I sovranisti italiani sono scandalizzati. Il nuovo governo Conte “è nato fra Parigi e Berlino” ripete ogni volta che può Matteo Salvini. Mentre gli europeisti dell’intero continente esultano per l’esito della crisi nel nostro Paese: “Il nuovo governo italiano – ha dichiarato la portavoce della Commissione europea, Mina Andreeva – riflette uno spirito europeo”. Che sia per denunciarlo, oppure per festeggiarlo, nessuno più nega che è avvenuto un fatto nuovo: l’Italia, dopo essere stata la sede dell’esperimento populista gialloverde, è diventata l’avamposto della controffensiva europea contro i nazionalisti. E, come già è avvenuto parecchie volte nella storia, è di nuovo un avanzato laboratorio della politica contemporanea.
La battaglia campale tra nazional-populisti ed europeisti si è consumata alle scorse elezioni europee. I primi avevano annunciato un terremoto in tutto il Continente. I secondi sono riusciti a evitarlo, conquistando la maggioranza dei seggi del Parlamento. L’unica anomalia rimasta in piedi sul terreno dello scontro è stata eliminata ieri, quando il nuovo governo Conte ha giurato di fronte al presidente della Repubblica, riportando l’Italia sui binari della correttezza politica europea. Ma non ha eliminato alla radice il il problema, che anche i più favorevoli all’operazione si pongono: quanto durerà il cordone sanitario eretto contro i populisti e i sovranisti?
Il nuovo governo “benedetto dall’Unione Europea” corre il rischio di alimentare l’idea che i difensori delle istituzioni liberali non tengano abbastanza in considerazione la volontà popolare
Come ha scritto sul New York Times Mattia Ferraresi, il nuovo governo “benedetto dall’Unione Europea”, pur non essendo stato eletto da “nessuno”, corre il rischio di alimentare l’idea che i difensori delle istituzioni liberali non tengano abbastanza in considerazione la volontà popolare, lasciando passare il messaggio che nel loro modo di pensare, comunque vadano le cose, il potere politico deve sempre rimanere in mano a delle élite di ottimati che scelgono al posto dei molti. Facendo così un regalo involontario alla propaganda populista, che, soffiando sul fuoco della sovranità mutilata, ha fatto crescere i propri consensi. E lo farà ancora, se si ripeteranno gli stessi problemi del passato.
“I demagoghi – ha scritto David Frum sull’Atlantic – non crescono parlando di problemi irrilevanti. I demagoghi crescono parlando di problemi che riguardano le persone, e che i leader più convenzionali sembrano indisponibili o incapaci di affrontare. Sono gli elettori a decidere quali sono i problemi di una nazione. Mentre le élite politiche devono cercare le soluzioni a questi problemi”. Scaraventare Salvini all’opposizione, e con lui il modello del governo sovranista, è come curare il sintomo di un malessere, lasciando immutato le cause del malessere stesso. Prima o poi il malessere tornerà. Se possibile, più forte di prima.
Perciò, per funzionare, l’operazione europeista che ha scelto Giuseppe Conte come proprio frontman italiano ha solo una possibilità: affrontare, diversamente da come farebbero i sovranisti, i problemi che i sovranisti hanno posto. Dando una risposta continentale a dei problemi che Salvini propone di affrontare a livello esclusivamente nazionale. Primo, l’immigrazione. Secondo, la crescita economica. Terzo, la sovranità. Non quella italiana, quella europea. Il vero governo di discontinuità non è l’esecutivo che chiederà la fiducia lunedì alla Camera dei deputati italiani, come vorrebbe il capo del partito democratico Nicola Zingaretti. Può essere solo quello che presenterà ai cittadini europei Ursula von der Leyen martedì, il giorno in cui farà sapere i nomi delle persone che ha scelto per la nuova Commissione europea. Se la svolta non ci sarà, sarà Salvini a realizzarla. E anziché europeizzare l’Italia, il rischio è che sarà l’Europa a italianizzarsi. Un bel guaio.