UnderworldViaggio negli inferi di New York

A Brooklyn i ritmi della notte diventano un mormorio leggero, spezzato dalle sirene dell’ambulanza. Costante e solenne, lo stesso che accompagna nella poesia le discese di personaggi letterari nell’Aldilà

ANGELA WEISS / AFP
ANGELA WEISS / AFP

Brooklyn, spettrale di giorno, di notte lo diventa ancora di più. Il viale è un fiume, visibilmente immoto. Passa una luce e poi lo strillo, da qualche parte, delle sirene di un’ambulanza. Poi torna la quiete: non è un silenzio perfetto, ma il fantasma di un ritmo, come il respiro umido di una persona addormentata, o il mormorio di onde a distanza. E ancora lo strillo, e ancora quel mormorare liquido, e lo schiaffo dei remi del barcaiolo sull’acqua, mentre voga nel mondo di sotto.

Questi ritmi mi fanno capire che ho già vissuto queste esperienze. Non nella vita, ma nelle mie letture. Questi sono i ritmi dell’Eneide di Virgilio, nella parte in cui Enea scende agli inferi fino alla barca di Caronte. «Questa è la terra delle onde, del Sonno e della Notte intorpidita; corpi viventi on posso portare sul mio vascello lungo lo Stige». Oppure sono i ritmi che si trovano nelle pagine in cui Orfeo discende nelle «marcite nere, tra i giunchi orrendi», tra i fantasmi nel buio. O ancora, sono i ritmi della ragazza che singhiozza nel poemetto di Paul Valéry sulla Prima Guerra Mondiale, “La giovane Parca”, mentre scivola verso l’altro mondo a bordo del suo veliero funebre. «Spettri, visioni della notte in vano esalate / andate ad aggiungervi alle morti dei numeri impalpabili!». Ritmi maestosi, solenni, scivolosi e oscuri. Ritmi sospesi tra un mondo e l’altro.

(Questo articolo è comparso in inglese su Tablet magazine)

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