Per non perdere la priorità acquisita (4.continua)I taxi che funzionano? Berlino, Londra, Parigi. Tre modelli per Milano

Le tre metropoli europee sono esempi di come il settore possa lavorare meglio. Precisa Gabriele Grea, docente all’Università Bocconi di Milano, che nonostante i mercati siano tra loro diversi, in queste città il rilascio delle licenze è flessibile

Milano, Archi di Porta Nuova on flickr

Guardando alle altre metropoli europee – Berlino, Londra, Parigi – ci si rende facilmente conto che il settore dei taxi può funzionare meglio. Cosa che non succede a Milano (vedi articolo). Anche se, come precisa Gabriele Grea, docente della mobilità all’Università Bocconi, non è possibile fare in toto un confronto tra queste città, «dal momento che in Europa il modo in cui viene regolamentato il settore non è omogeneo. «In ogni contesto, i taxi rispondono a una serie di oneri di servizio pubblico. Rappresentano un servizio pubblico. Per questo motivo sono sottoposti a controlli e funzionano sempre mediante il rilascio di una regolare licenza».

A cambiare talvolta è il valore delle licenze: per esempio, nella capitale britannica, chi aspira a diventare un tassista, dopo avere sostenuto un esame che lo abilita al servizio, può ottenere la licenza spendendo solo 40 euro. «Ciò che davvero differenzia le grandi città europee è soprattutto il meccanismo con cui viene valutato il fabbisogno di taxi e il rilascio delle licenze», continua Grea. Che racconta come ci sono metropoli dove il numero delle auto pubbliche è proporzionato a quello di abitanti. «Di conseguenza sono sicuramente di piú rispetto a Milano».

Mentre in Italia il tassista è essenzialmente un piccolo imprenditore, un libero professionista, in altri contesti, come quello tedesco o, in parte, francese sono attecchite piccole o medie imprese che gestiscono le licenze

Sempre secondo Grea, mentre in Italia il tassista è essenzialmente un piccolo imprenditore, un libero professionista, in altri contesti, come quello tedesco o, in parte, francese sono attecchite piccole o medie imprese che gestiscono le licenze. E quindi una parte del servizio. «I tassisti sono dei dipendenti che lavorano al servizio delle aziende ed è normale che l’evoluzione del numero delle licenze sia flessibile, perché ogni volta non ci si scontra con l’esigenza di tanti piccoli imprenditori, i quali non hanno la possibilità di incrementare immediatamente la propria quota di mercato».

Nello studio commissionato dalla Dg Move della Commissione europea che si occupa di trasporto e mobilità si parla, come chiarisce Grea, di «contesti più industrializzati dove per la loro struttura le licenze vengono viste dai tassisti come uno strumento utile per espandere il proprio business. Questo spiega perché ci sia meno reticenza ai periodici adattamenti dell’offerta alla domanda». Domanda che il professore precisa essere anche solo quella «potenziale». A cui, secondo il docente, se si guarda oggi a Milano non si è mai pensato.

Anche in Francia, a Parigi, il mercato ha subíto notevoli cambiamenti. Nel 2009 è iniziato un processo di liberalizzazione piú marcato

Se a Berlino non esiste un limite alle concessioni – ci sono 7200 taxi alle dipendenze di 3300 diverse società – e secondo anche quanto emerge dalla ricerca commissionata dalla Commissione europea in Germania il settore dimostra una notevole dinamicità, anche in Francia, a Parigi, il mercato ha subíto notevoli cambiamenti. Nel 2009 è iniziato un processo di liberalizzazione piú marcato, con cui Ncc e taxi sono stati riorganizzati e che ha contribuito non solo ad aprire il mercato a nuovi operatori, ma anche a rendere il servizio maggiormente competitivo. Nella capitale francese i tassisti possono scegliere, dopo una formazione piuttosto lunga, se diventare un dipendente di un’azienda o se mettersi in proprio.

Il professore conferma che a Milano il settore ha bisogno di un intervento. E parlando di liberalizzazione del settore, Grea precisa che essa può essere una risposta nel lungo periodo. «Oggi i servizi di trasporto con passeggeri si confrontano con fenomeni come la digitalizzazione, che possono confermare che il meccanismo delle licenze non può rimanere immutato per sempre, ma che si può rispondere in modo dinamico alle nuove esigenze degli utenti». «Ma – precisa – tenendo conto delle risorse e mettendo a punto degli strumenti, per esempio ammortizzatori per sostenere gli investimenti che sono stati fatti dai tassisti con l’acquisto della licenza, affinché il settore non rischi di diventare discriminatorio».

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