George Orwell, come si sarebbe schierato sulla Brexit? Eric Arthur Blair, nato nel 25 giugno 1903 a Motihari nell’attuale Stato indiano del Bihar e divenuto famoso con lo pseudonimo letterario di George Orwell, dopo aver consegnato alla storia due capolavori come La fattoria degli animali e 1984 morì il 21 gennaio del 1950. Che i 70 anni dalla sua dipartita vengano proprio nell’anno in cui il Regno Unito esce dall’Unione Europea rende la domanda intrigante.
Sicuramente, ci sono molti elementi che possono far intravedere in lui un potenziale Leaver. In 1984, per dirne una, è indicato come simbolo dell’involuzione totalitaria di cui la società è stata vittima il fatto che la tradizionale pinta sia stata sostituita dal litro europeo. Più in generale, un libro come The Lion and the Unicorn: Socialism and the English Genius è ricco di esaltazioni del modo di essere britannico. La morale del libro, in sintesi, è che il futuro sarà socialista ma questo socialismo o sarà inculturato nelle idiosincrasie nazionali o non sarà. In Politics and the English Language, Orwell fece inoltre un’appassionata difesa della purezza dell’inglese, secondo lui messo in pericolo per l’irruzione di termini di origine straniera veicolati essenzialmente dal marxismo. Ed è pure corrente definire “orwelliano” alla 1984 un certo tipo di dirigismo burocratico attribuito all’Unione Europea.
D’altra parte, però, Orwell era pure uno che dopo essere nato nell’Impero da una famiglia dedita al servizio dell’Impero e dopo essersi arruolato come ufficiale della polizia coloniale in Birmania aveva deciso di dare le dimissioni al costo di ritrovarsi a fare il barbone, pur di non dover più essere “complice” dell’oppressione coloniale. Insomma, è probabile che anche un certo tipo di toni alla Rule Britannia di Nigel Farage gli avrebbero dato ai nervi.
Peraltro, non c’è neanche del tutto accordo perfino sul fatto se Orwell fosse di destra o di sinistra. Nel 2012 alcuni giornalisti della Bbc fecero una colletta di 60.000 sterline per realizzare una statua a lui dedicata nella piazza della nuova Broadcasting House della emittente dove aveva lavorato tra 1941 e 1943. È vero che, secondo i maligni, sarebbe stata la Bbc il modello del Ministero della Verità: la terribile macchina di propaganda totalitaria per cui lavora Winston Smith in 1984. Perfino la famigerata Stanza 101 del Ministero dell’Amore, il luogo dove ognuno è atteso dalla tortura più terribile che possa immaginare, sarebbe ispirata al luogo dove si tenevano le riunioni di redazione…
Non per questa ragione, però, il direttore della Bbc Mark Thompson rifiutò l’idea. Secondo quanto raccontò la Baronessa Joan Bakewell, membro laburista della Camera dei Lord dopo essere stata a sua volta una famosa giornalista della Bbc, avrebbe semplicemente sbottato: «O no, Joan, non ne abbiamo la possibilità. È un’idea troppo di estrema sinistra».
Effettivamente, la statua del “più grande giornalista dei suoi tempi” era stata commissionata da un George Orwell Memorial Trust al cui vertice c’era il laburista Ben Whitaker. Ma quando il Daily Telegraph raccontò la storia a arrabbiarsi di più furono proprio vari opinionisti e leader targati a destra, che insorsero contro questo “abbandono di Orwell alla sinistra”. La stessa Bbc sul tema “George Orwell – left or right” a quel punto arrangiò un breve dibattito tra D.J. Taylor e Tony Wright, le cui conclusioni potrebbe essere tranquillamente trasposte al dilemma “George Orwell-leaver or remainer”.
Taylor era un biografo di Orwell. Wright un ex-deputato laburista e professore di Governo e Politica Pubblica all’University College di Londra. Va ricordato che il titolo stesso del dibattito citava quello di un saggio pubblicato da Orwell nel 1940, e in cui spiegava il perché dopo aver militato nel pacifista Independent Labour Party ed aver anche scritto il romanzo pacifista Una boccata d’aria si era convertito all’idea della guerra contro Hitler. “Per parecchi anni la guerra imminente ha rappresentato per me un incubo, e a volte ho perfino tenuto dei discorsi e scritto degli opuscoli contro di essa. Ma la notte prima dell’annuncio del patto russo-tedesco, sognai che la guerra era cominciata. Fu uno di quei sogni che, qualsiasi sia il loro profondo significato freudiano, rivelano talvolta il reale stato dei vostri sentimenti. Esso mi rivelò due cose; primo che sarei stato semplicemente sollevato quando la guerra a lungo temuta fosse cominciata, e secondo, che in cuor mio ero patriottico, non avrei sabotato il mio Paese o agito contro di esso, avrei appoggiato la guerra e combattuto in essa se possibile. Quando scesi vidi sul giornale la notizia del volo di Ribbentropp a Mosca. La guerra stava pertanto avvicinandosi e il governo, perfino un governo come quello Chamberlain, potè essere certo della mia lealtà”.
My Country Right or Left era il titolo: gioco di parole col noto motto patriottico My Country Right or Wrong, che diventa da “col mio Paese, abbia esso ragione o torto”, a “col mio Paese, sia esso governato dalla Destra o dalla Sinistra”.
“George Orwell era un uomo della Sinistra”, spiegò Wright. “Ma alcune delle sue critiche più caustiche le ha riservate agli intellettuali di Sinistra”. E ancora: “fu un radicale e un socialista, ma allo stesso tempo fu anche profondamente conservatore. Ed è questa la ragione per cui appare così universale”. L’analisi di Wright è in pratica che Orwell non era guidato da un’analisi di tipo marxista o socialista in senso stretto, ma da un acuto senso morale vecchio stampo che lo portava a odiare le cose “indecenti”. “Odiava l’imperialismo perché non era decente, odiava la povertà e l’ingiustizia perché non erano decenti”. Quanto a Taylor, disse che il rifiuto alla sua statua “lo avrebbe divertito immensamente”. “Non c’è dubbio che La Fattoria degli Animali e 1984 furono usati dalla Destra europea come un bastone contro le Sinistre”, aggiunse. “Ma Orwell era anche a favore di un governo rivoluzionario che entro 100 giorni abolisse la Camera dei Lord e le Public Schools”. La miglior approssimazione alla realtà secondo il biografo sarebbe dunque dire che Orwell era “conservatore sotto ogni aspetto, eccetto la politica”.
In effetti era stato lo stesso Orwell in un certo periodo della sua vita a definirsi “a tory anarchist”: una autodefinizione che ricorda quella dell’”anarchico di destra”, cara a un altro famoso bastian contrario come Indro Montanelli. Tuttavia va ricordato che questa etichetta la usò solo tra 1927 e 1934. Nel 1936 aderì poi all’Independent Labour Party (Ilp), un partitino che criticava i laburisti da sinistra ma senza confondersi con i comunisti. Con un reparto dell’Ilp collegato al semi-trotzkysta Partido Obrero de Unificacción Marxista (Poum) Orwell era dunque andato a combattere tra le file repubblicane nella Guerra Civile Spagnola, trovandosi però colpito dalle purghe che su ordine di Stalin i comunisti spagnoli avevano scatenato. Tornato in Inghilterra, Orwell aveva dunque aderito nel 1938 formalmente all’Ilp, sposandone la posizione a un tempo anti-stalinista, anti-fascista e pacifista, e difendendola anche in un opuscolo.
“Per alcuni degli ultimi anni ho cercato di fare in modo che la classe capitalista mi pagasse un po’ di sterline alla settimana per scrivere libri contro il capitalismo. Ma ormai non nascondo a me stesso che questo stato di cose è durato fin troppo”, scrisse. “Il solo regime che, nel lungo termine, può permettersi di garantire la libertà di espressione è un regime socialista. Se il fascismo trionfa io sarei finito come scrittore – il che equivale a dire, finito nell’unica cosa che so fare. Ciò è abbastanza per farmi aderire a un partito socialista”. E “l’Ilp è il solo partito inglese – in ogni caso il solo abbastanza grande da meritare considerazione – che tende a qualcosa che io considereri come socialismo. Non intendo dire che ho perso tutta la fiducia nel partito laburista – la mia speranza più sincera è che il partito laburista ottenga una netta maggioranza alle prossime elezioni politiche. Ma conosciamo la storia del partito laburista, e conosciamo la terribile tentazione del momento attuale – la tentazione di buttare a mare ogni principio per prepararsi a una guerra imperialista. È di importanza vitale che esista un’associazione di cui essere certi che, anche di fronte alla persecuzione, non comprometterà i propri principi socialisti. Io credo che l’Ilp sia il solo partito che, come partito, con ogni probabilità prenderà la posizione giusta contro la guerra imperialista o contro il fascismo, quando esso si mostrerà nella sua veste britannica”.
Già l’anno dopo, peraltro, il già citato Una boccata d’aria rivela che questo pacifismo stava per prendere il sopravvento sull’antifascismo, fino a degenerare in una sorta di qualunquismo. Ma d’altro canto l’immaginaria autobiografia di un rappresentante di assicurazioni tormentato da una vita grigia e da una moglie querula che rimpiange i tempi dell’infanzia sfuma anche l’anticapitalismo in una elegia della vecchia Inghilterra rurale che appunto un po’ è conservatrice, un po’ ecologista ante litteram, e un po’ evoca quella campagna che ha votato Brexit.
E poi, come si è ricordato, c’è la conversione alla guerra, che lo porta a rompere con l’Ilp. Ma un po’ ogni titolo della bibliografia che Orwell cercava di arricchire al ritmo di almeno un titolo all’anno indica una qualche evoluzione ideologica. Senza un soldo a Parigi e a Londra, ad esempio, del 1933, è cronaca di un personale mescolarsi come barboni e sbandati che però non sono affatto un proletariato in senso socialista, e che rappresenta appunto una denuncia della povertà ancora di tipo ottocentesco. Letto oggi, il titolo suggerirebbe anche che comunque per Orwell un qualche aggancio on l’Europa per l’Inghilterra era necessario, Fosse solo per parlare di clochard e emarginati.
Nel 1934 Giorni birmani, storia di un inglese in Birmania a disagio con la vita coloniale, testimonia del disgusto che lo aveva portato a dare le dimissioni da ufficiale della polizia coloniale, per diventare un barbone alla ricerca della gloria letteraria. Appunto, una cosa piuttosto anti-Farage.
La Figlia del Reverendo, del 1935, attraverso la vicenda della figlia di un ecclesiastico anglicano che perde la memoria testimonia ancora della vita di vagabondi e marginali. Ma c’è anche una peculiare difesa della Chiesa Anglicana contro l’estremismo religioso dei non conformisti, quando si mostra il moralismo bigotto dei genitori di gran parte delle ragazze della scuola dove la protagonista si è trovata a insegnare che le impedisce di far recitare Shakespeare alle ragazze perché dice sconcezze. Tale appare infatti ai fanatici una frase come il “non partorito da donna” del Macbeth. Né manca un’altra recita in cui si rivela una simpatia abbastanza reazionaria per Carlo II contro Cromwell. Leaver? Fiorirà l’aspidistra, del 1936, nel mostrare un poeta anarcoide che infine accetta un impiego e una famiglia borghese sembra però il definitivo superamento della dimensione anarco-pauperista. Potrebbe essere intesa sia in senso marxiano, che come recupero di valori più tradizionali. Oggi: come avvertimento ai Leavers, che rischiano con le loro fissazioni di scassare l’economia.
La strada di Wigan Pier, del 1937, è finalmente un’inchiesta tra proletari canonici, che gli varrà l’approvazione dei comunisti doc, di cui parla con una certa simpatia. Ma Omaggio alla Catalogna, resoconto del 1938 sulle sue disavventure spagnole, segna l’inizio del violento anticomunismo di Orwell, che però attacca il modello sovietico da sinistra. Dopo Una boccata d’aria, la rottura con l’Ilp porta alla nuova autodefinizione di Socialista democratico con la d minuscola, apposta per non identificarlo più con nessun partito. “Ogni riga di ogni lavoro serio che ho scritto dal 1936 a questa parte è stata scritta, direttamente o indirettamente, contro il totalitarismo e a favore del Socialismo democratico, per come lo vedo io”, spiegherà nel 1946.
Ma appunto il già citato scritto su Sinistra o Destra, la raccolta di saggi del 1940 Dentro la balena e il pure citato saggio del 1941 Il Leone e l’Unicorno: il Socialismo e il Genio Inglese segnalano che la sua fede in un approccio economico che più che socialista può forse essere definito keynesiano si inquadra sempre più in un’esaltazione di quelle che forse Gozzano avrebbe definito “buone cose di pessimo gusto”, a partire dal vecchio modo di bere la birra. E spiega che l’Inghilterra ha sì bisogno di una rivoluzione socialista; ma questa non potrà venire fino a quando i socialisti si faranno associare a utopie elitarie: in questo senso, e pur essendo per molte cose un proto-ecologista, per Orwell il vegetarianesimo è altrettanto esiziale del marxismo. Perfino gli esperantisti gli ispireranno l’idea della neo-lingua totalitaria. Avrebbe pensato lo stesso degli europeisti?
Verranno poi nel 1945 La fattoria degli animali e nel 1949 1984 a schierare George Orwell nei ranghi antisovietici della guerra fredda, e prima di morire farà anche in tempo a collaborare con l’attività dei Congressi per la libertà della cultura organizzati dalla Cia. Anzi, con a Cia tout court, potremmo dire. Proprio mentre scriveva 1984 aveva inventato un “gioco” da fare con amici come Arthur Koestler e Richard Rees, consistente appunto nell’annotare nomi e comportamenti di sospetti filo-sovietici in un quadernetto azzurro che nel 1949, l’anno prima della sua morte, era arrivato a 125 “schedati”. In realtà, si trattava di una forma di spionaggio piuttosto naif. Però può risultare scioccante, ad esempio a proposito di chi ha definito “orwelliano” il tipo di sistemi di sorveglianza emerso dalle denunce di Snowden, che peraltro furono pubblicizzate proprio per rilanciare le vendite del libro. Un libro, peraltro, che al momento del lancio del reality aveva già conosciuto un boom il libreria sulla base di cartelli tipo “il libro che ha ispirato il Grande Fratello”!
Difendendo Orwell dalle polemiche retrospettive, il suo biografo Bernard Crick già nel 1996 aveva spiegato che quell’azione «non era diversa da quella di un cittadino responsabile dei nostri giorni, che passa informazioni a una squadra antiterrorista su persone sospettate di far parte dell’Ira». Esattamente quel che pensava quel 53% di americani secondo cui il programma Nsa avrebbe comunque contribuito a prevenire attacchi terroristici.
Però i Congressi per la libertà della cultura erano stati creati soprattutto per togliere terreno di coltura al comunismo favorendo la crescita di una sinistra antisovietica. In punto di morte Orwell volle poi farsi seppellire col rito di quella Chiesa Anglicana che gran parte dell’intellettualità britannica aveva disprezzato, scegliendo al suo posto il socialismo o il cattolicesimo, se non fedi anche più esotiche. Chesterton, in particolare, aveva ancorato la sua provocazione spiegando che in realtà il cattolicesimo era a un tempo Rivoluzione e ritorno alla Tradizione medievale, che aveva costruito la nazione inglese. Orwell, pur anti-imperialista, gli avrebbe risposto che era stato appunto dopo la Riforma anglicana che l’Inghilterra era divenuta una superpotenza mondiale. E che, a questo punto, era ormai l’Anglicanesimo la vera Tradizione inglese.
Insomma, studiosi e biografi concordano in generale che essendo Orwell morto giovane, è difficile capire che evoluzione ulteriore avrebbe potuto avere uno come lui. Che tendeva a cambiare appunto a colpi di indignazione, e a adattare le sue posizioni quando temeva di poter finire alleato all’”indecenza”.