Distanziamento socialeIl coronavirus sta cancellando la sharing economy

Airbnb ha preso due prestiti da un miliardo di dollari all’inizio di aprile, mentre Uber potrebbe licenziare fino al 20 per cento dei suoi dipendenti. WeWork invece è costretto a riorganizzare gli spazi di lavoro condivisi. Riusciranno a sopravvivere?

Lionel BONAVENTURE / AFP

L’emergenza sanitaria per il coronavirus sta mettendo in crisi anche la sharing economy. L’allarme arriva dalle grandi aziende del settore, Uber, Airbnb e WeWork, in grande difficoltà in queste ultime settimane.

Secondo gli analisti, riporta un articolo del sito americano Axios, la compagnia di trasporto automobilistico privato Uber sta valutando l’opzione di licenziare fino al 20% dei suoi 2.700 dipendenti. Mentre Airbnb ha pubblicato dei nuovi protocolli di pulizia che prevedono anche un’attesa di 24 ore tra una prenotazione e l’altra, non ha rivelato come vanno i suoi affari, ma ha preso due prestiti da un miliardo di dollari all’inizio di aprile.

Per WeWork invece, piattaforma che mette a disposizione spazi di lavoro condivisi, il coronavirus ha complicato una situazione economica già molto difficile, costringendo la società a riorganizzare i propri luoghi di lavoro in modo da garantire ai propri clienti la giusta sicurezza.

I motivi di questo shock per la sharing economy sono chiari: le persone che prima usavano Uber adesso escono di casa di rado e quando lo fanno preferiscono usare i propri mezzi, anche per non venire in contatto con persone potenzialmente contagiate.

Visto il blocco dei lunghi spostamenti, per Airbnb le richiesta di affitti si è pressoché azzerata. Così come lo smart working ha preso il posto del co-working, tagliando la fetta di mercato di WeWork.

La situazione attuale sembra quindi destinata a modificare le caratteristiche che hanno reso la sharing economy uno dei settori più proficui. Facendo ripensare, come si legge nell’articolo, a un «rilancio degli ideali originali e di base della cooperazione economica, della cooperazione comunitaria e della fiducia peer-to-peer». In quanto «potremmo non tornare negli spazi condivisi, ma abbiamo sperimentato una profonda dimostrazione di interdipendenza».