All you need is moreCinquant’anni senza i Beatles, il mito che abbiamo iniziato ad amare quando era già finito

Tutto ciò che sappiamo dei quattro di Liverpool l’abbiamo scoperto dopo, comprando tutto: gli album rimasterizzati, le raccolte, i dvd, i libri, gli stivaletti neri, ogni tipo di merchandising e rarità. Ma da adulti

Magari non ci si pensa subito, però quando si sciolsero nel 1970 dopo neppure un decennio insieme, soltanto due dei Beatles – John e Ringo – avevano compiuto trent’anni. Paul ne aveva ventotto e George, il più giovane, ventisette. E forse non ci si ricorda che quando venne assassinato, nel 1980, John ne aveva soltanto quaranta, eppure sembrava che il meglio della sua storia fosse già dietro le spalle. A dirlo oggi, un assurdo, perché il pop/rock è fenomeno per adulti e i punti di riferimento, quelli che sono rimasti, come gli eterni rivali Rolling Stones, e poi gli Who, Neil Young, Iggy Pop, Bob Dylan ad esempio, hanno superato e di molto la settantina. Pensare che Mick Jagger quando scrisse Satisfaction disse che forse sei mesi dopo non sarebbero stati ancora lì.
Loro, i Beatles, incarnano in pieno ciò che scrisse Joseph Conrad a proposito della “linea d’ombra”: «Si va avanti. E il tempo, anche lui va avanti; finché dinnanzi si scorge una linea d’ombra che ci avvisa che anche la regione della prima giovinezza deve essere lasciata indietro. Questo è il periodo della vita in cui è probabile che arrivino i momenti di cui ho parlato. Quali momenti? Momenti di noia, ecco, di stanchezza, di insoddisfazione». Erano quelli tempi in cui Mario Schifano sosteneva di non fidarsi di nessuno che avesse più di trent’anni. Invecchiare non era previsto: qualcuno moriva -Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Brian Jones, Piero Manzoni, Yves Klein – altri scomparivano o si negavano – Syd Barret, Bas Jan Ader, Jerome Salinger – importante era, e rubo la citazione ad Alighiero Boetti, «non marsalarsi».
Quelli della mia generazione, i nati negli anni ’60, hanno saputo dell’esistenza dei Beatles per il cartone animato Yellow Submarine, perché a Carosello nella pubblicità del Te Ati passava il finale di Hey Jude, ma soprattutto perché loro, i Fab Four, erano la musica dei nostri genitori. “Chiedi chi erano i Beatles” il poeta Roberto Roversi e Gaetano Curreri, voce degli Stadio, l’hanno scritta per noi.
Tutto ciò che sappiamo dei Beatles, insomma, l’abbiamo scoperto dopo. E non a caso la nostra è stata una conoscenza a ritroso, partendo cioè dalla fine, da Lei It Be, ultimo 33 uscito già postumo nel 1970, che più che un disco dei Beatles sembra un disco beatlesiano. Da lì, tornando indietro, l’ultimo concerto sul tetto della Apple a Savile Row il 30 gennaio 1969, quattro separati in casa che avevano rinunciato a mostrarsi un gruppo puntando sulle rispettive individualità a cominciare dai capelli lunghi e dalle barbe incolte.
E prima ancora i misteri attorno a Sgt. Pepper’s – la presunta morte di Paul, il viaggio in India a Rishikesh testimoniato per caso da un giovane giornalista della Rai, Furio Colombo, la genesi della copertina più famosa di tutti i tempi affidata a un celebre artista visivo, Peter Blake (e non fu il solo caso, nel 1968 fu Richard Hamilton a inventarsi la risposta concettuale del tutto bianco in antitesi al super-kitsch-pop del Sergente) – risalendo su a Revolver, Help, i film non poi così diversi dai nostri musicarelli, fino ai 45 giri degli esordi.
Dopo abbiamo comprato tutto, gli album rimasterizzati, le raccolte, i dvd, i libri, gli stivaletti neri, ogni tipo di merchandising e rarità ma tutto da adulti e invece loro erano dei ragazzi che finita l’età della spensieratezza hanno detto basta e ognuno è andato per i fatti suoi, in particolare Paul che è ancora qui e quest’estate avrebbe dovuto suonare anche in Italia e invece niente da fare.
Nel calendario della musica del ‘900 c’è un anteBeatles e un postBeatles, così come in quello dell’arte c’è un anteWarhol e un postWarhol. Prima il pop non esisteva, dopo non è ancora finito. Andy muore nel 1987, sette anni dopo John e quattordici prima di George: è solo un dato statistico poiché stiamo parlando di qualcosa che ancora brucia, ed è la differenza tra contemporaneo e vivente. Roba che più la studi più impari. Mezzo secolo senza i Beatles? Ma non scherziamo proprio…