Tra i dubbi legittimi sulla privacy e le teorie complottiste su chi l’ha creata, gli italiani sembrano avere già capito tutto della App immuni che traccerà i contagiati da covid-19. Anche se ancora nessuno l’ha scaricata. «Le critiche che in questo momento stanno girando sono di due tipi: una di basso livello, in cui si va a ravanare sulle strutture societarie dei partecipanti e si fanno dietrologie. Invece le critiche rilevanti e di valore che andrebbero discusse sono quelle relative al funzionamento specifico dell’App. Ma non possiamo rispondere a tutte le domande su come funzionerà la app, perché c’è un contratto in cui si specifica che l’unico soggetto titolato a parlarne è il Governo», spiega Luca Foresti, ceo del Centro Medico Santagostino, la rete di poliambulatori medici nata nel 2009 con 16 centri e 217 ambulatori, che ha collaborato per creare il diario clinico dell’App Immuni, realizzata poi dalla società milanese Bending Spoons.
«Prima che uscisse il bando, stavamo già lavorando sul tema di una App del genere. In generale, appena è scoppiata l’emergenza abbiamo capito subito che molte delle cose fatte fisicamente prima sarebbero state fatte digitalmente. È un’intuizione banale da avere, ma la nostra fortuna è stato capirlo due giorni dopo l’inizio della crisi. E quindi abbiamo cominciato a metterci al lavoro il prima possibile per dare il nostro contributo».
Cosa avete fatto?
Non potevamo concretamente aprire sezioni dei nostri reparti che non abbiamo. Quindi abbiamo cercato di dare una mano in un altro modo. Sempre più esperti ci dicono che la gestione del covid in futuro avverrà più sul territorio e molto meno in ospedale. All’inizio sembrava che tutto fosse solo un problema di gestione ospedaliera. Senza saperlo abbiamo lavorato per costruire strumenti di cui c’è bisogno. Supporto ai medici di base, supporto alle famiglie che sono a casa e devono essere aiutate e orientate per capire cosa fare.
Facciamo un esempio.
Immaginate una famiglia in quarantena in cui uno dei componenti è positivo, gli altri non si sa, perché non hanno fatto tamponi o altri test. Chi darà a loro le informazioni corrette? In teoria i medici di base, ma non tutti possono seguire bene le famiglie. Per questo abbiamo messo a punto un sistema di video visite e fra poco usciremo con un accordo importante con una società straniera. Realizzeremo una chat per far comunicare medico e pazienti. Una tecnologia interessante che rispetterà tutti i protocolli del caso.
Un sistema di intelligenza artificiale con risposta automatica?
No, dietro ci sarà l’essere umano. I sistemi d’intelligenza artificiale stanno facendo passi da gigante su tutti i fronti, ma non sono ancora pronti per garantire la stessa esperienza del medico umano. Saremo presenti in tutta Italia con un servizio a basso costo, di grande qualità e accessibile a tutti. Sarà il sistema più avanzato in Italia.
Potranno usarlo anche gli ospedali del sistema sanitario nazionale?
Non lo dovete chiedere a me. Se questo servizio piacerà a ospedale pubblici o Ats interessate, saremo disponibili a usare le convenzioni per implementarlo su larga scala. Creiamo questi servizi perché vogliamo dimostrare che con la tecnologia si può migliorare la salute delle persone. Certo, la nostra prospettiva è fare qualcosa che sia sostenibile dal punto di vista economico. Non siamo un’organizzazione benefica. Bisogna almeno avere tante entrate quante uscite. Ma soprattutto vogliamo avere un impatto sociale.
Ricevete finanziamenti pubblici?
No, non abbiamo mai preso un euro dalla Regione Lombardia o dallo Stato. Il nostro finanziamento è totalmente privato. Siamo all’85 per cento finanziati in modalità cosiddetta out of pocket. Tradotto, gli utenti pagano per il servizio, e il 15 per cento da rapporti con le assicurazioni. Per il servizio che offriamo abbiamo i migliori prezzi sul mercato e siamo accessibili alle famiglie con un’alta qualità e un sistema di gestione dell’utente a 360 gradi. Se mi permette, lo considero un “gioiellino” dal punto di vista della user experience.
Traduciamo.
Un nostro utente può prenotare online 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana. Siamo oggi l’unico soggetto sanitario che ha pubblicato tutte le agende online. Quando la persona arriva al centro non deve fare code o riempire i moduli. Al paziente basta un codice per fare il check in. Automaticamente viene riconosciuto e può entrare nell’ambulatorio.
E poi?
Il medico lo prende in sala d’attesa, fa la visita e quando esce il referto, automaticamente vengono presi i soldi dalla carta di credito che l’utente ha registrato prima nel sistema. Semplice. Come succede per Amazon o Uber. Quindi l’utente ha ricevuto un servizio in modo rapido ed economico senza aver fatto code e potendo vedere tutti i passaggi in tempo reale senza dover aspettare fuori da una porta chiusa per ore, ignaro di tutto. Questo tipo di esperienza utente ce l’abbiamo solo noi. L’abbiamo costruita in dieci anni di lavoro.
L’Italia quanto è indietro nel settore della tecnologia ospedaliera e nella cura digitale del paziente?
Non è che ci siano tantissimi Paesi nel mondo avanti a noi. Ritengo Israele e Singapore i due Stati da cui imparare sul fronte dell’avanzamento tecnologico e la diffusione di questi sistemi. Ho avuto modo personalmente di studiare il caso di Israele andando là, parlando con gli operatori. In quel Paese l’uso della tecnologia è piuttosto impressionante e di alto livello. Dipende tutto dal sistema sanitario nazionale. Se vorrà fare passi in avanti o meno.