Gli antichi romani, si sa, amavano costruire imponenti edifici che fossero più forti del tempo e consentissero loro di passare alla storia, simbolo perenne della loro magnificenza. Il presidente Donald Trump sembra avere intenzioni simili: passare alla storia con tracce visibili, di mattoni e cemento, destinate a durare e a sconfiggere il tempo. Per meglio raggiungere lo scopo e rendere ancor più chiara la autoproclamata similitudine tra i fasti dell’antichità e quelli della sua presidenza, Trump intende fare in modo che gli edifici pubblici americani ricordino, in struttura e aspetto, le costruzioni antiche, con tanto di colonnati dorici, timpani e scaloni. E pazienza se, oggi, in tempi di vetro e cemento, la costruzione di pseudo templi colonnati risulta un po’ ridicola.
Le nuove linee guida per l’architettura pubblica americana sono contenute in un nuovo ordine esecutivo (non ancora firmato da Trump) preparato dalla Commissione delle Belle Arti, l’agenzia federale indipendente che sovrintende al design della capitale della nazione.
A rivelarne il contenuto è stato uno scoop del giornale americano Architectural Records, che ha avuto accesso a una bozza del testo che si prefigge di dare linee guida precise agli architetti che vorranno disegnare, in futuro, edifici pubblici: questi dovranno e potranno essere solo in stile neoclassico, con tutto quel che ne consegue in termini di timpani, colonnati e scaloni.
Il testo sembra sia stato preparato con la fondamentale consulenza della National Civic Art Society, un gruppo di appassionati di architettura (non necessariamente architetti) la cui agenda è sovrapponibile a quella dell’amministrazione Trump. Il gruppo è guidato, tra gli altri, da Justin Shubow, un aspirante architetto (mai diventato tale) noto nell’ambiente per aver partecipato a incontri pubblici nel corso dei quali, in genere, inveiva contro Frank Gehry e i suoi edifici. Di recente Shubow è stato nominato come consulente della commissione Belle Arti e sembra sia uno degli autori delle nuove linee guida.
Il testo proposto, dal nome parecchio eloquente “Making Federal Buildings Beautiful Again” sostiene che “Il governo federale ha smesso da tempo di costruire splendidi edifici”. Una iattura secondo Shubow e i suoi. Per questo la Casa Bianca si prepara a imporre che «nella regione della capitale nazionale e per tutti i tribunali federali, lo stile architettonico classico sia lo stile preferito e predefinito». Il testo sta facendo molto discutere non tanto perché mostra il favore del presidente e dei suoi per lo stile neoclassico (in fondo, tutti i gusti son gusti) ma perché ne impone uno, cosa che sino ad ora non si era verificata.
Le linee guida in vigore sino ad ora per la costruzione di edifici pubblici erano state tracciate nel 1962 e prevedevano che l’architettura delle strutture federali fornisse “una testimonianza visiva della dignità, dell’impresa, del vigore e della stabilità del governo americano” e raccomandavano che “Uno stile ufficiale fosse evitato. Il design deve fluire dalla professione di architetto al governo e non viceversa”.
Linee guida durate più di 50 anni e che hanno consentito la costruzione di alcuni tra gli edifici più belli del mondo e che ora potrebbero cambiare, in nome di un vago richiamo a un altrettanto vago passato che, per giunta, non è nemmeno americano. Ma molto Trumpiano. Non a caso, sul profilo Twitter di Marion Smith, presidente della NCAS, che del Trumpismo è uno dei bracci armati si legge: “Per troppo tempo le élite e i burocrati dell’architettura hanno deriso l’idea della bellezza, hanno ignorato palesemente le opinioni pubbliche sullo stile e hanno speso tranquillamente i soldi dei contribuenti per costruire edifici brutti, costosi e inefficienti. Questo ordine esecutivo dà voce al 99 percento il popolo americano ordinario a cui non piace ciò che il nostro governo ha costruito”.
Contro i desiderata architettonici di Trump, c’è stata una levata di scudi da parte non solo di chi un po’ se ne intende di architettura (L’American Institute of Architects ha detto di opporsi «fortemente a mandati di stile uniformi per l’architettura federale») ma soprattutto da parte di chi un po’ se ne intende di società.
Il Washington Post ha subito ribattezzato il piano “Making America Ridiculous Again”, dicendo che se adottato, l’ordine esecutivo sarebbe il tentativo più significativo di inserire la nuova politica del populismo nel mondo dell’arte, dell’estetica e del design.
Wired, invece, scrive che “Di tutte le cose che l’amministrazione Trump ha fatto, il piano per cambiare tutta l’architettura federale in “classica” potrebbe essere una delle cose più palesemente autoritarie che il governo abbia ancora tentato”.
Parole a cui hanno fatto eco quelle del New York Times, che scrive: “L’ordine esecutivo proposto riflette un’inclinazione più ampia in alcune parti della società americana di sostituire un passato immaginario con le complessità e le possibilità del presente. Incarna la convinzione che la diversità sia un problema e l’uniformità sia una virtù”.
Il che, può piacere o meno, è l’essenza stessa del Trumpismo. Tanto brutto quanto facile; tanto anacronistico quanto, dannatamente, specchio del tempo.