Ci siamo, è il suo momentoMomento di luce nel buio: così il mondo riscopre la pittura di Mario Schifano

Le case d’asta hanno iniziato a ripercorrere l’arte, finora snobbata, del personaggio che fu centrale nella pop art italiana ed europea. Un pittore tormentato, ma anche da molti considerato il più importante e talentuoso del secondo dopoguerra

Foto da Facebook

Questa potrebbe davvero essere la volta buona. I recenti risultati d’asta, tra Sotheby’s Milano e Farsetti Prato, hanno confermato l’andamento molto positivo del mercato di Mario Schifano. Attenzione però: solo gli anni ’60 incontrano il favore di collezionisti e investitori italiani e stranieri. Quel decennio, infatti, è considerato il (solo?) periodo d’oro di un artista che in molti ritengono il pittore italiano più importante e talentuoso del secondo dopoguerra. A lui si può ancora applicare quel vecchio stereotipo di “genio e sregolatezza”, un’incredibile facilità di dipingere compromessa a tratti da una biografia rovinosa, dalla tendenza a dissiparlo, questo talento, in tanti compromessi, causati il più delle volte da uno spasmodico bisogno di denaro.

Eppure anche negli anni ’70, quando i problemi di salute e di droga incisero molto sulla qualità pittorica di Schifano, si possono trovare bellissimi momenti di luce, qualche quadro riuscito e intenso che continua a costare poco. Opere pallide, anemiche, incerte che rispecchiavano i suoi momenti no, ma la zampata del Puma (così lo chiamavano) era pur sempre in agguato. Dagli anni ’80 in poi Schifano ritrova il colore e la potenza delle immagini, si sposa, nasce il figlio Marco, insomma attraversa un periodo che, lungi dal non essere ancora pienamente riabilitato per via di un numero esagerato di lavori buttati sul mercato, lo rivede di nuovo potente e in forma. Ripulito dalle troppe “marchette” e dai falsi, non ne trascurerei l’ultima fase, scegliendo però tra i quadri belli.

È stato un lavoro lungo imporre all’attenzione del mercato internazionale un artista così riconosciuto in patria e sottovalutato all’estero

Tornando agli anni ’60, i prezzi delle ultime aste sono saliti a livello ragguardevole. Oltre 400 mila euro per il Particolare di deserto, una “palma” del 1966; 300 mila per il polimaterico Vittoria sul sole per Kasimir Malevic del 1966 e 270 mila per la “Coca Cola” intitolata Ai pittori d’insegne. Costose anche le carte, tra i 30 e i 50 mila euro. Il mercato, insomma, sta rastrellando i famosi anni ’60, dai primi Monocromi (pressoché introvabili quelli “giusti”, ormai sul milione di euro) al Futurismo rivisitato, Compagni compagni, Tutte stelle, fino ai Paesaggi TV che chiudono il decennio, quando da pittore rivoluzionario Schifano si ritroverà poco ispirato e spesso superfluo.

È stato un lavoro lungo imporre all’attenzione del mercato internazionale un artista così riconosciuto in patria e sottovalutato all’estero. Poco più di dieci anni fa curai una sua mostra da Sperone Westwater a New York: il pubblico americano non lo conosceva e accorrevano solo i collezionisti italiani. Di recente se ne sono visti nel magazzino della sede romana di Gagosian; se ci arriva lui vuol dire che è imminente qualche speculazione, ma il “botto” definitivo non era ancora arrivato.

Ora, parrebbe, ci siamo. Schifano – di cui è in preparazione una grande mostra alla Fondazione Marconi di Milano (Giorgio Marconi è stato il suo primo gallerista importante, che ha conservato i dipinti migliori fino al 1970, costretto a gettare la spugna per il carattere impossibile dell’artista) – nel 2020 arriverà a costare quanto un componente dell’Arte Povera, il che significa aver scollinato nel mercato internazionale.

Chissà se questo nuovo boom si trascinerà dietro anche gli altri protagonisti della Scuola Romana, Franco Angeli, Tano Festa, e ancora Mario Ceroli, Renato Mambor, Titina Maselli tra questi, che rappresentano il tempo migliore nell’Italia del ‘900. Di solito un fenomeno provoca una scia. E qui si parla di prezzi ancora molto appetibili.

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