Il 23 aprile i leader europei decideranno gli strumenti per salvare l’eurozona e Giuseppe Conte fa di tutto per non risultare credibile nel negoziato. Da settimane il presidente del Consiglio non ha una posizione precisa sul Meccanismo europeo di stabilità. Prima lo condanna a priori, poi lo riabilita con le giuste sfumature, quindi lo rifiuta categoricamente e infine chiarisce che potrebbe accedervi con le adeguate rassicurazioni. L’ultimo episodio di questa strategia traballante è l’intervista che ha concesso domenica al quotidiano bavarese Süddeutsche Zeitung in cui si definisce scettico sul Meccanismo europeo di stabilità. «Non abbiamo dimenticato che nella recente crisi finanziaria, sono stati fatti sacrifici inaccettabili ai Greci per ottenere prestiti».
Noi non lo abbiamo dimenticato, ma forse Conte non ricorda che quando la Grecia chiese per la prima volta l’accesso al Mes, nell’agosto del 2015, Atene era al terzo piano di salvataggio. Il primo nel 2010 quando il Mes non esisteva neanche. Anzi fu proprio l’accesso al Mes a rendere più facile l’aggiustamento dei conti perché i prestiti avevano scadenze lunghe e interessi bassi. Una condizione dura a leggere il memorandum di riforme da fare, ma dava molto più respiro rispetto ai precedenti piani della Troika che avevano creato una spirale negativa del debito.
Non c’è solo lo svarione storico. Nell’intervista al Süddeutsche, Conte ha suggerito che olandesi e tedeschi dovrebbero accettare i coronabond perché l’Italia è stata spesso in prima linea nella storia quando si trattava di mostrare solidarietà ai paesi «che erano nelle rovine di un evento epocale». Dimenticando forse che i Paesi Bassi erano neutrali prima di essere invasi dai nazisti e figurano tra i Paesi vincitori. E soprattutto che nelle rovine c’eravamo anche noi italiani. Fu solo grazie alle doti diplomatiche del suo predecessore Alcide De Gasperi, se alla conferenza di pace di Parigi l’Italia non venme umiliati.
Davvero la strategia italiana per ottenere i coronabond è attaccarsi ai debiti di guerra o al surplus del bilancio pubblico tedesco? Altro argomento citato da conte a SZ. Servirà qualcosa di più per convincere i Paesi del Nord. Ancor di più dopo un’altra intervista di Conte, sempre concessa domenica, ma questa volta a Il Giornale di Alessandro Sallusti, in cui apre al Mes: «Dal confronto europeo può però venire fuori qualcosa di molto diverso dal Mes attuale. Valuteremo i dettagli di questa nuova linea di finanziamento al momento opportuno e sceglieremo la strada migliore per i nostri interessi nazionali, con una discussione trasparente in Parlamento». Quindi Mes leggero sì e ne parliamo in Parlamento? La accendiamo?
Eppure il 6 aprile aveva detto in conferenza stampa «Mes no, eurobond sicuramente sì». Quattro giorni dopo però aveva fatto marcia indietro difendendo l’accordo raggiunto dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri nell’Eurogruppo: «L’Italia accetta di discutere un Mes non condizionato», pur con mille precauzioni. Insomma qual è la posizione definitiva di Conte? Perché a leggere la lettera pubblicata domenica dall’ex deputato del Movimento Cinque Stelle Alessandro Di Battista sul Fatto quotidiano è sicuro il no: «Gli credo quando dice che l’Italia non intende attivare il Mes».
A non essere chiari il rischio è che qualche politico tedesco od olandese pensi che l’Italia non sia in vera difficoltà e stia tirando la corda per avere solo dei fondi illimitati senza doverli restituire. Purtroppo è già successo come segnala il giornalista David Carretta su Twitter: Friedrich Merz, aspirante leader della Cdu, il partito di Angela Merkel ha twittato domenica: «L’Italia non vuole ancora accettare gli aiuti forniti dall’UE. Ciò dimostra che l’Italia non ha alcun bisogno di finanziamenti, ma sta cercando di trovare opzioni di rifinanziamento illimitate per il suo bilancio nazionale».
Non è l’unico a pensarla così. Anche il presidente dell’Eurogruppo, il portoghese Mario Centeno ha commentato in un’intervista al Corriere della Sera il no a Mes di Conte: «È l’approccio abituale quando si negozia. Prendo le parole che si pronunciano un po’ in tutta Europa come parte di un negoziato».
Delle due l’una: o i leader Ue pensano che Conte stia bluffando oppure che il presidente del Consiglio soffra di una forma di schizofrenia mediatica per cui a giornali diversi e a giorni alterni cambia opinione sul Mes. Come se il capo del governo fosse una copertina del The Sun che esce con una versione pro governo a Londra e una pro opposizione a Glasgow. Forse per l’Italia sarebbe meglio la l’ultima ipotesi perché da Parigi a Berlino fino Bruxelles anche l’ultimo addetto stampa sa come si usa Google traduttore e a svelare il bluff è un attimo.
Che Conte l’abbia capito o meno, l’accordo dell’ultimo Eurogruppo sul pacchetto, Bei, Mes, Sure e l’ipotesi recovery bond sono un’ottima base da cui partire. Anche il direttore del Mes, Klaus Regling ha detto che ci sarà una linea standard di accesso per tutti gli Stati e nessuna clausola maligna che ci faccia vendere il Colosseo. Ecco, al Consiglio europeo del 23 aprile cerchiamo di non rovinare tutto a forza di tirare la corda e portiamo a casa anche i recovery bond che sembrano a oggi il miglior compromesso possibile tra Nord e Sud Europa. Forse sarebbe meglio mandare un sostituto prima che Conte cambi ancora una volta idea sul Mes. O il rischio è quello di un nuovo rinvio che ci faccia ricominciare tutto da capo.