Questo governo grottesco, il Conte 2, è nato esplicitamente per non consegnare i pieni poteri a Matteo Salvini e per evitare il fallimento del paese cui ci stavano portando i due spread-dipendenti Salvini e Di Maio. Fermare l’aumento dell’Iva e ridurre il numero dei parlamentari erano solo giustificazioni banali per dare una parvenza di programma a una nuova maggioranza di governo creatasi, come la precedente, non nelle urne ma in Parlamento, cioè dove si formano le maggioranze di governo secondo il dettato della Costituzione della Repubblica italiana che nonostante la disintermediazione e tutto il resto è ancora cogente rispetto alle pagliacciate del sacro blog di Grillo e del sacro prato di Pontida.
Per le motivazioni governative dei Cinque stelle vale un ragionamento a parte: quando c’è da occupare posti di potere a patto di non esercitarlo, di restare sdraiati sul divano, di bloccare tutto e di accelerare il declino, ma semplicemente per assicurarsi una specie di reddito di pigranza istituzionale, be’, loro ci sono sempre.
Per le forze politiche costituzionali, Pd, renziani e sinistra-sinistra, c’era quindi una doppia motivazione emergenziale per far nascere il governo Conte 2, risparmiarci sia la spallata salviniana sia il default italiano, ma anche un non detto che dava perfino un briciolo di nobiltà alla necessaria quanto spregiudicata operazione parlamentare. Il non detto era quello di provare a esercitare un’egemonia politica sugli stravaganti Cinque Stelle se non proprio come era riuscita a Salvini durante il Conte 1, ma diciamo paragonabile.
Sappiamo come è andata: l’Italia è stata temporaneamente salvata da plenipotenziari e antieuristi; l’aumento dell’Iva è stato evitato e i parlamentari sono stati tagliati, anche se ora c’è il paracadute del referendum; ma per il resto il Conte 2 con la sinistra è identico al Conte 1 con la destra, non solo per il ruolo non protagonista del premier ma anche per i decreti sicurezza, i decreti dignità, i decreti onestà, la spazzacorrotti, la fine della prescrizione, l’Ilva, l’Alitalia, l’ambiguità sulla Cina, il non decidere su Privacy e Agcom, la Rai sempre presieduta da Marcello Foa, i tg sovranisti, le aperture ad Assad, il girarsi dall’altra parte su Lannutti, la quota cento, il cosiddetto reddito di cittadinanza (che, qualunque cosa si pensi sul tema, va sottolineato che non è un reddito di cittadinanza ma un sussidio alla povertà come molti altri, solo complicato da un sistema comico di app, navigator e altre stronzate made in Mississippi).
Non solo il Pd non è riuscito a esercitare alcuna egemonia intellettuale sul governo, ma non si è vista nemmeno l’attesa discontinuità. Le ragioni possono essere diverse, ma le restringerei a due: il Pd non ha provato nemmeno a condizionare i Cinque Stelle per tenerseli buoni in vista del vero obiettivo che è quello di un’alleanza strategica con i grillini alle prossime elezioni oppure, seconda ipotesi formulata in termini rigorosamente politologici, perché è guidato da pippe ar sugo.
Qualunque sia la spiegazione, non ha funzionato. Qualunque sia la motivazione della sconfortante fase attuale, il destino di questo governo può essere ancora cambiato, l’indolenza è una precisa scelta politica, non un’inesorabile fatalità. Non è scritto da nessuna parte che il Pd debba tirare a campare in attesa di essere piallato da Salvini alle prossime elezioni. Si può anche fare politica, oltre che popolare i talk show. Paradossalmente questo governo strampalato potrebbe ancora fare qualcosa di decente, nonostante Conte, attivarsi per far ripartire il paese, proporre non dico una visione ma perlomeno una o due o tre iniziative concrete sui temi fiscali o della crescita o dei diritti per riavviare il motore e farci uscire da uno stato di apatia che ricorda da vicino la tensione intellettuale di Toninelli.
Matteo Renzi ha proposto lo shock sulle infrastrutture, investimenti miliardari per far ripartire i cantieri e modernizzare il paese. Il Pd meno di niente, fedele alla funzione di servizio interinale che fornisce in somministrazione un personale dignitoso alle istituzioni repubblicane. Eppure potrebbe ancora riprendere in mano il pallino del gioco, dare un senso all’esperienza di governo e strappare ai populisti l’egemonia inculturale di questi anni. Basta volerlo. Forza.