I professionisti iscritti agli ordini sono quelli che più si sono fatti sentire dopo l’approvazione del decreto Cura Italia. E alla fine il governo li ha ascoltati, emanando un decreto interministeriale a firma Catalfo e Gualtieri. E così l’indennità da 600 euro per fronteggiare la crisi economica legata alla quarantena sarà erogata anche a loro, non solo alle partite Iva iscritte all’Inps. Ma, dice Egidio Comodo, presidente di Fondazione Inarcassa (la cassa di previdenza di ingegneri e architetti) il bonus resta «una misura insufficiente» perché «non consente di costruire le basi per “il giorno dopo”». E, con molti cantieri chiusi, «se anche l’indennità dovesse aumentare a 800 euro, la questione non cambierebbe». Bisogna cominciare a pensare subito «al “giorno dopo”», dice Comodo, «quando al termine della crisi sanitaria ed epidemiologica, dovremo fare i conti con una crisi economica e sociale molto dura».
Presidente Comodo, qual è oggi la situazione degli architetti e ingegneri italiani?
È una situazione critica. Molti cantieri sono chiusi e per via delle restrizioni applicate alla libera circolazione è praticamente impossibile eseguire i sopralluoghi e accettare nuovi incarichi. Per di più, molti nostri colleghi temono di incorrere in sanzioni penali qualora non riuscissero a rispettare i termini di consegna dei lavori.
Gli studi di architettura e ingegneria rientrano però tra le attività che possono restare aperte.
L’elenco dei codici Ateco relativo alle attività essenziali ha generato un po’ di confusione. Sono aperti solo i cantieri per la realizzazione di strade, autostrade e piste aeroportuali, costruzione di linee ferroviarie e metropolitane, ponti e gallerie ecc. Allo stesso tempo, l’elenco delle attività essenziali include anche quelle degli studi di architettura e d’ingegneria. È evidente, però, che la nostra professione necessità del rapporto vitale con tutte le figure professionali che gravitano attorno al cantiere. Non si limita all’attività di progettazione in studio. Questa confusione generata dall’elenco dei codici Ateco si è palesata anche nella redazione del decreto interministeriale, di cui attendiamo la pubblicazione, di attuazione del decreto Cura Italia nella parte relativa alle modalità di accesso al bonus di 600 euro. Nel testo non è chiaro cosa si intenda per “attività limitata dai provvedimenti restrittivi emanati in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” . È evidente che, al di là dell’elenco delle attività essenziali, il lavoro degli architetti e ingegneri liberi professionisti ha subito una drammatica battuta d’arresto, perché siamo oggettivamente impossibilitati a esercitare la professione.
Il governo, però, ha accolto ha allargato l’indennità per gli autonomi anche agli ordinisti, che all’inizio erano esclusi.
Il governo ha ascoltato il mondo delle libere professioni. E Fondazione Inarcassa sin dall’inizio ha chiesto che non venisse operata una discriminazione a nostro svantaggio.
L’indennità da 600 euro, che potrebbe salire a 800 nel prossimo decreto, è una misura sufficiente?
È una misura giusta e di buon senso perché annulla la discriminazione iniziale tra i lavoratori iscritti alla gestione separata dell’Inps e coloro che sono iscritti alle casse di previdenza private. Allo stesso modo, diciamo che è una misura insufficiente, perché rappresenta una soluzione momentanea, per il mese di marzo, che consente di affrontare al minimo l’emergenza. Una soluzione che non consente di costruire le basi per “il giorno dopo”, quando dovremo fare i conti con una crisi economica e sociale che sarà molto dura. Credo di parlare a nome di molti: se anche l’indennità dovesse aumentare a 800 euro, la questione non cambierebbe.
Cosa vi aspettate ora dal decreto aprile?
Ci aspettiamo che si torni a parlare di investimenti. Occorre uno sforzo per rilanciare gli investimenti sulle infrastrutture strategiche del nostro Paese. Ripartiamo dall’edilizia e dalla progettazione, i grandi asset della nostra economia. Solo così potremo rilanciare l’occupazione e la professione di architetto e ingegnere. Se vogliamo evitare una catastrofe sociale, dobbiamo fare presto e andare avanti senza tentennamenti. Bisogna alleggerire, da un lato, il carico fiscale dei liberi professionisti, e dell’altro si deve necessariamente avviare un processo di semplificazione delle procedure e delle norme in materia di lavori pubblici. Occorre snellire le procedure di affidamento delle gare e, quindi, derogare, dove possibile, al codice degli appalti. Così possiamo far ripartire gli investimenti e la ripresa economica.
Vi aspettate che i cantieri possano riaprire gradualmente a breve?
Ci aspettiamo come tutti che presto si possa ritornare alla normalità. Ma questo devono dircelo gli esperti attraverso i canali ufficiali del governo. Abbiamo la massima fiducia in loro e a loro va la nostra massima gratitudine per l’impegno incredibile profuso in questa emergenza. Questo però non deve impedirci di iniziare a pensare “al giorno dopo” l’emergenza. Aprire tutti i cantieri sarebbe un segnale di fiducia per tutti gli operatori del settore, professionisti e imprese. Naturalmente andrà fatto con gradualità e nella massima sicurezza.
Oltre al sostegno al reddito, cosa servirà per rimettere in moto la categoria una volta che l’emergenza sarà finita?
Nella memoria presentata alla Commissione Bilancio del Senato abbiamo avanzato diverse proposte che riteniamo siano in grado di rilanciare la nostra professione e siano di supporto a tutto il sistema Paese. Sul piano fiscale, proponiamo la sospensione, fino almeno a dicembre 2020, delle ritenute d’acconto Irpef sulle fatture dei professionisti. Riteniamo anche che possa essere di supporto introdurre il regime forfetario per i redditi fino a 100.000 euro. Occorre, poi, intervenire per garantire liquidità. Per questo, serve lo sblocco immediato dei crediti che i professionisti hanno maturato nei confronti delle pubbliche amministrazioni. In più, in tanti temono di incorrere in sanzioni penali per non poter rispettare i tempi di consegna dei lavori previsti nei contratti. Per questo, ribadiamo la necessità di prorogare i termini di scadenza per i cantieri di opere pubbliche e private.