Rapporto CoopStakanovisti, più poveri e pessimisti. Ecco gli italiani del 2019

Secondo il Rapporto coop 2019 gli italiani lavorano 360 ore in più rispetto ai loro colleghi tedeschi ma guadagnano oltre il 30% in meno. Uno su due si considera ancora parte del ceto medio ma la metà di loro non riesce ad arrivare alla fine del mese

JUAN MABROMATA / AFP

Lavorano 360 ore in più rispetto ai loro colleghi tedeschi ma guadagnano oltre il 30% in meno. Uno su due si considera ancora parte del ceto medio ma la metà di loro non riesce ad arrivare alla fine del mese. Chiedono più licenze d’armi e fanno installare più sistemi d’allarme nelle loro case anche se il numero di reati denunciati è inferiore alla media europea. Sono gli italiani fotografati dal “rapporto Coop-2019”. Il popolo più pessimista d’Europa sul futuro dei figli e il meno ottimista sul futuro dell’Unione europea. La ricchezza delle famiglie italiane è diminuita di nove punti percentuali dall’inizio della crisi economica e per la prima volta dal 2013 consumano di meno rispetto all’anno precedente. Passano meno tempo in cucina e riempiono il carrello di fibre e proteine a scapito di grassi e carboidrati. ma comprano sempre più prodotti green.

Lavoro forzato. Stakanovisti, frustrati e poveri. Gli italiani lavorano come negli altri Paesi mediterranei dell’Est europeo e molto di più del nord Europa. Ma gli stipendi sono i tra i più bassi del Continente in rapporto alle ore lavorate. Il problema è sempre quello: la produttività. Ovvero la capacità di lavorare in modo efficiente. Il lavoro degli italiani è “povero” e per questo molti di loro, di noi, sono insoddisfatti. Il 66% dei part time aspirano al tempo pieno (il 50% in più della Germania) e il 32% dice di non raggiungere un equilibrio fra tempo di vita e tempo di lavoro: dieci punti in più rispetto alla media europea. Ecco perché metà degli italiani che lavorano chiedono una occupazione più flessibile che permetta di rilassarsi di più. Mentre il 38% si sente in colpa per il poco tempo che riesce a dedicare a famiglia e amici. Ma sono poche le aziende che adottano policy di lavoro flessibile. La cultura aziendale è ancora tradizionale. Il telelavoro non decolla: in Italia solo il 3% pensa che sia molto diffuso contro il 32% nel Regno unito.

Classe media dove sei? L’Italia è l’unico grande Paese europeo dove il reddito pro capite non è ritornato ai livelli pre crisi economica. Nove punti percentuali in meno rispetto al 2008. Mentre la media europea è sopra di oltre tre punti. Solo la Spagna fa come noi. Per questo è drammatico il dato della spesa media delle famiglia: – 0.9% al netto dell’inflazione rispetto all’anno scorso. È la prima volta dal 2013. Finora era sempre aumentata anche se di poco. Il divario aumenta a seconda di dove si vive in Italia. Una famiglia lombarda spende in media 3020 euro al mese, una calabrese 1902. Un divario di circa 10mila euro all’anno di consumi mensili tra le famiglie del Nord Ovest e quelle del Sud o delle isole. Eppure un italiano su due se interrogato si definisce ceto medio anche se il 52% dice di arrivare con difficoltà alla fine del mese e il 25% si considera più infelice dei suoi pari grado europei. Un po’ come se non volessero ammettere a loro stessi che non si è più ricchi come un tempo. Ormai gli italiani vogliono comprare casa, ma a prezzi più bassi, vestono vintage, fanno la spesa al discount e scelgono l’utilitaria come auto di famiglia. Non a caso la Panda è l’auto più venduta nel 2018. Il 64% dichiara di spendere solo per il necessario. Gli italiani preferiscono i depositi bancari per alimentare la loro liquidità a discapito di investimenti finanziari. Aumenta il tasso di risparmio delle famiglie; era il 7,8% nel 2017, l’8,1% nel 2018 e già 8,4% nel primo trimestre 2019.

Insicuri armati. I reati sono in calo e inferiori alla media europea, ma solo il 19% degli italiani è convinto di vivere in un posto sicuro. Ecco perché solo nel 2018 sono aumentate del 50% su Google le ricerche da parte degli italiani di “armi per difesa personale”, mentre le licenze per porto d’armi sono cresciute nello stesso arco di tempo di un +13,8%. In 18 anni sono anche cresciuti di oltre il 20% i sistemi di allarme installati nelle abitazioni, Il 17% degli italiani dice di seguire o aver seguito un corso di difesa personale. La percezione ha ormai preso il posto della realtà. I fatti di cronaca nera sempre più presenti in tv e l’agenda politica basata solo sul tema dell’immigrazione ha reso gli italiani più insicuri. Pensano, anzi pensiamo, che gli stranieri in Italia siano tre volte di più rispetto al dato reale. E invece sono solo 5 milioni, l’8,5% dei 55 milioni di italiani. Tradotto: uno straniero ogni 11 italiani. Stando all’indice Nim che registra i sentimenti nazionalistici, anti-immigrati e anti-minoranze religiose surclassiamo tutti gli altri popoli europei avvicinandoci in questo ai popoli del patto di Visegrad come Polonia e Ungheria.

Dimenticate i millennials. I nati tra l’inizio degli anni Ottanta e la metà degli anni Novanta non sono più la novità. Ora sono nati due nuovi soggetti sociali: i perennials e la Generazione Greta

Perennials e “generazione Greta”. Dimenticate i millennials. I nati tra l’inizio degli anni Ottanta e la metà degli anni Novanta non sono più la novità. Ora sono nati due nuovi soggetti sociali: i perennials e la Generazione Greta. I perennials sono gli italiani “senza età”. Over 40 creativi, sicuri di sé, collaborativi e ambientalisti. Il termine lo ha ideato l’imprenditrice Gina Pell per descrivere gli adulti che danno valore al loro tempo libero, si mantengono attivi (89% più in forma dei loro coetanei delle generazioni passate) e sono più “green” dei millennials e il 44% di loro è ottimista. l’Italia è il Paese europeo con più Neet: giovani che non studiano, non lavorano e non stanno imparando nuovi lavori. Ma sta crescendo sempre di più un soggetto sociale ai loro antipodi. Sono i giovani della Generazione Greta: più consapevoli dei rischi climatici e votati alla salvaguardia dell’ambiente. L’82% è disposto a ridurre al minimo gli sprechi e il 70% fa volontariato. Una necessità visto che tre gradi più alti di temperatura previsti entro fine secolo porteranno a una perdita di 23 punti percentuali del Pil pro capite, una marcata concentrazione di ricchezza a favore di alcuni Paesi del Nord) a scapito di quelli dell’emisfero sud.

La spesa degli italiani sempre più green. L’Italia è tra i 5 Paesi più vulnerabili d’Europa e il cambiamento climatico ha già generato effetti importanti; negli ultimi 15 anni nel nostro Paese sono spariti 1 su 3 alberi da frutto, 500 ettari tra Sicilia e Calabria sono già oggi destinati alla coltivazione di frutta esotica, mentre le temperature che si innalzano hanno fatto aumentare la concentrazione di mercurio nei pesci (in 30 anni +27% ad esempio nel tonno). Ecco perché tanti italiani sognano un’abitazione eco-sostenibile (55%), comprano sempre più spesso vestiti (13% oggi e 28% in futuro) e automobili verdi (seppur ancora nicchia ma cresce la vendita di auto ibride +30% e soprattutto elettriche +148%), si rivolgono alla cosmesi green (la sceglie 1 donna su 4 e in appena un anno nel 2018 sono stati oltre 13.000 i prodotti lanciati nel settore con claim legati alla sostenibilità pari a un +14,3% rispetto all’anno precedente). Avere un brand legato alla sostenibilità è in questo momento riconosciuto dai consumatori italiani come un valore aggiunto insieme a pochi altri criteri di riferimento condivisi.

Cosa c’è nel carrello degli italiani. Nove italiani su dieci ammettono di tradire nel carrello della spesa e l’87% abbandona sempre più spesso i programmi di fidelizzazione proposti. I nuovi trend del cibo: veloce, proteico, sostenibile. Ecologisti convinti anche nel cibo dove il 68% ritiene favorevole far pagare un supplemento per i prodotti in plastica monouso così da disincentivarne l’acquisto. Impegnati a rincorrere il lavoro e a gestire la vita personale, gli italiani abbandonano i fornelli di casa a dispetto della passione per la cucina, (in 20 anni abbiamo dimezzato il tempo passato a cucinare ogni giorno e oramai vi dedichiamo appena 37 minuti). Questo ci porta a far crescere la spesa per la ristorazione extradomestica (83 miliardi la spesa per consumi alimentari fuori casa delle famiglie italiane nel 2018) e anche quando mangiamo in casa preferiamo cibi pronti o rapidi da preparare. È boom per il food delivery che è utilizzato oramai dal 26% degli italiani. E anche negli acquisti al supermercato vince l’instant food (+9,3% in un anno) e tra le nuove tendenze approdate giocoforza anche nella grande distribuzione si ritaglia uno spazio preponderante l’offerta di sushi; il 42% degli italiani è un assiduo acquirente. Non è un caso quindi che nel mentre si riduce per la prima volta la spesa per smartphone (-1,6% da gennaio a luglio 2019) esploda il fenomeno delle instant pot, le pentole elettriche (+72,8% le vendite nei primi 7 mesi dell’anno), che promettono successi culinari istantanei. Al primo, secondo piatto della tradizione privilegiamo gli snack (dolci o salati, poco importa, crescono entrambi a doppia cifra), frutta e verdura meglio se già confezionate, le barrette sostitutive dei pasti e tutto ciò che può rappresentare un piatto pronto. Mentre nel bicchiere vincono le tradizionali bollicine (prosecco e spumanti continuano la loro crescita ininterrotta) a fianco del boom birra (sono 7 milioni gli ettolitri di birra bevuti nei primi 6 mesi del 2019) spunta la nuova moda delle acque aromatizzate che dominano (negli ultimi 12 mesi le vendite a valore registrano un +164,7%) a fronte di un calo delle bibite gassate. L’italianità è infatti l’altro tema chiave se si fotografano le ultime tendenze in fatto di cibo e arriva a contare di più persino rispetto al sapore e al prezzo. Il 78% dei consumatori è rassicurato dall’origine 100% italiana e questi prodotti crescono del +4,8% in un anno (2018 su 2017).

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