In Venezuela i contagi ufficiali da coronavirus sono circa quaranta, e nessuna persona è deceduta. Dati cui si fatica a credere, e che potrebbero essere soggetti alle numerose censure con cui il regime di Maduro controlla la stampa nazionale. La situazione economica e sociale del paese sudamericano rimane inoltre molto precaria, al punto che – secondo l’agenzia d’informazione France Press – si teme una tragedia umanitaria senza eguali. Il presidente in carica ha ordinato una quarantena sociale a tutti i cittadini, in modo da limitare la diffusione del contagio. I provvedimenti sono simili a quelli italiani: totale isolamento personale, scuole chiuse, divieto di qualsiasi raduno. Misure criticate dall’opposizione: più che una scelta responsabile, a Maduro è stato contestato il fatto di aver approfittato dell’emergenza per costringere in casa i venezuelani e impedire così nuove manifestazioni simili a quella dello scorso 10 marzo, guidate e organizzate da Juan Guaidó, tornato a febbraio dal suo esilio.
Il Paese, che soffre per il calo delle quotazioni del greggio e per gli effetti dell’embargo statunitense, si è visto anche rifiutare dal Fondo monetario internazionale la richiesta di 5 miliardi di dollari di sostegno per fronteggiare l’emergenza sanitaria. Il Fondo ha sottolineato che al momento «non è in grado di prendere in considerazione questa richiesta perché non c’è chiarezza sul riconoscimento internazionale del Paese». Il risultato? Le sanzioni – secondo il governo – avrebbero triplicato il prezzo dei kit diagnostici per il coronavirus, il sistema sanitario dispone di pochi posti letti di terapia intensiva e molti medici qualificati sono parte di quei 5 milioni di emigranti che si sono lasciati alle spalle il regime di Maduro per trovare riparo all’estero. Il Venezuela, insieme alla Siria e allo Yemen, è quindi tra le nazioni più vulnerabili di fronte alla pandemia in corso.
Juan Guaidó, cosa è cambiato dal suo ritorno in Venezuela a febbraio?
Sfortunatamente, le condizioni sociali, economiche e sanitarie si sono ulteriormente deteriorate. La risposta del regime è stata quella di aumentare la repressione contro le critiche e l’opposizione.
Ci sono stati contatti o segni di apertura con Nicolás Maduro?
Non direttamente con lui. Tuttavia, il partito al potere (Psuv) ha incorporato cinque deputati al comitato preliminare per le nomine elettorali che ha costituito nell’Assemblea nazionale. Abbiamo insistito sul rispetto delle procedure stabilite dalla Costituzione e dalla legge al fine di aprire la possibilità di elezioni libere e trasparenti in Venezuela, che è il nostro obiettivo, nonostante la repressione contro l’Assemblea non sia cessata. A parte questo, il regime non ha concesso alcuna apertura. Nemmeno nelle azioni di umanità elementare come il rilascio di prigionieri politici nel mezzo di questa pandemia.
La situazione nel paese rimane quindi critica sotto molti aspetti, mentre i casi di contagio sono in continuo aumento. Il Venezuela è in grado di affrontare un’emergenza sanitaria come il coronavirus?
La situazione della salute pubblica in Venezuela è estremamente precaria. Per fare un esempio: abbiamo raggiunto a malapena un centinaio di letti per le terapie intensive. Gli ospedali pubblici non hanno condizioni igieniche di base, come l’acqua potabile. Questa è una questione molto seria che riguarda l’intero paese. Aggiungete le interruzioni quotidiane di energia, i miseri stipendi dei professionisti medici e infermieristici. Il Venezuela non è pronto ad affrontare questa pandemia.
Quali misure sono state adottate al momento?
La risposta di Maduro a questa emergenza è stata di natura militare: ha messo il suo vicepresidente Delcy Rodríguez come coordinatore delle azioni, e non medici specialisti. Assurdo. L’azione delle forze armate è necessaria in questo tipo di situazione, senza dubbio, ma non è sufficiente. Sono necessari specialisti a capo delle decisioni e del coordinamento per affrontare questa emergenza.
Dalle ultime proteste sembra che il popolo venezuelano abbia comunque preso una posizione…
L’anno scorso abbiamo pubblicato una proposta per un accordo politico allo scopo di facilitare la richiesta di elezioni presidenziali libere, eque e trasparenti. Quella proposta è stata disprezzata da Maduro. Da allora, il sostegno della maggioranza dei cittadini nei nostri confronti è stato rinnovato, come è stato verificato nelle chiamate pubbliche che abbiamo fatto durante le recenti settimane e nei sondaggi.
Rimane il fatto che Maduro può contare sull’appoggio di polizia e forze armate…
Con l’appoggio della dittatura cubana, Maduro controlla il più grande apparato di repressione della polizia nel Paese: Dgcim (controspionaggio), Sebin (spionaggio e repressione politica), Faes (che è una gigantesca squadra della morte), oltre a gruppi paramilitari che si definiscono collettivi. Tali organismi gli consentono di mantenere il controllo, attraverso il terrore, di molti settori chiave come le stesse forze armate nazionali (Fam). All’interno di esse, però, vi è molto malcontento. Ad oggi, sono 206 gli ufficiali militari detenuti, sottoposti a torture e trattamenti degradanti. Ci sono più prigionieri politici e militari che civili.
Dopo tutto quello che ha passato, ha mai pensato di tirarsi indietro?
«Dio concede la vittoria alla costanza», è una delle frasi più conosciute del nostro eroe Simón Bolívar e con cui mi identifico pienamente. Questa possibilità non è mai stata nella mia mente, anche perché stiamo per ottenere la vittoria e con essa la libertà del Venezuela.