bassi al G20 di Osaka. I “ribelli” sono tre: il premier irlandese Leo Varadkar, il primo ministro lettone Krišjānis Kariņš e il primo ministro croato Andrej Plenković. Il loro nome è Michel Barnier, colui che ha negoziato la Brexit a nome della Commissione europea. Il difetto grande per la Von der Leyen è che non ha esperienza internazionale non è molto conosciuta dai cittadini europei. Si potrebbe dire di tutti questi nomi, ma fuori dai confini tedeschi la conoscono solo gli addetti ai lavori. A differenza di Barnier non ha quasi mai ottenuto una prima pagina di un giornale perché mancava il palcoscenico adatto. Barnier è sempre stato la coperta di linus, il piano b in caso di emergenza che Macron è pronto a usare nel caso saltasse l’accordo. Per l’inquilino dell’Eliseo un francese deve avere almeno una delle due cariche più importanti. I socialisti guidati dal premier spagnolo Pedro Sanchez e dal portoghese Antonio Costa non sarebbero così a favore della Von der Leyen, soprattutto dopo la bocciatura netta di Timmermans ieri. I due premier iberici a differenza dei loro colleghi spingono di più per rispettare il sistema dello sptizenkandidaten e dare una poltrona ai candidati che hanno rappresentato gli eurogruppi alle elezioni del 26 maggio.

Con Von Der Leyen alla Commissione europea e Lagard alla Bce Berlino avrà un presidente della Commissione che vigilerà con forza sui conti e magari favorirà i trattati commerciali per aumentare le esportazioni tedesche. Mentre i Paesi del Sud Europa avranno una continuatrice della politica di Draghi

Per questo un contentino di lusso per la Spagna potrebbe essere il ministro degli Esteri spagnolo Josep Borrell come alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri. Sarebbe un dejà vu. Anche cinque anni fa il partito socialdemocratico più forte ottenne quella carica: il Partito Democratico guidato da Matteo Renzi che mise Federica Mogherini. Il premier belga liberale Charles Michel, abituato alle mediazioni potrebbe essere il presidente del Consiglio Europeo al posto di Tusk. Oggi è il giorno delle donne anche nel Parlamento europeo. La tedesca Ska Keller, capofila del partito verde ha lanciato la sua candidatura alla presidenza dell’Europarlamento per ribellarsi all’idea che debbano per forza decidere i capi di Stato europei. Però nelle ultime ore si parla dell’ex primo ministro bulgaro Sergei Stanishev come presidente del Parlamento europeo per non lasciare l’Est Europa senza una carica importante. Il mandato dura due anni e mezzo e su whatsapp alcuni assistenti parlamentari fanno sapere che Weber potrebbe fare gli altri due e mezzo fino alla fine della legislaura.

Von der Leyen, oltre ad aver un disperato bisogno di un acronimo per non far impazzire giornalisti e lettori, non ha esperienza politica internazionale. Ma molti non sanno che la sessantenne ministra della difesa tedesca è nata in Belgio, a Ixelles da una famiglia aristrocratica e ha frequentato da piccola la scuola europea di Bruxelles. Un dettaglio da non sottovalutare: è l’unico ministro che ha servito continuamente nei governi Merkel da quando la cancelliera è entrata in carica nel 2005. In tutto questo l’Italia, isolata come non mai, ha deciso da due giorni di cambiare schema ed entrare nel fortino di Visegrad. La notizia è che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha finalmente imparato a fare squadra, se non per far succedere le cose, almeno per bloccarle. È un passo in avanti. Non è detto che questo schema potrà ripetersi quando si parlerà di riforme e immigrazione perché lì bisognerà creare consenso e non sfruttare il potere di veto. Ieri avevamo la sensazione che fosse Matteo Salvini, in politica dal 1993, ad aver spinto Conte a unirsi al gruppo di Visegrad. Oggi ne abbiamo avuto la prova. Secondo Repubblica il leader della Lega ha telefonato più volte al premier ungherese Viktor Orbàn per concordare la linea. Il candidato dell’Italia è Katalina Georgieva, con la speranza che averla appoggiata fin da subito dia al governo gialloverde la possibilità di avere un commissario importante.

Ci giriamo intorno ma qualsiasi nomina europea deve passare sempre tra l’accordo di Francia e Germania. Berlino avrà un presidente della Commissione che vigilerà con forza sui conti e magari favorirà i trattati commerciali per aumentare le esportazioni tedesche e i Paesi del Sud Europa avranno una continuatrice della politica di Draghi che continui il più possibile ad acquistare titoli di Stato e a mantenere bassi i tassi di interesse. Contenti tutti? Vedremo.