Come si sa, Primo Levi è nato il 31 luglio di un secolo fa. L’omaggio più alto e curioso a marcare il centenario viene dalla Nuova Zelanda ed è una traduzione, in stampa limitata, delle poesie di Primo Levi. A compiere la traduzione, un poeta americano, Harry Thomas, e un grande studioso e traduttore italiano, Marco Sonzogni – esegeta massimo di Seamus Heaney, speleologo nell’opera di Montale – che insegna e vive a Wellington. Il libro si intitola The Occasional Demon e – al di là dell’autore a cui è applicato e alle ragioni che lo reggono – pare il sunto del dire poetico. La poesia è un demone, cioè qualcosa di anarchico, improvviso, inavvicinabile (che si può rifiutare, per paura d’ingombro); ed è occasionale, perché non ha meridiane né cronologie, non la contieni né la tieni. La poesia è un assalto.
Dietro all’occasione – il centenario di Levi – in questo caso il destino ha disseminato una storia. La storia ha un nome. Gideon Algernon Mantell (1790-1852). Medico inglese, costui, leggo sulla Treccani, “si dedicò anche alla geologia, raccogliendo un’importante collezione di fossili”. In particolare, si deve a lui “la scoperta dell’Iguanodonte”. Cosa c’entra l’Iguanodonte con Primo Levi? Eccoci. In calce al delizioso librino neozelandese ci vien detto che “Primo Levi ha imparato da sé l’inglese – traducendosi un libro. Nel 1924, quando aveva 15 anni, suo padre, Cesare, ‘un habitué accanito di tutte le botteghe di libri usati in via Cernaia’, a Torino, portò a casa un ‘volume sottile, elegantemente legato’”. Si trattava di Thoughts on Animalcules or, a glimpse of the Invisible World revealed by the microscope, del fatidico Gideon Algernon Mantell, stampato a Londra nel 1846. Il libro, ricco di illustrazioni “abbaglianti”, attrasse il ragazzino che si comprò un dizionario e così, parola per parole, prese a masticare l’inglese.