Gli Stati europei litigano da settimane sul fare o meno gli eurobond, ma si sono dimenticati di salvare l’industria agroalimentare che fornisce hotel, pizzerie e ristoranti. Un settore sempre più in crisi a causa della chiusura dei locali per il coronavirus. Dall’inizio dell’emergenza le imprese agroalimentari non si sono mai fermate per garantire che il cibo arrivi nelle nostre case. Alcuni hanno migliorato il fatturato grazie all’apertura continua dei supermercati, mentre i prodotti destinati all’Horeca (Hotellerie, Restaurant, Catering) avrebbe bisogno di un aiuto europeo.
Purtroppo sono rimasti pochi milioni nelle casse del bilancio comunitario 2014-2021 per sostenere queste imprese, come ha ricordato il poco reattivo commissario Ue all’agricoltura, il polacco Janusz Wojciechowski. «La situazione del bilancio comunitario è particolare. Siamo alla fine del periodo finanziario e abbiamo esaurito i fondi» ha detto mercoledì rispondendo alle domande degli eurodeputati della Commissione agricoltura dell’Europarlamento.
«Tra Banca centrale europea, Sure e Banca europea degli investimenti, l’Ue ha messo in campo centinaia di miliardi per l’eurozona e non riusciamo a trovare un miliardo per la politica agricola comune?» si chiede l’eurodeputato del Partito democratico Paolo De Castro, coordinatore S&D della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo di cui è stato presidente (2009-2014) e vice presidente (2014-2019). «In realtà due cose sono state fatte, ma non bastano e soprattutto non sono farina del sacco di Wojciechowski. Primo, le linee guida per la libera circolazione delle merci e l’integrità del mercato unico che hanno creato dei corridoi verdi per i prodotti alimentari liberi di passare le frontiere senza ostacoli e poi la tutela della libera circolazione dei lavoratori. Il problema però è che manca la manodopera che proviene da fuori l’Unione. Come i circa 30mila lavoratori dal Marocco che secondo le ultime stime arrivano ogni anno in questa stagione per la raccolta degli ortaggi. Manca questa manodopera».
Agli agricoltori, allevatori, floricoltori e produttori che hanno perso i loro clienti del canale Horeca serve una risposta rapida. Servono misure drastiche per un settore che traina le nostre esportazioni. «Oggi i nostri vini di alta qualità stanno subendo annullamenti di ordini a raffica perché anche i ristoranti americani, tedeschi e inglesi sono chiusi a causa del coronavirus. Questo è un problema grave da risolvere perché una bottiglia pregiata non si beve di solito a casa in famiglia, ma al ristorante o a una cena con gli amici», spiega De Castro «Lo stesso vale per il latte fresco. Con la chiusura dei bar sono spariti miliardi di cappuccini al giorno. Così come non servono più le mozzarelle italiane per farcire le pizzerie di tutto il mondo Europa. La Commissione dovrebbe tutelare questo gruppo di prodotti che non si può salvare grazie alla vendita nei canali della grande distribuzione organizzata».
Il 25 marzo la ministra dell’Agricoltura italiana, Teresa Bellanova, aveva chiesto un piano straordinario di aiuti per l’agricoltura. Una richiesta che il suo omologo francese Didier Guillaume ha ripetuto mercoledì al telefono a Wojciechowski suggerendo di attivare le misure anti-crisi previste dalla politica agricola comune. Oltre a Italia e Francia pressioni arrivano anche dai ministri di Belgio, Paesi Bassi e Lituania
Aspettando Wojciechowski, giovedì nella sessione straordinaria del Parlamento europeo, gli eurodeputati approveranno con un voto in Aula il regolamento per permettere alle imprese agroalimentari di concedere prestiti agevolati fino a 200mila euro garantiti dai fondi europei per lo sviluppo rurale. Le regioni hanno ancora milioni da spendere per sostenere la loro liquidità delle imprese. Ma non basta. Assieme al collega tedesco Herbert Dorfmann del Partito popolare europeo, De Castro ha proposto due iniziative da poter attuare subito. La prima è usare i 6 miliardi di euro del Fondo europeo di Sviluppo per cui ancora non sono stati programmati investimenti specifici, permettendo alle Regioni di fare pagamenti diretti alle imprese agricole in difficoltà.
Il secondo strumento è l’aiuto allo stoccaggio privato, perfetto per tutelare i prodotti a denominazione di origine controllata e garantita italiana. «Non è una soluzione nuova. Tante volte è stato fatto in passato, ad esempio per il formaggio Grana. Nei momenti di difficoltà i produttori si sono impegnati a mantenere 10mila forme stoccaggio in cambio di finanziamenti provenienti dai fondi dell’Unione europea. Lo stesso si può fare con i prosciutti garantendo 2-3 mesi di conservazione pagata. Vale anche per il vino se lo stocchi nei silos prima di imbottigliarlo, o le mozzarelle congelando il latte prima di farle», spiega De Castro.
Un’iniziativa che potrebbe essere facilmente attivabili con le misure previste dall’articolo 222 dell’Organizzazione Unica di Mercato che prevede proprio tre strumenti: aiuti agli stoccaggi privati, promozione e ritiri del prodotto dai mercati. «Per finanziarlo ci sarebbe il fondo che si chiama riserva di crisi. Può essere attivato subito con un atto di implementazione della Commissione. Non ci sarebbe bisogno di un percorso legislativo complicato. Attualmente ha 460 milioni in tutto. Non molto, ma qualcosa. Tecnicamente si può, manca però la volontà politica»