In tedesco c’è una curiosa espressione idiomatica per indicare quelle situazioni in cui si oppone un netto rifiuto a qualcuno: letteralmente, gli si dà “un cesto” (jemandem einen Korb geben). L’origine dell’espressione si perde nei rituali amorosi del Medioevo poetico: nelle canzoni dei trovatori, le fanciulle corteggiate dai giovanotti attiravano gli spasimanti verso le loro finestre calando un cesto, che tirato su avrebbe fatto le veci di un romantico ascensore ante-litteram ed esaudito il sogno d’amore. In caso la corte risultasse indigesta, però, il cesto calato dalle ragazze aveva il fondo allentato: in questo modo lo spasimante sgradito sarebbe caduto dal cesto, e recepito il messaggio avrebbe desistito, magari dedicando le sue attenzioni ad un’altra dama. Il modo di dire trovò accoglienza anche nel Deutsches Wörterbuch iniziato dai fratelli Grimm, l’imponente opera alla base del vocabolario tedesco moderno, ed è comunemente usata in tutta la Germania. “Dare un cesto”, dunque, significa dire di no – o per usare l’equivalente idiomatico nostrano: significa rispondere picche.
Mentre la Germania sta chiudendo tutto – scuole, asili, locali, aeroporti, confini – il quotidiano Die Welt ha diffuso una notizia bomba, ripresa rapidamente da tutte le testate del mondo: Trump avrebbe cercato di accaparrarsi il laboratorio farmaceutico tedesco che sta lavorando ad un vaccino contro il covid-19, per avere l’esclusiva dell’eventuale terapia negli USA.
A Tubinga, cittadina di neanche centomila abitanti situata proprio nel cuore del Baden-Württemberg, ha infatti la sua sede centrale la CureVac, una compagnia farmaceutica specializzata nella messa a punto di vaccini contro malattie infettive. Come ha riportato il Welt, il due marzo l’allora CEO di Curevac, Daniel Menichella, è stato invitato alla Casa Bianca per discutere con Trump della possibilità di spostare i propri laboratori di ricerca su suolo statunitense, in modo da avere in qualche modo un’esclusiva territoriale sul vaccino contro il coronavirus, quando sarà pronto – secondo Menichella verso l’estate, almeno in forma sperimentale. Il POTUS avrebbe offerto un sacco di soldi per acquisire la compagnia e avere l’eventuale vaccino a disposizione solo degli Stati Uniti, una specie di America Firstdeclinato in termini epidemiologici. Una rivelazione che, chiaramente, in una pandemia come quella che il pianeta intero sta vivendo ha scatenato un’ondata globale di sdegno e riprovazione.
La reazione a Berlino è stata immediata: Jens Spahn, il Ministro della Sanità, tedesco, ha confermato di essere a conoscenza della mossa di Trump ma di star prendendo tutte le misure necessarie a scongiurare una simile eventualità, rimanendo in costante contatto con lo staff della CureVac e garantendo adeguata copertura finanziaria ai laboratori. Ma dall’interno della stessa compagnia sono giunte voci molto critiche verso il possibile accordo con il presidente USA – una in particolare.
CureVac è una compagnia privata, e può portare avanti la sua ricerca all’avanguardia grazie al contributo economico di numerosi finanziatori e investitori, come ad esempio la fondazione di Bill e Melinda Gates. C’è però un businessman tedesco che già dal 2006 investe moltissimo denaro in CureVac, e ne è ancora oggi il principale finanziatore visto che è lui la fonte dell’80% dei soldi che sostengono le attività dei laboratori. Un businessman che ha avuto parole durissime per il tentativo di acquisizione portato avanti da Trump: «Se riusciremo a sviluppare – speriamo presto – un vaccino efficace contro il coronavirus, deve poter essere disponibile per difendere ed aiutare le persone non solo in una regione, ma in maniera solidale in tutto il mondo». Una dichiarazione monolitica che ha contribuito a far naufragare definitivamente il piano dell’amministrazione americana.
Chi è questo businessman tedesco? Proprio Dietmar Hopp, il fondatore di SAP e patron dell’Hoffenheim contro cui fino a un paio di settimane fa tutti i tifosi della Bundesliga facevano le barricate e issavano striscioni pieni di insulti. L’uomo che, a detta delle curve, sta rovinando il calcio tedesco, è anche uno di quelli che più ha fatto la voce grossaper evitare che il vaccino contro il covid-19, la potenziale soluzione al problema più gigantesco e inaspettato che ci è capitato davanti, fosse una soluzione per un solo Paese, ma restasse globalmente disponibile come globale è la crisi. In sostanza, è stato proprio Hopp a dare un bel cesto a Trump. Un intrigante ribaltamento di prospettiva, uno dei tanti che stiamo vivendo in questi giorni usciti dritti da una sceneggiatura hollywoodiana. Chissà se i tifosi tedeschi, quando riprenderà il campionato, ritireranno fuori gli striscioni? Chiameranno Hopp ancora uno Hurensohn (“figlio di…”), o ci penseranno due volte?
Ah, per la cronaca: forse non sarà sfuggito che, prima, abbiamo descritto Daniel Menichella come «l’allora CEO» di Curevac. L’11 marzo, infatti, Menichella è stato rimosso dall’incarico e sostituito al vertice da Ingmar Hoerr, biologo e fondatore della compagnia nel 2000.