A guardare i dati, c’è da sorridere. Secondo l’indagine Nielsen per l’Associazione Italiana Editori (AIE), in Italia si comrano più libri. Almeno, nei primi 11 mesi del 2019, si è registrato un aumento del 3,7% della varia (cioè esclusi i testi scolastici e universitari) rispetto al 2018. Cresce il valore, che arriva a 1,1 miliardi di euro, e – cosa che non accadeva da anni – aumenta anche il numero di copie vendute, cioè 77,4 milioni.
Se si guarda nel dettaglio, poi, si nota che nel settore della piccola e media editoria i dati sono ancora più incoraggianti: la crescita è al 6% (il doppio della media del totale), e il peso sul totale del mercato è al 45,9% (nel 2018 era al 45%, poco meno).
Si vede anche che, tra i generi preferiti, figura al primo posto la non fiction specialistica (il 19,6% delle vendite, cioè due copie su 10), seguita subito dopo dalla fiction straniera (18,4%) e la saggistica (17,3%).
Secondo le analisi avanzate a Più libri più liberi, la rassegna romana della piccola e media editoria dove sono stati presentati questi dati, è giusto essere ottimisti, ma con le pinze. Il mercato librario nazionale è pur sempre ristretto. A vendere più di 100mila copie, nel 2019, sono stati solo quattro titoli. Nel 2018 erano due, ma poco cambia. Il grande corpaccione delle case editrici è sotto le 10mila. Nel comparto della piccola e media editoria la musica cambia poco: anche se cresce, il 91% dei titoli non arriva a vendere più di 100 copie.
Il trend positivo, però, ha diverse spiegazioni. La principale si chiama Amazon. Secondo Carlo Gallucci, di Gallucci editore, «è questo il contributo principale: l’uso di comprare titoli in rete aumenta e deforma le statistiche». Lo conferma Bruno Mari di Giunti: «Secondo i miei calcoli il contributo di Amazon pesa per l’80% dell’incremento», spiega. E forse, nonostante i danni causati ai librai, gli editori (soprattutto i piccoli) cominciano a non vedere più uno spauracchio nel gigante americano.
A contribuire alla crescita del settore della piccola e media editoria, comunque, sono intervenuti anche altri fattori. Sempre Mari di Giunti lo mette in relazione con il calo dei grandi player del mercato. «Negli ultimi anni hanno perso nove punti loro, hanno preso nove punti i piccoli». Colpa delle continue fusioni, «che senza dubbio aumentano l’efficienza e migliorano la macchina ma – come sanno tutti quelli che leggono un manuale – fanno perdere quote di mercato».
Oltre a questo, ci sarebbe anche un cambiamento dei gusti dei lettori, nuovi abitudini e stili – più vari, più vivaci – che sarebbero difficili da intercettare per le grandi case editrici. Quelle piccole, spiegano, vista la loro specializzazione nella nicchia, sarebbero, di volta in volta, più preparate ad accogliere e soddisfare queste richieste.