ColumnL’invidiabile lucidità di Georgina, l’ex moglie di Harvey Weinstein

La stilista di Marchesa sta bene, si è fidanzata con Adrien Brody e ha una nuova vita grazie alla prontezza con cui ha lasciato il marito accusato di violenze sessuali. Si è messa in proprio, ha accusato il colpo e ha usato la disgrazia per superarla più in fretta. Brava

Frederic J. BROWN / AFP

Georgina Chapman, ex signora Weinstein, sta bene, ha una relazione con Adrien Brody, lavora, si gode case, mantenimento, figli, vita mondana. Non sarebbe successo se non avesse avuto la prontezza di abbandonare il marito immediatamente, se avesse vacillato, se avesse dato al marito una chance, se avesse ascoltato la sua versione, aspettato il processo. Se avesse fatto come Claudia Zanella o come Huma Abedin.

Invece, ha provveduto a fermare subito il contagio. Non ha mai vacillato. Ha lasciato Harvey Weinstein a poche settimane dalla pubblicazione dell’inchiesta che ha dato inizio al #metoo. Alla stampa aveva detto soltanto di avere il cuore a pezzi per tutte quelle donne. Poi si era eclissata. L’avevano compatita in molti, anche quando, a gennaio del 2018, aveva ottenuto il divorzio, l’indennità di alloggio, la custodia di entrambi i figli, 10 milioni di dollari e passa all’anno di mantenimento, una casa nel West Village di New York e una negli Hamptons. L’avevano compatita non per i dieci anni di matrimonio sgretolati in un lampo, ma perché le colpe del marito sarebbero ricadute inevitabilmente su di lei e sul suo lavoro, com’era tristemente prevedibile, e alcuni dipendenti di Marchesa, il suo brand d’abbigliamento, si erano licenziati e alcuni altri brand avevano troncato ogni collaborazione.

In quelle settimane di tracollo dell’impero Weinstein, era venuto anche fuori che l’ex produttore obbligava molte attrici a indossare i vestiti delle collezioni che firmava sua moglie (Felicity Huffman aveva detto di essere stata costretta a farlo per i Golden Globe e Sienna Miller di essere stata caldamente, molto caldamente invitata a farlo). Scarlett Johansson, al Met Gala del 2018, qualche mese dopo, si era presentata con un abito Marchesa molto romantico, prima star hollywoodiana a rompere il tabù, ristabilire pesi e misure, far capire che la donna del grande mostro non meritava di essere trattata come una collusa, un piccolo mostro. In quei giorni, Chapman interrompeva il silenzio e rilasciava un’intervista a Vogue nella quale diceva di aver molto sofferto, di essere spaventata per il futuro dei suoi figli, di non essersi mai accorta di niente, di aver sempre pensato che suo marito fosse un uomo gentile, colto e premuroso.

Poco prima che la giuria emanasse il verdetto e Weinstein venisse dichiarato colpevole di stupro di terzo grado e reati sessuali di primo grado, è stata diffusa la notizia della relazione tra Chapman e Adrien Brody. Non si parlava di lei da più di un anno. In nessun articolo legato al processo e a quello che sarebbe stato, per lei, cosa sarebbe successo a tutto il resto della famiglia, ai bambini, al patrimonio, una volta che Weinstein fosse finito in galera o all’ergastolo o libero. In tutto questo tempo, però, Georgina Chapman ha continuato a lavorare. E molto. E bene. Sottotraccia, forse, ma più per calcolo (suo) che per ostracismo (degli altri). Keren Craig, co-fondatrice di Marchesa, ha lasciato l’azienda la scorsa estate e non ci sono state ripercussioni sulla produzione, né sul fatturato, né su nessuna parte dell’attività. Anzi, nelle ultime settimane pare che le vendite di Marchesa siano persino aumentate.

Chapman evita di partecipare alle settimane della moda però invita gli stilisti e i giornalisti a vedere le sue collezioni direttamente nel suo atelier. Si è sottratta a tutti gli eventi più importanti, ai quali partecipava da moglie di Weinstein (cosa che le è stata rimproverata sempre, anche se in modo felpato e strisciante), in modo da dimostrare che esistono anche altri circuiti, che lei può lavorare, e assai bene, ugualmente. Silenziosamente, muovendosi in quella invisibilità nella quale Al Pacino consigliava a Keanu Reeves di muoversi di modo che nessuno si accorgesse di lui mentre arrivava alla vetta e tutti lo sottovalutassero, Georgina Chapman sta affrancandosi non semplicemente dal marchio dell’infamia, che tuttavia nessuno le ha mai affibbiato davvero anche se lei è stata abile a far credere che sia successo. Lei sta affrancandosi dal modo in cui ha usato il successo di suo marito, dall’aziendalismo di coppia che istruiva il loro matrimonio e in nome del quale ha avuto la freddezza di non sacrificare niente, neanche un giorno di attesa per una spiegazione. Chi li ha visti insieme racconta sempre la stessa cosa: si dicevano continuamente che si amavano, si chiamavano “tesoro”.

Soprattutto, Chapman sta affrancandosi dal modo in cui ha tentato (riuscendoci) di usare la disgrazia di suo marito fingendosene colpita, senza esserlo mai. Si aspettava che sarebbe stata travolta dallo scandalo e ha fatto finta di esserlo stata ancora prima che accadesse, di modo da suscitare la sua difesa coatta. Ha fatto tutto bene. Farà ancora meglio.

Che invidiabile lucidità. Il divorzio, se fatto in tempo e per bene, giova alla reputazione più del beau mariage, e se c’è una cosa sulla quale può contare un colpevole, specie se renitente non penitente, è di venir abbandonato da chi ha giurato di essergli fedele sempre, nella buona e nella cattiva sorte.

Dietro un ex marito finito in disgrazia, c’è assai spesso una formidabile ex moglie.