Ci rivedremoI 103 anni di Vera Lynn: cantava “We’ll Meet Again”, oggi sembra più attuale che mai

Diventata celebre per aver tenuto alto il morale delle truppe britanniche durante la Seconda Guerra Mondiale, l’artista inglese, ormai monumento nazionale, continua a essere un simbolo di speranza per un futuro migliore

Wikimedia Commons

Più della regina, più di Winston Churchill, più del Beatles. La persona che, secondo un sondaggio britannico del 2000, meglio ha incarnato lo spirito inglese del XX secolo, è Vera Lynn (nata Welch), che oggi compie 103 anni.

In Gran Bretagna è un’istituzione patriottica. Era, è, la voce che accompagnava le truppe inglesi che partivano per il fronte durante la Seconda Guerra Mondiale. Confortava i soldati con brani, diventati celebri, come “We’ll Meet Again” o “White Cliffs of Dover”, con cui suscitava nostalgia e consolazione. Non per niente, durante i primi mesi del conflitto – nel periodo definito “Strana guerra” – secondo un sondaggio (un altro) tra le truppe, risultò di gran lunga la cantante più amata dai soldati. E venne subito ribattezzata “the Forces’ sweetheart”.

Anni prima di Marlilyn Monroe in Corea, anche lei aveva fatto un tour delle truppe stanziate all’estero per risollevare loro il morale. Era uno dei compiti dell’ENSA (Entertainment National Service Association), associazione che organizzava spettacoli per i soldati al fronte (a volte erano così di cattivo livello da diventare Every Night Something Awful). Vera Lynn aveva aderito nel 1940 e aveva girato per l’Egitto, l’India e l’allora Birmania. La guerra, ha detto nella sua autobiografia del 2009, è stata «il miglior agente possibile».

Per moltissimi soldati impegnati in battaglia Vera Lynn rappresentava l’unico legame con la madrepatria. E lei prendeva questo ruolo con molta serietà. Si impegnava, per esempio, a scrivere una dedica specifica per ogni fotografia che i soldati le chiedevano di firmare. «Questo mi ha provocato alcuni problemi con le loro mogli o fidanzate», racconta. Le donne, assumendo che nessuna persona famosa potesse perdere tempo a fare dediche affezionate a fan che non conosceva, arrivavano all’unica spiegazione possibile: «Pensavano che fossi la loro amante».

In un certo senso lo era. La sua voce aveva accompagnato le loro illusioni, aveva dato spazio alle speranze e alla nostalgia. È entrata a far parte dell’identità collettiva britannica. Tanto che, quando nel 2009 esce la sua compilation di classici, Vera Lynn è la musicista più anziana a tornare in classifica, batte anche gli Arctic Monkeys e si piazza prima. Un monumento nazionale.

Anche per questo, a rovescio, diventa un simbolo per chi denuncia i danni delle guerre. Lo fa Stanley Kubrick, nel “Dottor Stranamore”, nella celebre scena finale: musica più esplosione (spoiler?). E lo fanno anche i Pink Floyd, con la canzone “Vera”, in “The Wall”. «Qualcuno qui si ricorda di Vera Lynn?», si chiede disperato Pink, il protagonista dell’album. «Qualcuno si ricorda che diceva che ci si sarebbe rivisti, un giorno di sole?». E poi grida: «Vera, cosa ne è stato di te?».

Oggi si può rispondere, non senza un pizzico di ironia, che lei è ancora qui, con 103 anni sulle spalle, in mezzo a noi e alle classifiche. A ricordare che, anche in momenti come questi, che “We’ll Meet Again”. Ci rivedremo tutti, in una giornata di sole. Lo speriamo ancora.

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