La relazione del governo per chiedere al Parlamento il deficit aggiuntivo per finanziare il “decreto aprile” dovrebbe arrivare con il Consiglio dei ministri di oggi. Nell’informativa a Camera e Senato, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha spiegato che il nuovo provvedimento avrà una dotazione «non inferiore a 50 miliardi di euro», ma la richiesta di scostamento potrebbe avvicinarsi ai 70 miliardi. Nuova benzina da immettere nel decreto ormai atteso per fine mese (se non oltre), con il rinnovo della cassa integrazione per altre nove settimane, mentre però più di 5 milioni di lavoratori aspettano ancora gli assegni del decreto Cura Italia, quello di marzo. E solo i più fortunati li riceveranno tra la fine di aprile e l’inizio di maggio: a un mese e mezzo dell’inizio del lockdown.
Se questo è lo schema che verrà seguito anche nel decreto aprile, le misure di sostegno al reddito non saranno incassate prima di metà maggio. E in questo contesto di crisi, i tempi non sono secondari. Anzi. Con oltre un terzo dei lavoratori italiani occupati in aziende, negozi e uffici chiusi, con picchi di oltre il 40% in alcune regioni, la cassa integrazione resta l’unico strumento di sostentamento per milioni di famiglie.
Non rispettata la promessa di far arrivare i soldi entro metà mese, gli assegni partiranno dall’Inps non prima del 30 aprile, come ha annunciato anche il presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Le domande arrivate interessano oltre 6 milioni di lavoratori. Ad oggi, quelli che hanno incassato cassa integrazione e assegni ordinari sono poco più di 3,9 milioni, mentre oltre 2,2 milioni restano in attesa.
Neanche l’accordo siglato con l’Associazione bancaria italiana per farsi anticipare le somme ha aiutato a velocizzare l’iter, con gli istituti – anche i più grandi – che procedono a rilento. I fortunati che hanno già ricevuto le somme sono per lo più i dipendenti delle aziende che hanno avuto la liquidità per anticipare le quote e che ora attendono il rimborso dall’Inps, e quelli delle imprese che hanno presentato domanda ai Fondi bilaterali dell’artigianato e della somministrazione.
Ancora più incerto il destino dei circa 3 milioni di lavoratori, non coperti dalla cassa ordinaria, che dovranno ricevere la cassa in deroga. Per loro, neanche la data del 30 aprile può essere assicurata. Qui tra l’Inps e i lavoratori, ci sono di mezzo le regioni che devono raccogliere le domande, emettere un decreto e inviarlo all’istituto di previdenza.
Al 20 aprile, Sicilia, Sardegna e le province di Trento e Bolzano non avevano ancora inviato all’Inps le richieste. Conte ieri alla Camera ha sollecitato le regioni a inviare i flussi di domande, «altrimenti non potremo erogare la cassa». Tra le ultime arrivate, la Lombardia, che il 15 aprile ha spedito però solo 37 domande. L’Abruzzo, invece, il 14 aprile ne ha inviate solo tre. Risultato: i beneficiari della cassa in deroga pagati al 20 aprile erano solo 2.115 su una platea potenziale di 3 milioni. Nessuno in Lombardia, solo otto in Veneto, proprio le regioni della prima zona rossa.
A questi numeri, poi, vanno aggiunte le 900mila domande (su 4,4 milioni arrivate) per il bonus da 600 euro, che sono ancora in attesa di verifiche dei requisiti da parte dell’Inps, come ha spiegato Tridico. Circa 400mila di loro potrebbero non avere i requisiti richiesti dal Cura Italia e in altri 250mila casi sarebbero stati inseriti codici Iban sbagliati, che però non è possibile correggere perché il sito dell’Inps non permette di farlo.
Più veloci le casse di previdenza private per i professionisti iscritti agli ordini, che hanno dovuto riscrivere da zero le domande per il bonus dopo che il decreto liquidità ha cambiato i requisiti, tagliando fuori quelli che hanno svolto anche un lavoro da dipendenti. Alle casse sono arrivate 454mila domande, di cui 413mila sono state ammesse, sforando però di quasi 50 milioni la dote di 200 milioni a loro destinata nel Fondo per il reddito di ultima istanza. Che andrà rimpinguato.
Nel decreto aprile, ora, il governo dovrebbe stanziare circa 25 miliardi solo per il sostegno al lavoro. Previsti aiuti a fondo perduto a commercianti e microimprese per far fronte ai costi fissi, il bonus autonomi dovrebbe aumentare da 600 a 800 euro e per chi lo ha già ricevuto verrà accreditato automaticamente. Gran parte di chi è rimasto escluso dal Cura Italia potrà ricevere il reddito d’emergenza, che dovrebbe essere modulato come il reddito di cittadinanza in base al numero dei componenti dei nuclei familiari.
Colf e badanti, tagliate fuori dalla cassa in deroga, potranno avere un bonus a seconda del numero di ore lavorate. E chi ha figli fino a 14 anni potrebbe ricevere un bonus mensile a seconda del reddito.
Il Senato ha fatto slittare il voto su deficit aggiuntivo e Documento di economia e finanza al 29 aprile. La conferenza dei capigruppo della Camera deciderà oggi, ma si voterà comunque nella prossima settimana, una volta chiusa la partita con l’Europa sulle risorse. Nei piani del governo, così, il nuovo decreto dovrebbe essere approvato entro fine mese. Giusto in tempo, forse, per chiamarlo ancora “decreto aprile”.