Cronache dall’impeachmentUn secondo whistleblower inguaia Trump, mentre il presidente accusa i suoi (non si mette bene)

Tredici giorni fa è iniziata la procedura per mettere in stato di accusa il Comandante in capo, crescono i favorevoli, ma i repubblicani sono ancora timidi, tranne Romney. La Casa Bianca risponde su Twitter, alimentando le dietrologie e scaricando sui suoi ministri

NICHOLAS KAMM / AFP

La procedura che potrebbe portare all’impeachment di Donald J. Trump è iniziata da appena tredici giorni – il 24 settembre, con l’annuncio di Nancy Pelosi, speaker of the House – e già non c’è giorno senza almeno tre notizie esplosive, alle quali vanno aggiunte i tweet di Trump che ormai viaggia con una media di venti al giorno. Nel mettere ordine nel mare di informazioni a disposizione occorre intanto sottolineare una cosa: il lavoro d’indagine che la stampa americana sta facendo – New York Times e Washington Post in testa, ma anche Politico, Axios, persino Buzzfeed – ha dell’incredibile.

Le ultime 72 ore

L’affondo di Biden

Con un op-ed pubblicato sul Washington Post, il candidato democratico Joe Biden va all’attacco di Trump, dopo una settimana in cui il Presidente ha chiesto alla Cina e ad altre potenze straniere di indagare il suo rivale. «Trump è corrotto e bugiardo», è la sintesi di Biden. «Sta usando il potere della presidenza per suo vantaggio personale. È inadatto al ruolo». Nel finale si rivolge direttamente a lui: «Non vado da nessuna parte. Non distruggerai né me né la mia famiglia. E a novembre 2020 ti batterò come un tamburo».

Whistleblower numero due (e tre, quattro, cinque)

Mark Zaid, l’avvocato che rappresenta il primo whistleblower, conferma a ABCNews l’esistenza di un secondo accusatore di Trump, come aveva anticipato il NY Times. Questo secondo testimone, secondo l’avvocato, ha informazioni dirette rispetto alla famosa telefonata del 25 luglio tra Trump e il presidente ucraino Volodymr Zelensky, quella nella quale Trump fece pressioni sull’ucraino affinché aprisse un’indagine contro Joe Biden, possibile avversario per il 2020, e contro suo figlio Hunter.

Avanti il primo

Il primo testimone nell’ambito dell’inchiesta per l’impeachment è stato ascoltato giovedì: si tratta di Kurt Volker, ex inviato della Casa Bianca in Ucraina (si è dimesso il 27 settembre). Davanti ai membri della tre commissioni che si occupano di portare avanti l’impeachment rivela una serie di messaggi di testo tra lui, Bill Taylor, diplomatico americano in Ucraina, e Gordon D. Sondland, ambasciatore del presidente Trump presso l’Unione europea. Uno di questi messaggi dice: «Penso sia folle trattenere l’aiuto militare per un aiuto a una campagna politica». L’aiuto militare di cui parlano è quello che gli Usa hanno promesso all’Ucraina e che l’Amministrazione Trump ha bloccato a maggio. L’aiuto alla campagna è quello chiesto da Trump a Zelensky. Il famoso quid pro quo.

Cina, se stai ascoltando…

Venerdì Trump ha chiesto pubblicamente alla Cina di indagare su Joe Biden, cioè ha chiesto di nuovo a una potenza straniera di intromettersi nelle elezioni americane per favorirlo. Trump ripete pubblicamente, alla luce del sole, lo stesso comportamento per il quale è sotto procedura di impeachment. La strategia è chiara ed è tipicamente trumpiana: pensare che commettere un reato alla luce del sole, quasi vantandosene, lo renda meno reato. A questo proposito vale la pena di ricordare che chiedere aiuto di qualsiasi tipo a una potenza straniera è contro la legge americana. La presidente della commissione elettorale federale, Ellen Weintraub, è stata costretta a ribadirlo: «È illegale per chiunque sollecitare, accettare o ricevere qualcosa di valore da un cittadino straniero in relazione a un’elezione americana».

Ci va di mezzo anche Pence

Dopo aver citato in giudizio l’avvocato privato di Trump, Rudy Giuliani, venerdì i membri delle tre commissioni che indagano sull’impeachment hanno citato in giudizio anche la Casa Bianca e il vicepresidente Mike Pence, al quale viene richiesto di produrre una vasta serie di documenti per comprendere meglio gli sforzi del presidente Trump per fare pressioni sull’Ucraina affinché indagasse sui suoi rivali politici.

Non sono stato io!

Sabato sera: Axios riporta la notizia che Trump durante una conference call con i membri repubblicani della Camera avrebbe detto che lui la famosa telefonata a Zelensky non la voleva neanche fare e che è stato Rick Perry, Segretario all’energia, a convincerlo. Tutto questo dopo aver sostenuto per giorni che la telefonata era «perfetta, perfetta». Nota Axios: ma se era così perfetta, perché ora se ne vuole distanziare?

Insulti a Mitt Romney

Il senatore repubblicano ha definito la telefonata di Trump con il presidente ucraino sbagliata a spaventosa. Trump sabato sera si è vendicato twittandogli una serie di insulti tra cui “pompous ass” e lanciando l’hashtag #impeachmittromney.

Opinioni

Andrew Sullivan sul New York Magazine ha cercato di capire perché Trump, invitando la Cina a indagare su Biden, abbia infranto la legge così platealmente: «Il narcisismo patologico di Trump prevale sulla realtà minuto per minuto e per questo motivo l’idea stessa dello stato di diritto, che non fa distinzione tra i geni veramente stabili e tutti gli altri, per Trump è impossibile da capire». Narcisismo che però non è una giustificazione: «Ma il narcisismo non è una difesa. Neanche la mania delirante e la paranoia sono difese. Questo è un assalto aperto all’integrità delle elezioni statunitensi e allo stato di diritto da parte del presidente stesso».

Anche Roger Cohen sul NYT parla di un Presidente instabile che barcolla sotto la pressione dell’indagine per impeachment «in una forma di follia che è o un suicidio molto pubblico o uno strano colpo di genio per la sopravvivenza». Cohen fa anche una riflessione in previsione elettorale: più Trump si fa vedere matto, più c’è il rischio che le donne bianche della classe operaia e le casalinghe di periferia che lo hanno votato in massa nel 2016 lo abbandonino. «Lo squilibrio non è esattamente cosa per loro», scrive.

George Conway, marito di Kellyanne, tra i più fedeli consiglieri di Trump (sì, quei due sono una coppia strana), sull’Atlantic parla senza mezzi termini di malattia mentale, di disturbo narcisistico della personalità e di psicopatia, cosa che renderebbe Trump “unfit”, inadatto, e per il quale occorrerebbe invocare il venticinquesimo emendamento della Costituzione, quello che permette di rimuovere un Presidente non più in grado di svolgere le funzioni che il ruolo gli chiede. «Le caratteristiche comportamentali radicate ed estreme di Trump gli rendono impossibile svolgere i compiti della presidenza nel modo richiesto dalla Costituzione. Mentre svolge le sue funzioni ufficiali, un presidente deve mettere al primo posto il Paese, non se stesso; deve seguire fedelmente e far rispettare la legge; e deve agire con la massima cura nel fare tutto ciò».

Intanto i Repubblicani

A oggi nessun repubblicano si è detto favorevole all’impeachment. Una manciata è però preoccupata dai comportamenti più recenti del Presidente. Sono: Mark Amodei del Nevada, Fred Upton del Michigan, Will Hurd del Texas, Adam Kinzinger dell’Illinois, la senatrice Susan Collins del Maine. Il più critico finora è stato il senatore Mitt Romney, dello Utah, che infatti è finito vittima dei tweet di Trump.

Dare i numeri

Negli ultimi due mesi la percentuale di americani che crede che il Congresso debba mettere Trump sotto impeachment è passata dal 35% al 44% (sondaggio Economist/YouGov).

Nel sondaggio di Morning Consult/Politico i favorevoli sono il 43% (saliti dal 36%)

Sondaggio HuffPost/YouGov: 43% favorevoli, 41% no

CNN: 47% favorevole all’impeachment

NPR/PBS News Hour/Marist Poll: 49% approvano l’avvio dell’indagine

CBS/YouGov: 55% favorevoli, 45% no

Sì, ma com’è che era iniziato il tutto?

Martedì 24 settembre 2019. La data ufficiale in cui inizia la strada he potrebbe portare all’impeachment di Donald Trump. È in quel giorno che Nancy Pelosi, Speaker of the House, rompe gli indugi e fa partire l’indagine. Il fattore scatenante è un rapporto – un complaint – scritto da un whistleblower in cui si racconta di una telefonata risalente al 25 luglio tra Trump e il presidente ucraino Volodymr Zelensky. Durante questa telefonata Trump fa pressione sul Presidente Ucraino affinché apra un’indagine contro Joe Biden, ex Vice di Obama, candidato democratico e al momento in testa ai sondaggi, e contro suo figlio Hunter.

Il 25 settembre, sotto pressione della stampa, della Camera e dell’opinione pubblica, la Casa Bianca rende pubblica parte della trascrizione della telefonata in questione. In questa si legge Trump dire a Zelensky: “I would like you to do us a favor though”. I favori in realtà sono due: indagare la teoria secondo cui ad hackerare il server della DNC Democratic National Committee e quindi a interferire con le elezioni del 2016 sia stata l’Ucraina e non la Russia (come invece sostiene il rapporto Mueller) e indagare Joe Biden e Hunter Biden per corruzione, dal momento che nel 2014 Biden padre era vice di Obama e come vicepresidente si occupava di Ucraina e il figlio era nel consiglio di amministrazione di una società di gas ucraina.

I crimini di cui Trump potrebbe essere accusato alla fine della fase di indagine sono quindi due. Il primo è abuso d’ufficio: Trump usa il potere che gli deriva dall’essere Presidente degli Stati Uniti per colpire un avversario politico. Il secondo è la violazione della legge che non permette ai politici americani di accettare alcun tipo di aiuto da potenze straniere. A questi potrebbe aggiungersi il reato di ostruzione della giustizia, nel caso l’Amministrazione si rifiuti di consegnare i documenti richiesti e di mandare i suoi a testimoniare.

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