Il portalettere
Sul marciapiede supero qualcuno nascosto sotto una mascherina, credo che sia il portalettere, privo del suo cappello caratteristico. Mi rende i suoi omaggi. Sì, deve essere lui. Evidentemente anche io sono riconoscibile sotto la mia. Rispondo ai saluti. Questi scambi sono curiosamente pieni di emozione.
Per molti anni il postino mi ha riempito la casella, sa tutto di me, almeno di ciò che può supporre dalle mie bollette, dai conti, dagli avvisi bancari, dalla pubblicità e dalle riviste. Io, d’altra parte, so pochissimo di lui, nemmeno il nome.
Malgrado ciò, ci siamo confrontati l’un l’altro molte volte su piccole questioni relative alla consegna della posta e abbiamo elaborato un nostro modus operandi per le riviste dal Messico, una questione spinosa che per strane ragioni mi obbliga ogni mese a firmare un pezzo di carta verde. Così, nel dominare le complessità, abbiamo costruito una certa intesa. Siamo la confraternita delle persone ragionevoli.
Il suo saluto sul marciapiedi significa: «Ah, appartamento numero sei, sei sopravvissuto». Il mio, invece: «Ah, signor postino. Sono sollevato di vederla in giro». Credo che in tempi futuri, se ci saranno, ricorderemo sempre questo scambio di saluti.
L’uomo al bancone
Torno a un locale dove ordinavo di solito sandwich o zuppe due o tre volte alla settimana. Attraverso la finestra aperta, vedo uno degli inservienti. «Sei vivo», dice. In questi giorni il locale si limita all’asporto, con le ordinazioni servite a distanza di sicurezza attraverso la finestra.
I prezzi si rivelano notevolmente più alti. L’uomo al bancone allarga le braccia: «Prendere o lasciare». Anche il locale deve sopravvivere. Ordino un po’ di questo e di quello per l’equivalente di alcuni giorni di pranzo.
Sulla strada verso casa il sacchetto di carta si rompe, cosa doppiamente fastidiosa, considerando quanto ho appena pagato. Ma il contenuto è intatto.
E quando alla fine sono in grado di spacchettarlo, mi sorprendo a scoprire quanto siano saporiti, esotici – così pepati, così elettrici! – quanto siano delicati e gustosi – così piacevolmente familiari – quei sapori dell’ora di pranzo dei tempi pre-crisi che avevo quasi dimenticato. E quanto io, aromaticamente parlando, sia stato depresso.
Presenze e assenze
Le presenze si manifestano istantaneamente. Le assenze, gradualmente.
(Articolo pubblicato in inglese su Tablet)