Il lockdown di massa, che sembra aver portato fine a ogni evento, si rivelerà essere il periodo di cambiamento tecnologico più repentino della storia. O così mi pare, ora che sto seduto in isolamento sul tetto di casa mia, collegato all’universo con il mio computer.
L’avvento della ferrovia richiese 40 anni. Le automobili, una novità del tardo XIX secolo, cominciarono a intasare le strade dopo il 1913. Ma il trionfo del digitale, cioè la trasformazione di queste tecnologie da aspetto marginale della vita quotidiana ad aspetto centrale, si sarà realizzato in qualche mese del 2020.
Quando si riterrà che la pandemia sarà stata sconfitta e la parola stessa si farà da parte perché ricominci la vita normale, la normalità che vedremo sarà irriconoscibile.
Gli uffici non avranno più ragione di esistere, e così i quartieri commerciali delle città. A questo punto, perché mai dovrebbero continuare ad esistere le città? Sarà perché alle persone piace andare ai concerti? I concerti saranno trasmessi via Zoom dai musicisti, seduti in case separate.
E così, a questo punto delle mie meditazioni, all’improvviso mi alzo in piedi. L’arrivo della pandemia ha avuto l’effetto, prima di tutto, di distruggere sotto il peso dell’orrore la mia immaginazione, normalmente utopistica. Ma guarda cosa è successo! La pandemia non se ne è ancora andata e già qualcosa, nel mio spirito, sembra essere guarito. Credo che lo shock stia passando.
(Articolo pubblicato in inglese su Tablet)