Il dopo è adessoRiflessioni per uscire dall’emergenza coronavirus

Il virus non scomparirà, dovremo conviverci per molto tempo ed evitare che gli irresponsabili anti europei ci conducano al disastro. Occorre quindi attrezzarsi: ecco un catalogo di proposte utili ad affrontare gli anni che abbiamo davanti

ANDREAS SOLARO / AFP

1-I contagiati (tutti anche gli asintomatici) sono un multiplo enorme dei dati ufficiali che non hanno più ormai molto valore. I contagiati sono 10 volte forse 20 volte (speriamo) di più dei dati ufficiali. Lo sapremo solo dopo i test anticorpali.

2-I decessi sono molti di più dei dati ufficiali anche qui un multiplo per fortuna inferiore. È oggettivo e certo vedendo i dati anagrafici di Bergamo. I dati ufficiali sono un sottoinsieme purtroppo molto inferiore alla realtà. È inutile anche fare riflessioni su questi dati. Per rapporto tra i due moltiplicatori (decessi e contagi) la mortalità è molto molto inferiore ai dati ufficiali. A mio avviso, ma è un’inferenza non provata, anche molto inferiore al range 0,3%-1,1% stimato negli studi recenti.

La sicurezza sulla mortalità si potrà avere solo dopo i test anticorpali. Per mortalità poi si intende mortalità sui casi sintomatici, da moltiplicare poi per il rapporto casi sintomatici/popolazione il cui unico dato completo (nave da crociera Diamond Princess) dice 20% circa anche se molto incompleto e preliminare.

3-Si confermano tassi di mortalità molto elevata sopra gli 80 anni, a scendere oltre i 60 anni e davvero molto bassi sotto i 60 anni. La comorbilità è assolutamente importante. Aggiunge età  “virtuale” all’età anagrafica sul piano individuale.

4-La strategia di riapertura deve esistere e deve essere differenziata, e anche molto differenziata, per età e comorbilità e anche sesso (le donne sono molto meno contagiate e con decorso meno ostile). È quasi evidente e se ne sta ormai parlando. Dire che non si può parlare adesso di riapertura è del tutto miope.

La riapertura non sarà né immediata né facile né totale. Le supply chain sono interrotte, i negozi chiusi e hanno (o non hanno) stock, le stagioni proseguono il loro corso. Bisogna programmare subito prevedendo un’evoluzione dei casi (reale) e le azioni conseguenti. I passaggi e la progressività degli stessi devono essere valutati attentamente privilegiando le riaperture a maggiore impatto. E soprattutto quelle a minore rischio. L’apertura di aziende, negozi e ristoranti è chiaramente il passaggio critico e più importante.

Meno importanti altri tipi di mobilità (un esempio per tutti le partite di calcio con pubblico). Se gli scienziati dicono che non possono prevedere, si cambiano gli scienziati, il cui compito appunto è prevedere. Poi chiaramente la previsione non sarà accurata, e infatti deve essere aggiornata dai dati quotidianamente tenendo conto dei dati italiani ed esteri. Si deve decidere adesso in funzione di una curva di previsione cosa si fa e quando. Si deve comunicare e si deve anche dire che se la curva peggiorasse o migliorasse si dà immediata comunicazione e si posticipano o anticipano le date previste di apertura.

5-Il virus non sparirà. L’azzeramento del contagio dovrebbe essere peraltro su base globale e non succederà. Sarà con noi per sempre, probabilmente. Quindi posticipare l’apertura alla fine del contagio è irrealistico. Si dovrà scegliere a che punto della riduzione riaprire e con quali modalità. Dire «aspettiamo la fine e guardate gli ospedali» è pura demagogia elettorale di cui non si sente proprio il bisogno.

Quando è la fine? 10, 100, 1000 contagi? Diciamolo adesso. E quali contagi? Quelli dei tamponi o quelli veri? Diciamo anche questo adesso. Se parliamo di azzeramento, a Hong Kong e Singapore (best in class nella gestione della situazione) e anche in Cina il virus è riapparso dopo essere scomparso circa 10 giorni fa prima da casi importati e poi con diffusione locale. Non c’è nulla da fare. Se così fosse la strategia dell’azzeramento durerebbe fino a settembre o forse oltre. Non è compatibile. È bene dirlo, chiaramente e subito.

EMERGENZA ECONOMICA

1-Ogni posticipazione della riapertura ha un costo più che proporzionale. 2 mesi invece di 1 non costa 2 volte tanto; costa 2,5 volte (per dare un’idea, non so se il parametro sia matematicamente corretto) 3 mesi invece di 1 costa 4 volte e così via. Questo accade per 2 motivi, entrambi certi: la rottura delle supply chain e la desuetudine e paura dei consumatori finali a riprendere le loro abitudini (viaggi e turismo sono buoni esempi).

Quindi a un certo punto (non so quando ma a un certo punto è così) il costo diventa così esorbitante da potere essere pagato solo con un elevato tasso di inflazione cioè attaccando risparmio e pensioni. Tra l’altro le spinte alla riduzione della globalizzazione e la contrazione dell’economia generano nel medio termine alcune pressioni inflazionistiche per fortuna contrastate dal calo vertiginoso della domanda, ma io ritengo che a 2 o 3 anni da oggi il tema inflazione sarà molto complesso da gestire. Inflazione significa erosione immediata di risparmio e pensioni e in generale peggioramento delle condizioni di vita delle classi più deboli.

2-Il concetto di conservazione della base imponibile degli Stati espresso da Draghi con lucidità e coraggio impressionanti, non è stato colto in pieno. Se non si difende la base imponibile mancherà il supporto alla spesa dello Stato, cioè nel tempo (non moltissimo tempo ahimè) a pensioni, sanità, ordine pubblico e pubblico impiego. La difesa della base imponibile passa dalla difesa «a qualsiasi costo» della capacità produttiva, del lavoro e delle aziende che danno lavoro. Il settore pubblico chiaramente (ma forse qualcuno si illude o vuole illudere che così non sia) non è base imponibile.

Il coraggio di Draghi tocca anche un punto politicamente molto sensibile cioè il moral hazard (sarà inevitabile che alcuni denari pubblici possano essere spesi “male” e con soggetti economici inappropriati) che è in questa fase preferibile (per quanto deprecabile) all’alternativa e cioè all’erosione della base fiscale.

Tra l’altro la difesa della capacità produttiva è anche difesa dal pericolo inflazionistico (più offerta uguale meno spinta inflazionistica) e quindi aiuta nel tempo la difesa di risparmi e pensioni.

3-La politica tradizionale tax and spend (tassiamo chi può e ridistribuiamo) cardine di anni di politica economica italiana e prodromica della bassa crescita in Italia negli ultimi 20 anni (errore che adesso ci costa carissimo e di cui nessuno prende responsabilità concreta) è uno dei più madornali e pericolosi errori di politica economica in questa fase.

Abbiamo già la pressione fiscale più alta d’Europa (e il tasso di evasione fiscale più alto) l’errore sarebbe tanto madornale che sarebbe ricordato nei libri di storia come ciò che ha affossato il nostro per sempre e documentato come “ciò che non si deve fare” per decenni. Una fama imperitura ma al contrario la nozione di Caporetto sarebbe sostituita per sempre nel nostro vocabolario da una disfatta molto peggiore.

Purtroppo il riflesso condizionato dei “politici ante coronavirus” è sempre questo perché i tassati sono pochi voti e i beneficiari della spesa molti voti (come il reddito di cittadinanza 5 stelle nel 2018 e molti altri esempi). Più la politica tax and spend è diffusa, facile da capire, e apparentemente “salvifica” oltre che “giusta” per motivi etici (in passato era stata la scala mobile) più i voti e il relativo potere arriva a piena mani. In questa epoca digitale la (fasulla) promessa di reddito sposta con facilità enorme masse di consenso elettorale.

Nel mondo post coronavirus tax and spend è letale, mortifero ma il divario tra demagogia elettorale e ciò che bisogna davvero fare non potrebbe essere più ampio e questo è molto pericoloso.

La politica economica deve essere all’opposto: chi ha possibilità investe. Incluso ovviamente lo Stato con lo sblocco immediato dei cantieri di ogni tipo. Bisogna quasi “costringere” chi ha ricchezza a investire per salvare capacità produttiva, ammodernarla e, se possibile (seppur difficile), conquistare mercati. Gli altri paesi (Cina, Stati Uniti, Germania) lo faranno, anzi lo stanno già facendo, e la lotta sarà brutale, senza quartiere, quasi di sopravvivenza . Ci sono già dopo 1 mese ampi e preoccupanti segnali in tal senso (tariffe, geopolitica, guerra sul petrolio, schieramenti nuovi e diversi).

Nel frattempo bisogna sostenere ovviamente la popolazione e stimolare la domanda di beni e servizi in modo molto massiccio anche con trasferimenti diretti. I trasferimenti non possono essere poi all’infinito e bisognerà sostenere la domanda per 20 anni incentivando tutti al lavoro (opposto del reddito di cittadinanza), perché senza lavoro, capacità produttiva, aziende, imprenditori capaci di organizzare tutta questi fattori in quella che sarà una vera e propria battaglia con altri sistemi paese, non solo non avremo il reddito di cittadinanza o meglio la capacità di sostenere i più deboli, ma nemmeno le pensioni, il risparmio soprattutto e una sanità moderna e qualificata.

4-Il tempo di decisione e l’efficacia di trasmissione della decisione al Paese è quasi più importante della bontà al 100% della decisione stessa. Se autorizzo la cassa integrazione ma non arriva alle aziende in tempo utile (a marzo non è arrivata) è come non averlo fatto. Decisione giusta, applicazione non efficace, decisione inutile.

Sostenere le imprese significa farlo adesso, ad Aprile e Maggio. A Settembre o Novembre non conta più. Le imprese chiudono prima. Questo è un cambio di paradigma non interiorizzato. Il girovagare sul modulo di autocertificazione (definire il modulo per uscire di casa è onestamente molto ma molto più facile che definire i “moduli” per sostenere le imprese di cui non esiste nemmeno una vaga o vaghissima prima bozza) denomina la cifra di quanto siamo lontani da questo obiettivo.

5-Uscire dall’Europa è una follia. Anche minacciarlo direttamente o indirettamente è un attentato (da punire severamente) alle pensioni e al risparmio. L’uscita dall’Europa e dall’euro comporterebbe immediatamente e con certezza assoluta un tasso di svalutazione della lira superiore in pochi mesi al 100% (forse di più), oneri di emissione debito pubblico senza pari e l’esplosione immediata del tasso di inflazione (guardare argentina oggi per riferimento).

Inoltre tutti i paesi europei innalzerebbero subito e concordemente barriere tariffarie pesanti per impedire concorrenza del Made in Italy a basso prezzo, vanificando l’impatto sulla competitività del Paese della svalutazione. L’impatto ultimo sarebbe la totale perdita di circa 500 miliardi di risparmi in titoli di stato delle famiglie italiane, che rimarrebbero tali in valore nominale, ma di valore reale in termini di potere di acquisto bassissimo, la svalutazione sempre in termini reali delle pensioni con grave pregiudizio delle fasce più deboli e una definitiva perdita dell’ancoraggio con i paesi più evoluti a noi contigui. Un errore clamoroso ante coronavirus.

Adesso una tragedia senza pari. Evocare o anche solo accennare a questa eventualità è una colpa grave per chiunque faccia politica. Né a mio avviso si può pensare che i paesi del nord accettino in questa fase la mutualizzazione del nostro debito, anche quello nuovo che dovremo fare. 

Ciò che si deve fare da subito è chiedere flessibilità nella emissione del nuovo debito presso la BCE o istituzione analoga sovranazionale, debito che è e resta solo italiano che sarà onorato dagli italiani nei prossimi 20 anni, purché a tasso di interesse nominale e quindi anche reale molto basso o zero. Per ottenere questa flessibilità bisogna presentarsi con un piano di ripartenza serio, accurato e credibile, con un impegno a fare riforme sempre promesse (e mai realizzate nemmeno negli ultimi 10 anni, da qui la difficoltà di essere credibili), con un’enorme credibilità personale (ogni riferimento a persona non è per nulla casuale) e con un solenne impegno di tutto il paese a rispettare questo piano. 

Va capito al nostro interno che se non rispettassimo questo impegno solenne la mutualizzazione del debito sarebbe una conseguenza de facto anche se non concessa (o richiesta oggi). Da qui la riluttanza dei nostri partner a credere alle nostre parole. Va anche capito che se dichiariamo nel corso di questa trattativa che diamo supporto anche a chi lavora in nero, estendiamo il reddito di cittadinanza e altre dichiarazioni consimili, che hanno vasta e pessima eco all’estero, la probabilità che ci diano credito scende rapidamente a zero, con conseguenze ancora una volta drammatiche. 

Solo un interlocutore serio competente, credibile e un impegno solenne del paese a tutti i livelli può aiutare in questa difficilissima e urgente trattativa. Le minacce o la “muscolarità” sono vacue e dannose. Non abbiamo sovranità monetaria. Abbiamo e avremo sempre però la responsabilità fiscale del nostro debito che non è e non sarà mai condivisa se non in minima parte e con “strings attached” cioè condizionalità pesanti da altri paesi europei.

Senza sovranità monetaria e con la dimensione del nostro debito pubblico il nostro unico asset è la credibilità e l’impegno solenne. Altro non abbiamo da offrire. Purtroppo. Il tempo di questa trattativa è strettissimo. Ogni dilazione o discussione non costa agli altri paesi europei e per noi è invece pericolosissima. “Fare da soli” non è un’opzione percorribile e nemmeno una minaccia minimamente credibile perché implica raccogliere sul mercato i mezzi necessari a tassi astronomici e comunque con importi largamente insufficienti al necessario. I bluff a questo tavolo sono molto dannosi perché riducono la credibilità che ribadisco è l’unico nostro asset.

6-La crisi durerà molti anni. Pensare ai prossimi 2 mesi (l’emergenza sanitaria) senza pensare ai prossimi 3 anni (l’emergenza economica che seguirà l’emergenza sanitaria) senza pensare ai prossimi 20 anni (l’emergenza valoriale che seguirà l’emergenza economica) è assolutamente impossibile oltre che profondamente sbagliato. Bisogna mettere in campo decisioni che con visione, competenza tecnica, rapidità ed efficacia di trasmissione al paese, siano coerenti.

Serve una competenza, un coraggio, una lungimiranza, una capacità di comunicare al paese, una credibilità per definire soluzioni nell’ambito irrinunciabile a qualsiasi costo dell’Europa del tutto straordinarie. Il prezzo di errori e intempestività non sono solo i decessi del coronavirus , ma il risparmio, le pensioni, il reddito dei singoli e il futuro di un intero paese. Un prezzo terribile da pagare, enormemente più alto dei già drammatici decessi subiti dalla nostra comunità.

EMERGENZA VALORIALE

In questo ambito purtroppo le soluzioni possono essere solo ventennali e peraltro difficilissime. Mi limito anche per mia incompetenza specifica a citare alcuni temi che reputo importanti da affrontare e non più rimandabili:

1-Difficoltà di avere politici competenti (che decidono cose giuste anche se impopolari nel breve e non promettono) rispetto a populisti (che fanno cose sbagliate ma popolari e promettono cose infattibili).

2-Necessità di maggiore integrazione anche economica nelle imprese tra “lavoro” e “capitale” (partecipazione del lavoro al profitto e informazione).

3-Rapporto di potere e decisione centro periferia (regioni e comuni).

4-Emergenza climatica e sostenibilità

5-Rapporto tra diritti e doveri degli individui rispetto allo Stato

6-Ruolo e crescita di importanza dell’istruzione

7-Deburocratizzazione di uno stato ancora borbonico in natura

8-Riorientamento del dilemma tra stato liberale-liberista e stato socialista in un nuovo paradigma con un sistema misto con chiara definizione delle libertà individuali e dei poteri dello stato

9-Ripensamento del modello Europeo e recupero dei principi fondatori dell’Unione

Sono temi molto complessi che verranno fortemente impattati dalle scelte dei prossimi 6 mesi. Sarebbe bene iniziare una riflessione seria anche se probabilmente nella concitazione ed emergenza attuale risulta quasi impossibile, ma a breve sarà improcrastinabile. Il sistema comunista e collettivista ha fallito miseramente la prova della storia e l’ultra liberismo globalizzato a questo punto è ufficialmente in crisi.

Bisogna trovare una terza via. Il pensiero etico, filosofico, il diritto e l’analisi storica e sociale in cui il nostro paese eccelle dovrebbero essere di aiuto. La contrapposizione ideologica a priori è solo dannosa. L’osservazione attenta di altri sistemi paese che affronteranno lo stesso dilemma e l’inserimento in un più grande ancoraggio europeo molto meno ideologico e radicalizzato del nostro saranno fondamentali.

Osservo solo che l’Europa è meglio attrezzata culturalmente e storicamente di USA e Cina a trovare la terza via e questo mi conforta moltissimo in questo momento tremendo.

In Italia abbiamo sviluppato eccellenze econometriche assolute. Sono state di grande aiuto ai politici del passato per prendere decisioni importanti e spesso poco popolari. Ma si sono dimostrate di grande accuratezza. Forse sarebbe il caso che si torni a valorizzare e utilizzare tali competenze.

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