Lo abbiamo scritto, lo riscriviamo: Giuseppe Conte e associati sono inadeguati a guidare l’Italia, già prima del coronavirus, figuriamoci ora con l’epidemia. L’ultima sceneggiata di sabato notte, via Facebook, l’incertezza su un decreto che c’è e non c’è, bozze che circolano, un possibile rinvio dopo l’annuncio e poi, infine, l’edizione straordinaria della Gazzetta ufficiale sono soltanto l’ulteriore conferma dell’incapacità di chi dovrebbe guidare il paese. Riscriviamo anche altre due cose: la situazione è talmente eccezionale, unica e senza precedenti che se a Palazzo Chigi ci fossero Superman e Mandrake nemmeno loro sarebbero stati in grado di approntare una risposta risolutiva per contrastare il virus; Conte e associati sono inadeguati ma sono comunque i nostri inadeguati, motivo per cui se la strategia per far abbassare la curva dei contagi e dei morti è quella di stare a casa bisogna stare a casa.
Ma si potrà dire che la gestione è grottesca? Che forse da chiudere erano i pronto soccorso prima ancora delle scuole, per evitare di infettare medici, infermieri e malati gravi? Che non aver chiuso in tempo le case di riposo è stata una svista criminogena? Che le misure economiche sono ancora insufficienti?
Si procede per esperimenti, certo, ma Conte e Casalino continuano a fare sempre lo stesso errore ogni due o tre giorni, con preannunci di strette all’ordine pubblico in discorsi notturni alla nazione di una povertà intellettuale sconcertante, sempre in ritardo rispetto alla convocazione e mettendo in ansia il paese in diretta su Facebook anziché a reti unificate come farebbero le persone serie. Una pantomima streaming ogni volta senza nessun decreto pronto, solo chiacchiere e confusione, la legge marziale salvo intese, come se l’unico obiettivo sia quello di voler rispondere da leader che non c’è alle richieste o alle scelte compiute dai sindaci e dal governatore della Lombardia. Una sceneggiata cominciata con il preannuncio seguito da smentita, seguito da nuovo annuncio del decreto sulla scuola, continuata con la Lombardia zona rossa, con tutta l’Italia chiusa e, infine, con la chiusura delle fabbriche non essenziali.
Una catastrofe comunicativa che in questa condizioni di emergenza può certamente capitare una volta, anche una seconda, ma non ogni tre giorni e sempre allo stesso modo. Ogni tre giorni è un’incapacità conclamata da far commissariare agli adulti del governo. Senza dimenticare che tutto questo avviene per decreto del presidente del Consiglio, senza procedure democratiche e senza intervento del Parlamento, peraltro messo in condizione di non poter lavorare.
Per non parlare della litania dei bollettini quotidiani affidati ai poveri funzionari della Protezione civile, un gentile medico sconosciuto ai più e un commercialista che ride alle spiritosaggini di Francesco Boccia, trasformati da Palazzo Chigi in monatti manzoniani 2.0 e costretti a fare la conta dei morti e dei contagiati, quando a parlare al paese, ogni giorno, a orario fisso, dovrebbe essere il presidente del Consiglio, il leader della nazione sotto attacco, non per fare l’aritmetica mortuaria e nemmeno per parlare come un azzimato avvocaticchio di provincia, ma per raccontare che cosa sta facendo lo Stato per salvare gli italiani, per infondere speranza ai reclusi, per mostrare empatia, per fare la conta dei posti letto e dei ventilatori e delle mascherine e dei tamponi e dei progressi sul vaccino e sulle terapie. Per rassicurare sui mutui e sugli stipendi, sulle imprese e sulle famiglie, sulla micro e sulla macro economia.
Gli altri leader internazionali non brillano, non solo i noti pagliacci, ma anche Emmanuel Macron. L’eccezione è Andrew Cuomo, il governatore di New York che in questo momento, semplicemente parlando ai newyorchesi da persona adulta e compassionevole, oltre che pratica, è l’unico vero leader del mondo occidentale. L’unico che ha il coraggio di dire la verità e cioè che l’autoisolamento che stiamo vivendo non è un lungo weekend o una settima bianca in casa, ma una misura che durerà quattro, sei, nove mesi, forse di più.
Guardatevi i suoi briefing, prendete appunti, immaginate una Radio Londra che racconti agli italiani il fronte interno occupato dal virus e la strategia per cacciarlo per sempre dalle nostre vite. Conte e Casalino non sono in grado, it’s above their paygrade. Si sono dotati di un consigliere economico mentecatto che si rallegra per il mondo che si è fermato e che insinua una correlazione tra l’epidemia e il 5G. Si fanno riconoscere all’estero, chiedendo interviste al New York Times a patto di poter rispondere solo a domande scritte e poi quando ricevono le domande non rispondono perché non sono quelle che desideravano. Sanno solo fare confusione via Facebook, ammuina per far finta di esistere, oggi secondo La Stampa faranno «la prima call» con i sudcoreani.
Chi guida il paese deve dire la verità e farci intravedere la via d’uscita mentre ci obbliga a non fare la corsetta al parco e a non allontanarci più di 200 metri da casa. Deve spiegare che la priorità è flettere la curva dei contagi e potenziare le terapie intensive e che c’è una strategia per quando quel benedetto giorno arriverà, sperando che la «prima call» con i sudcoreani porti consiglio, magari separando anziani e malati dal resto della popolazione, come fanno gli israeliani, e testando tutti gli altri in modo da far ripartire la vita dei negativi e tenendo in quarantena soltanto i deboli, i malati e i contagiosi. Un leader deve spiegare che serviranno duecento o trecento miliardi di euro per salvare il paese e per ripartire e che questi soldi si troveranno, stampandoli, facendo debito, ma sottolineando che questi soldi non saranno gratis, dovremo pagarli tutti quanti nei prossimi anni. Ma siamo nelle mani di incapaci, e il momento di fare polemica è esattamente questo.